MILANO – Uganda e Italia uniti dal caffè con Jovin Semakula, fondatrice della start up e società Benefit MDL e, come si racconta lei stessa, bolognese: è in questa città che arriva a 10 anni dall’Uganda, ma in realtà “L’Italia da sempre ha fatto parte della mia famiglia – mio padre ha studiato alla Bocconi di Milano – e io ho frequentato tutto l’iter scolastico a Bologna, dalle elementari all’università. Nel 1998 ho collaborato con la Regione Emilia Romagna per promuovere le aziende africane.”
Inizia così il suo percorso interiore per comprendere quale potesse essere il mezzo migliore per contribuire allo sviluppo del suo Paese d’origine, attraverso una filiera caffeicola più giusta e sostenibile.
MDL nasce dal cuore di Jovin Semakula e dall’immagine di sua nonna, che coltivava il caffè e con la quale raccoglieva le drupe
La startup rappresenta l’impegno sociale verso gli agricoltori, con un focus particolare sulle donne: una delle cooperative coinvolte da questa impresa conta 8000 donne in Uganda, e riesce a sfamare circa oltre 50-60mila persone.
Semakula specifica: “Le donne a livello globale sono fondamentali lungo la filiera e ne rappresentano il 70% della forza lavoro che, tuttavia, non viene valorizzato a sufficienza.
Con MDL riusciamo a garantire una giusta retribuzione per un Paese che è uscito dalle Borse, stabilendo un prezzo minimo più alto di quello standard. Il ricavato viene usato per una parziale o totale copertura dell’assicurazione, le tasse scolastiche e altre iniziative legate a migliorare i metodi di lavoro.
Per le donne poi, sosteniamo una campagna di educazione nelle zone rurali e remote di coltivazione mirata alle bambine, in modo che siano informate sulla vita sessuale e il ciclo mestruale. Attraverso questa iniziativa regaliamo gli assorbenti e ci poniamo a difesa dei minori contro gli abusi. Più avanti cercheremo di coinvolgere anche gli adulti, ma per ora vogliamo innanzitutto rendere indipendenti e consapevoli le giovani donne del domani.”
“Questo è soltanto uno dei progetti in atto per quanto riguardo il ritorno sociale del Paese.”
“Faccio già una premessa: in Uganda le donne arrivano al matrimonio con la dote che di solito consiste nel terreno di proprietà familiare che viene poi gestito dai mariti. Dobbiamo invece promuovere la concezione che siano le stesse donne le vere proprietarie.
MDL ha l’obiettivo di togliere più intermediari lungo la supply chain, attraverso una società in Uganda che permette ai coltivatori di vendere i propri caffè direttamente agli acquirenti. La stessa società si occupa di formazione e incentiveremo ulteriormente questo aspetto anche estendo le materie di studio oltre il caffè, toccando la cosmetica e poi ovviamente la cultura, la potatura, semina, l’uso dei fertilizzanti organici.
Il caffè se coltivato alla vecchia maniera è già organico. Il modo di produrre ugandese è già rispettoso della biodiversità, con altre colture presenti nelle piantagioni senza che avvenga la coltivazione intensiva.
Un altro progetto di MDL consiste nel supporto ad un orfanotrofio che vive grazie ai proventi del caffè e si trova all’interno della città di Ruero in una piantagione. Padre Antonio Mutiabia, ha fondato questa struttura che ha anche la funzione di scuola e ospita 500 bambini di età diverse fino ai 13 anni, età in cui viene insegnato loro un mestiere.”
Lei che ha avuto modo di connettere e conoscere i due estremi della supply chain attraverso MDL, che cosa ci può raccontare di uno e dell’altro?
“Partiamo proprio dal Paese produttore, l’Uganda dove, paradossalmente, non si beve il caffè. Per noi è soltanto un prodotto che porta ad un guadagno. Il consumo interno non esiste e non c’è la cultura attorno a questa bevanda.
Il mercato locale non si può permettere un prodotto finito e questo diminuisce ulteriormente la possibilità di diventarne dei consumatori. Per quanto riguarda il profitto invece, nei Paesi d’origine si sa che il farmer è colui che subisce maggiormente lo squilibrio esistente lungo la filiera. I singoli coltivatori lavorano in condizioni di povertà totale ed è un sistema non sostenibile a lungo termine.
