MILANO – Da qualche anno, la comunità scientifica e il mondo del caffè hanno riscoperto e rivalutato la Coffea stenophylla – specie endemica di Guinea, Sierra Leone e Costa d’Avorio – un tempo ampiamente diffusa e coltivata in Africa occidentale. La C. stenophylla sopporta temperature più alte rispetto alla C. arabica e alla stessa C. robusta e appare inoltre resistente alla siccità.
Tutte caratteristiche che potrebbero farla tornare in auge, nel processo di adattamento del settore del caffè al cambiamento climatico.
A riportare alla ribalta la C. stenophylla è stata la scoperta, nel 2018, di un’intera popolazione di questa specie botanica in una remota regione della Sierra Leone.
Sono seguite nuove ricerche e, soprattutto, i primi blind test del caffè preparato con i chicchi tostati, che hanno dato dei risultati decisamente interessanti.
La rivista scientifica Science of Food – in collaborazione con la Beijing Technology and Business University e con l’International Union of Food Science and Technology – ha pubblicato un nuovo studio metabolomico sulla C. stenophylla, volto ad analizzare le sue caratteristiche organolettiche – alcune delle quali simili a quelle della C. arabica – nonché la chimica del caffè di qualità.
La metabolomica è lo studio su larga scala dei metaboliti, ovvero dei prodotti delle reazioni cellulari, che si trovano in un sistema biologico.
Per svelare le basi chimiche dell’affinità organolettica delle due specie, i ricercatori hanno analizzato dei campioni di caffè verde utilizzando la cromatografia liquida-spettrometria di massa (LC–MS) e applicato l’approccio metabolomico per confrontare i due profili chimici.
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