MILANO – Lo zucchero fa gola, è inutile negarlo: lo si aggiunge spesso e volentieri durante la giornata per “addolcire” le fatiche quotidiane. Un po’ nel tè, un po’ nel caffè (anche se non andrebbe messo) e poi in chissà quali altre dolcezze ci capita di assumerne durante le 24 ore. Ebbene, la biologa nutrizionista Cinzia Baranello non cede alla tentazione e avverte i consumatori: lo zucchero è una sostanza da evitare o almeno limitare nella propria dieta. Scopriamo le ragioni dietro questa affermazione, dal sito molisetabloid.it.
Baranello dichiara proibito lo zucchero nella dieta
Parliamo di quella polverina bianca, pura e mortale, che tutti conosciamo ma alla quale non sappiamo dire di no. A scanso di equivoci, diciamo subito che si tratta dello zucchero. Perché è così difficile rinunciare ai dolci? Ma è davvero necessario farlo? Dipende.
Certo è che una dieta ad alto tenore di zuccheri ha un effetto catastrofico sulla salute, ma la cosa peggiore è che spesso troviamo gli zuccheri aggiunti (cioè in aggiunta a quelli naturalmente presenti) anche in alimenti e preparazioni che non hanno nulla a che vedere con i dolci, come, per esempio, snack salati, sughi pronti, affettati e condimenti vari.
A differenza del caffè, di cui si è parlato in un precedente articolo e che porta sia rischi che benefici, lo zucchero porta solo rischi. Sono diversi, infatti, i motivi che dovrebbero indurre a evitare il più possibile quella che, a mio avviso, potrebbe essere considerata una vera e propria droga.
Innanzitutto lo zucchero non contiene alcun nutriente essenziale, ma soltanto calorie che, se non sono realmente necessarie all’organismo, vengono trasformate in grassi. Inutile pensare che consumare uno snack o una bevanda zuccherata prima di un allenamento fornisca l’energia necessaria a sostenere lo sforzo fisico e a migliorare la performance, anzi: il rapido incremento dei livelli di zucchero nel sangue stimolerà un altrettanto rapido rilascio di insulina da parte del pancreas e un conseguente crollo della glicemia, con il risultato non solo di avere meno energia ma soprattutto, in caso di attività intensa, di avere il cosiddetto “calo di zuccheri”.
Meglio optare per alimenti che contengono carboidrati complessi e fibre che permettono un rilascio lento del glucosio, ottimizzandone la conversione in energia da parte delle cellule muscolari e non.
L’ipoglicemia è una condizione che stimola i centri della fame, per questo assumere zucchero attraverso il cibo o le bevande induce a mangiare di più e a ingrassare, con il rischio di andare incontro a obesità. Ciò riguarda soprattutto i bambini che bevono tante bevande zuccherate. Inoltre, se i picchi glicemici sono ripetuti, la sensibilità all’insulina rischia di venire meno, portando a diabete di tipo 2 e perdendo 10 anni di vita.
A proposito di bevande zuccherate, ritengo che siano le armi peggiori contro la nostra salute.
Quando beviamo un succo di frutta, lo zucchero viene assorbito rapidamente a livello dell’intestino e, dal sangue, raggiunge immediatamente il cervello, stimolando il rilascio di dopamina, conosciuta anche come “l’ormone del benessere”, perché dà una sensazione di gratificazione che induce a ripetere un dato comportamento (nel caso specifico bere un altro bicchiere di succo). Ebbene sì, lo zucchero crea dipendenza. Ecco perché è pericoloso. Meglio la frutta fresca che contiene anche le fibre, pertanto rimane più a lungo nello stomaco, provoca sazietà e limita l’assorbimento degli zuccheri.
Non ultimo, lo zucchero rovina i denti. Il classico consiglio che si dà ai bambini di “non accettare caramelle dagli sconosciuti” è prezioso non solo dal punto di vista della sicurezza ma anche della salute.
Baranello: i veri protagonisti che regolano e manovrano tutti questi meccanismi sono sempre loro: i cari vecchi amici del microbiota intestinale
Non a caso, già nel 400 a.C. Ippocrate, il padre della medicina occidentale, diceva: “Tutte le malattie hanno origine nell’intestino”. Oggi sappiamo perché. Ed è lo stesso motivo che spiega il collegamento tra “pancia” e umore. Come detto più volte, l’intestino, oltre a ricavare energia e nutrienti dagli alimenti, produce molecole che regolano l’attività del sistema immunitario e segnali attraverso i quali comunica direttamente con il cervello, grazie alla fitta rete di neuroni distribuiti lungo tutto l’apparato digerente, il cosiddetto sistema nervoso enterico.
Questo “secondo cervello”, a differenza del primo, non siamo noi a governarlo, ma una numerosissima comunità di microbi. Nel nostro organismo è presente un vero e proprio ecosistema costituito dai microrganismi che popolano l’intestino e dal loro ambiente. Essi non si limitano a digerire le fibre e a proteggere l’intestino dagli invasori, ma contribuiscono anche a regolare il peso corporeo, l’appetito, le scelte alimentari, l’umore e lo stato di salute in generale.