Quindi passiamo all’Italia, dove l’industria procede più o meno bene, con i consumatori che si lamentano degli aumenti della tazzina senza rendersi conto cosa esista dietro quella cifra e alle origini. Il prezzo minimo dovrebbe secondo me assestarsi al bar attorno ai 2 euro e 2.50 affinché sia giusto per tutti, ma l’industria contribuisce a creare uno squilibrio insieme al consumatore.
Il problema è legato all’educazione attorno alla bevanda: il consumatore deve essere informato all’origine sulla materia prima. Così potrà pretendere di bere un caffè di un certo livello, con delle origini certe descritte in etichetta e non soltanto seguendo la sola logica di marchio e prezzo.”
L’Uganda rappresenta circa il 7,8% della fornitura complessiva per l’UE – verso cui esporta il 60% del suo caffè: a che punto siamo rispetto all’EUDR – seppur in fase di valutazione per la proroga di un anno? –
“Sono già stati portati avanti dei lavori a partire dal 2019, perché le aziende familiari sono già state censite come farms. Si parlava all’epoca di agricoltura organica e ci si era mossi in anticipo su questo aspetto. Già nel 2024 a settembre, sono stati preparati ulteriormente oltre 5500 agricoltori per ciò che riguarda l’EUDR.
A livello di audit, sono state coinvolte 14 aree con oltre 500 farmers attraverso diverse campagne radio, televisive in modo da arrivare pronti all’attuazione del regolamento.”
Oltre due milioni di sacchi verso l’Italia, al quarto posto per produzione di Robusta – principale varietà coltivata in Uganda -: rispetto ai prezzi alle stelle, come sta cambiando il mercato?
“La Robusta rimane a prezzi elevati: molti domandano la Quiboco, in quanto quella più economica. Negli ultimi mesi, il prezzo della Robusta proveniente dall’Uganda è salito e non poco, raggiungendo anche i 6 dollari al chilo. Le aziende che pretendevano di acquistare agli stessi prezzi dello scorso anno, magari anche sotto i 2 euro, si lamentano.
Noi prevediamo una possibile stabilizzazione – nei prossimi 3-6 mesi – attorno ai 5,50 dollari al chilo. L’Uganda sta reagendo bene a questo contesto per effetto di una serie di fattori come la vicinanza all’Europa, la guerra in Medio Oriente e la frenata dal Sud Est asiatico, che hanno portato l’Uganda a registrare una crescita del 12% della Robusta.”
Quali sono le prospettive future in termini di volumi e di valore del caffè ugandese?
“Nei prossimi 5 anni, il target di crescita dell’Uganda andrà verso una produzione di almeno 20 milioni di sacchi all’anno (ora ci aggiriamo attorno al mezzo milione di sacchi al mese.) In termini di valore la prospettiva globale è diversa: ora siamo attorno ai 150 milioni di dollari al mese e si pensa di arrivare ad 1 milardo e 8 all’anno.
Con il nostro progetto lascerei la situazione così com’è ora, migliorando la qualità della materia prima senza andare verso la produzione intensiva che porterebbe probabilmente ad una perdita in termini di sostenibilità ambientale e sociale. Questi volumi sono raggiungibili a patto che si continui con l’educazione e insistendo sulle piante già esistenti, con una maggiore competenza delle pratiche agricole. Si deve insistere sulla qualità piuttosto che sulla quantità.”
MDL in viaggio alle origini

“Sempre nello spirito di essere trasparenti, dalla prima settimana di febbraio abbiamo messo a disposizione dei clienti e anche dei consumatori finali, la possibilità di vivere un’esperienza culturale in Uganda, per confrontarsi direttamente con i coltivatori. Ogni tre mesi è previsto un viaggio di una decina di giorni, tra le farms, alla sorgente del Nilo per valorizzare le due origini del caffè: l’Arabica nasce in Etiopia e la Robusta in Uganda, i due estremi di questo grande fiume.
Questa connessione geografica si riflette nello stesso nome della nostra startup, MDL: montagne della luna, dove nasce il caffè.
La storia narra che fossero gli indigeni a nominare così i monti dell’Etiopia o dell’Uganda, perché nelle notti di luna piena, quando illuminava la superfice innevata e perenne, il riflesso era così potente da sembrare ancora giorno. Tolomeo il Greco ha ripercorso il fiume alla ricerca delle sue origini e ha ripreso questo nome: un legame con l’Italia che si ritrova anche nei nomi di tutte le cime in Uganda, perché il primo alpinista fu il Duca degli Abruzzi.”