«La nostra ricetta è avere marchi leader cucinati in stile glocal Oreo, numero uno nel mondo e in Cina grazie alla crema di tè»
Per le famiglie, oggi più attente alla spesa, offriamo nuovi prodotti: come le gomme da masticare a 50 cent e non a un dollaro. La diversità di genere fa bene alla performance, aiuta a prendere decisioni migliori
di Cometto Maria Teresa
Oreo è il biscotto più venduto al mondo
Ma, per sfondare anche in Cina è stato necessario adattarlo ai gusti locali. Invece del classico ripieno dolce bianco, fra le due cialde c’è una crema al té verde.
L’approccio «glocal» è una delle strategie usate da Mondelez — la nuova azienda nata da Kraft. Che raggruppa tutto il business degli snack e che produce Oreo — per continuare a crescere.
L’ha spiegato a CorrierEconomia Irene Rosenfeld
La Ceo che ha progettato la ristrutturazione di Kraft e che è una ferma sostenitrice dell’importanza delle donne ai vertici aziendali.
Come vi muovete tra una concorrenza delle marche private sempre più aggressiva e famiglie più attente alla spesa?
«Offrendo valore ai clienti e promuovendo i nostri marchi leader. Per esempio, abbiamo introdotto un pacchetto di gomme da masticare da 50 centesimi invece che da 1 dollaro e confezioni più piccole di biscotti. Reinvestiamo nell’innovazione e nel marketing i risparmi ottenuti nella produzione: abbiamo continuato ad aumentare la spesa in pubblicità e programmi per i consumatori, fino al 9% del nostro fatturato. Come risultato, ci aspettiamo che i nostri power brand forniscano il 70% della nostra crescita».
Come innovate?
«Abbiamo condotto un’ampia ricerca fra i consumatori e imparato che usano gli snack per tre diversi motivi: per piacere (tirar su lo spirito), per darsi energia (alimentare il corpo) e per darsi una spinta (svegliare la mente). Stiamo costruendo una robusta serie di innovazioni per soddisfare questi bisogni.
Con le piattaforme Cadbury bubbly e Milka snax, per esempio, offriamo momenti speciali di auto-indulgenza al cioccolato; con la piattaforma dei biscotti belVita diamo energia al corpo per quattro ore senza il tipico calo di zuccheri, grazie alla nostra tecnologia che rilascia i carboidrati in modo continuativo e regolare».
Ma si possono avere merendine buone e insieme sane?
«Gli snack possono far parte di una vita sana, sia come spuntini fra un pasto e l’altro sia come sostituti di un pasto. Creando spuntini deliziosi diamo alle persone la flessibilità per assumere l’energia e il nutrimento di cui hanno bisogno, nel modo per loro comodo.
Allo stesso tempo riformuliamo continuamente i nostri prodotti per ridurre le calorie, facciamo pubblicità in modo responsabile, soprattutto verso i bambini, e sosteniamo i programmi delle comunità locali per promuovere stili di vita sani.
Un buon esempio è l’iniziativa di educazione alimentare “Pronti, attenti, via” che facciamo in Italia con Save the children, rivolta ai bambini poveri e svantaggiati».
Siete un’azienda globale in un business, il cibo, dove i gusti sono molto locali: come vi adattate alle diverse culture?
«Per spiegarlo, è perfetta la storia di Oreo in Cina: cinque anni fa era un marchio così piccolo che pensavamo di cancellarlo. Ma prima abbiamo provato un approccio “glocal”: far leva sull’esperienza globale, unita alle conoscenze di chi è vicino al mercato locale. Così abbiamo ripensato Oreo secondo i gusti cinesi: meno dolce e più piccolo, con una crema al té verde fra due wafer. Abbiamo ingaggiato la star del basket Yao Ming per comunicare il messaggio in tv e reclutato 300 universitari cinesi che, in bicicletta, nelle città distribuivano campioni di biscotti. Così Oreo è diventato il biscotto N.1 anche in Cina, con un tasso di crescita del 70% annuo. Ora stiamo applicando le lezioni imparate in altri Paesi come l’India. Oreo è un business da 2 miliardi di dollari e crediamo abbia ancora molto spazio».
Lei è una delle poche donne Ceo nella classifica Fortune 500: qual è la sua politica sulla «diversità» in azienda?
«Essere “aperti e inclusivi” è uno dei nostri valori fondamentali e ci fa abbracciare la diversità di genere e razza, di esperienze e punti di vista. Prospettive differenti ci aiutano a capire meglio i bisogni dei clienti.
Per quanto riguarda in particolare le donne al top delle aziende, è chiaro che il loro numero non rispecchia la loro quota nella popolazione. Negli Usa fra manager e consiglieri sono solo il 15%. È una grande occasione persa.
Ma le donne e le aziende possono insieme rimediare a questa situazione».
Come?
«Le donne devono imparare a chiedere che cosa vogliono: se non l’avessi fatto, nella mia carriera non sarei stata considerata per parecchie posizioni rivelatesi poi esperienze importanti per me. E le aziende devono sostenere le donne a tutti i livelli perché siano pronte a essere promosse quando si apre un’opportunità.
Noi l’abbiamo fatto e i risultati si vedono: le donne sono il 40% dei nostri dipendenti e del management a livello globale e il 45% della mia squadra. Quest’anno siamo al primo posto della classifica di DiversityInc delle aziende
con dirigenti donne».
In Italia sono state introdotte per legge le «quote rosa» nei consigli di amministrazione: è d’accordo?
«Per legge o no, importante è capire che la diversità fa bene alla performance di un’azienda, aiuta a prendere decisioni migliori. Un terzo del mio Cda è fatto di donne».
Quali snack made in Italy ammira o studia di più?
«Molti. Barilla e Ferrero sono due eccellenti aziende. Tuttavia il mio prodotto preferito è il panettone!».
Fonte CorrierEconomia