ROMA – “Non esiste una buona economia senza un buon imprenditore”. Con queste parole Papa Francesco diede inizio, lo scorso maggio, alla sua visita presso lo stabilimento di Genova dell’Ilva, l’azienda simbolo della crisi industriale (e non solo) italiana.
E proprio ispirandosi a queste parole Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi – ha dedicato l’Assemblea Nazionale svoltasi ieri al ruolo della persona al centro della buona economia.
Un’Assemblea molto particolare quella di quest’anno, che si è aperta in piazza San Pietro con l’udienza generale del Papa, che ha ricevuto in dono dai rappresentanti della Federazione una toque e la giacca da chef come simboli di milioni di persone che in Italia e nel mondo sono impegnate nel settore della ristorazione.
Per questa importante occasione e per sottolineare l’importanza del cibo, Fipe ha fatto inoltre stampare un’edizione speciale di buoni pasto per le opere di carità di Papa Francesco.
Ogni buono riporta la frase “Il cibo è un diritto di tutti”, pronunciata dal Santo Padre alla Fao per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione
Valore del cibo, ma anche delle competenze. Con questo spirito Fipe assume un impegno concreto per garantire un percorso di formazione professionale funzionale all’integrazione sociale e lavorativa di ragazzi in condizioni di disagio: la Federazione donerà dieci borse di studio ad altrettanti ragazzi, sia di nazionalità italiana che stranieri, individuati da Caritas Ambrosiana, per frequentare un corso di panificazione/pizzeria a cui seguirà poi un periodo di stage in azienda.
Dopo l’udienza con Papa Francesco, l’Assemblea è proseguita a Palazzo San Calisto con la lecture del Cardinale Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano integrale, che ha messo in luce l’importanza di porre la persona al centro di un progetto imprenditoriale per far sì che questo si trasformi in esperienza di successo per l’intera società.
“Quest’anno per l’Assemblea della Federazione abbiamo scelto una sede e un tema insoliti, rispetto ai consolidati rituali, che prevedono normalmente la presentazione delle virtù e dei valori delle categorie rappresentate, l’attribuzione di colpe e responsabilità ai vari interlocutori istituzionali di riferimento, con l’elencazione, poi, dei bisogni e delle aspettative del settore”, ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe aprendo i lavori – che ha poi continuato “Siamo luoghi di lavoro ma anche di aggregazione e convivialità, di servizio alla gente nei grandi come nei piccoli e piccolissimi centri.
Ogni giorno interagiamo con milioni di persone in quello che è senz’altro l’aspetto più intimo del vivere, ovvero il cibo. Allo stesso tempo nelle nostre imprese donne e uomini, anziani e giovani, italiani e stranieri lavorano fianco a fianco. Con l’obiettivo di completarsi reciprocamente. Aiutandosi, coltivando rapporti umani che vanno spesso oltre le gerarchie o i vincoli professionali.”
“La persona al centro”: il ruolo di bar e ristoranti nel favorire integrazione e inclusione sociale
Nel corso dell’Assemblea è stato messo in evidenza come la ristorazione si sia prima di tutto rivelata uno dei settori trainanti dell’economia italiana in questi ultimi anni di crisi. Tra il 2007 e il 2016, infatti, l’occupazione nella ristorazione è cresciuta dell’11,1% (+114.000 addetti). Mentre quella dell’intera economia è diminuita del 5% (-1.254.000 unità).
Un’occasione per scoprire i pubblici esercizi proprio a partire dai valori che incarnano. Un mondo in cui l’impresa è prima di tutto un progetto di vita. Dove si può pensare a innovare e investire senza perdere quell’umanità che rende questo settore unico.
Un’eccellenza fatta prima di tutto di persone, dove non mancano mamme, giovani, studenti, lavoratori di tante nazionalità. Ma anche persone diversamente abili. Che, nelle cucine e nelle sale dei ristoranti o dietro al bancone di un bar, regalano ogni giorno un sorriso.
Una crescita che va, dunque, ben oltre i semplici dati. Quello della ristorazione ha confermato ancora una volta di essere un settore fortemente inclusivo nonché “volano” di integrazione. Basti pensare che il 17,1% delle 329.787 imprese presenti in Italia è gestito da stranieri. Inoltre le donne imprenditrici sono il 54,1%. Mentre tra i dipendenti il 53,3% sono donne, il 24,7% stranieri e il 50% giovani.
Il “volto umano” della ristorazione si conferma anche in una capillare presenza sul territorio. In quasi ogni comune piccolo o grande che sia c’è un pubblico esercizio. Ma è una presenza diffusa che non trova giustificazione in risultati economici spesso inadeguati.
Dati che ancora una volta dimostrano come volendo parlare delle imprese della ristorazione bisogna andare ben oltre i semplici numeri. Perché queste realtà non solo generano ricchezza e occupazione. Ma anche benefici più ampi per le comunità nelle quali si trovano.