Perché negli ultimi decenni è aumentata in modo esponenziale l’incidenza di malattie di tipo allergico e di malattie autoimmuni, come il diabete di tipo 1 e le infiammazioni intestinali? Esse sono dovute a un sistema immunitario iperattivo, sensibilizzato da un’alimentazione ricca di zuccheri e grassi saturi e dall’abuso di antibiotici, che non fanno altro che distruggere i nostri alleati.
Fino a non molto tempo fa molti disturbi, tra cui l’ansia e la depressione, venivano considerati psicosomatici perché non c’erano gli strumenti giusti per studiarli. Ricerche recenti, invece, hanno dimostrato che non solo l’abuso di medicine e farmaci antidepressivi crea ulteriori problemi, ma anche che questi disturbi possono essere curati meglio cambiando alimentazione e, in generale, stile di vita.
La tipica alimentazione occidentale non favorisce la biodiversità delle specie batteriche che abitano l’intestino ma tende a selezionare, cioè a far sopravvivere maggiormente, quelle che vanno contro la nostra salute. Alcune di queste traggono il massimo dell’energia dai grassi, cosa che in tempi di carestia andava bene, ma oggi un’elevata presenza di questi batteri nel microbiota è associata ad alto rischio di obesità.
Pasta, pane, riso non integrali e patate contengono poche fibre e vengono convertiti rapidamente in energia, apportando nel sangue una massiccia dose di zucchero. Alimenti ricchi di fibre, grassi e proteine, invece, necessitano di tempi più lunghi per essere digeriti. Nonostante ciò, mangiarli velocemente fa sì che il cervello abbia la sensazione di avere ancora fame, ecco perché si dice che ricorriamo allo “stomaco del dolce”: nonostante un pasto abbondante, abbiamo l’impressione che una bella fetta di torta ci entra sempre.
Meglio, invece, mangiare lentamente, così da dare modo ad alcuni ormoni prodotti dall’intestino di fare effetto, come il peptide YY, che rallenta lo svuotamento gastrico, aumentando il senso di sazietà.
Un’altra condizione patologica frequente al giorno d’oggi è la sindrome del colon irritabile, dovuta a un’eccessiva permeabilità della parete intestinale. Questa barriera è resa più forte dai batteri buoni ma un’alimentazione sbagliata la rende più permeabile, creando delle aperture attraverso le quali possono intrufolarsi i batteri cattivi e le tossine da essi prodotti, che entrano in circolo provocando danni alla salute.
Altra raccomandazione è stare lontani dai dolcificanti artificiali: alcune evidenze fanno pensare che essi possano creare mutazioni in aree cerebrali deputate alla regolazione dell’appetito, inducendo di conseguenza a mangiare ancora di più perché il rapporto tra assunzione di dolce ed energia è sbilanciato e il cervello tende a riequilibrarlo accrescendo le calorie consumate per compensare. Inoltre, possono provocare intolleranza al glucosio, che porta al diabete, perché provocano una risposta infiammatoria da parte di alcune specie di batteri intestinali.
Ma allora è proprio proibito mangiare dolci? Diciamo che la cosa migliore è evitarne il consumo frequente, a stomaco vuoto e la sera prima di andare a dormire, visto che il nostro organismo non ha bisogno di molte energie. È importante, inoltre, lavarsi bene i denti.
Un altro cruccio di molti è: perché alcune persone mangiano e non ingrassano?
Ogni individuo risponde in maniera diversa allo stesso cibo, anche come impatto sulla glicemia, in base al diverso mix di batteri che ha nell’intestino. Questa combinazione, in parte la ereditiamo dalla madre (per approfondire, rimando al mio articolo sull’importanza dell’allattamento al seno) ma, se non siamo stati così fortunati, esistono alcuni modi per farsi un microbiota migliore, cioè più diversificato:
1. Evitare il consumo di cibi confezionati, conservati e processati (cibi pronti, snack, salumi, sottoli, ecc.)
2. Ampliare la varietà degli alimenti vegetali (non esistono solo lattuga e pomodori!!) e possibilmente mangiarli interi, non solo le parti più tenere e saporite; particolarmente benefici sono quelli ricchi di flavonoidi (vegetali di colore rosso, blu e viola, agrumi, ma anche tè e caffè).
3. Bere 1 bicchiere di vino rosso al giorno durante il pasto (l’alcol a stomaco vuoto ne irrita le pareti e raggiunge più velocemente il cervello; inoltre bere la sera tardi disturba il sonno)
4. Evitare il più possibile l’uso di antibiotici
5. Fare attività fisica regolarmente
6. Passare più tempo possibile all’aria aperta o almeno aprire la finestra
7. Andare a dormire presto e svegliarsi sempre alla stessa ora, anche nel weekend
8. Cenare presto in modo da evitare di digerire durante il sonno
9. Fare un bagno caldo prima di andare a dormire per conciliare il sonno
10. Evitare l’uso di dispositivi (tv, cellulare, tablet, computer) prima di andare a dormire
11. Fare una passeggiata prima di colazione per “spegnere” la produzione di melatonina (l’ormone del sonno)
12. Fare giardinaggio per prendere contatto con le migliaia di batteri che vivono nella terra
13. Annotare o pensare alle cose belle accadute durante il giorno per migliorare l’umore
14. Meditare o pregare
Per la cronaca: anche questi metodi creano dipendenza, ma sicuramente in maniera più naturale e non deleteria.