domenica 22 Dicembre 2024
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Giacetti alle gare per la cup tasters: “E’ la mia prima competizione nazionale”

La sifdante dalla Svizzera: "Mi alleno non solo grazie al mio lavoro, ma da qualche mese la sera faccio training, anche se ho dovuto fare qualche pausa perché stavo raggiungendo il mio limite e non riuscivo più a concentrarmi se troppo stanca per esempio. Oltre a Daniele Ricci, ci alleniamo con un altro ragazzo, Alfonso Pepe. Vedremo come andrà: è la mia prima competizione a livello nazionale. Fingers crossed! “

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MILANO – Jessica Giacetti è un’altra dei giovani italiani che sono andati all’estero a metter a frutto le proprie competenze: una crescita professionale che l’ha portata dopo diversi step in tutto il mondo, in Svizzera dove lavora attualmente come quality assurance specialist da Algrano, azienda basata su una platform che si occupa d’importazione diretta dal farmer alla roastery, senza intermediari.

Ha iniziato come barista e torrefattrice a Venezia, poi si è spostata a Londra e poi in Australia: Da Londra in poi è avvenuta la vera svolta verso lo specialty.

Giacetti, di cosa si occupa esattamente il quality assurance specialist per un’azienda di direct trading?

Giacetti inizia sorridendo: “Mi ritengo molto fortunata a ricoprire questo ruolo e penso di esser invidiata da tanti: lavorando con tantissime origini, assaggio caffè eccezionali continuamente.

È stato un po’ un caso arrivarci: sono sempre stata nel ramo del caffè, ma ho sempre lavorato dietro al banco dei coffee shops. Evolvendomi pian piano come professionista: quando ero a Venezia ho creato una buona base di partenza, ma non trattavo quello che ora considero specialty. Poi ho deciso di andare a Londra, dove mi sono avvicinata a questa scena. Ma il tocco finale è avvenuto in Australia, che considero un po’ la patria dello specialty.

Jessica durante una sessione di cupping, (foto concessa da Jessica Giacetti)

Lì è stato il posto dove sono cresciuta di più in assoluto. Con la mia compagna avevamo in programma di restare lì, e lo abbiamo fatto per tre anni: poi però è arrivato il Covid, ed essendo legatissima alla mia famiglia ha cominciato a pesare stare così a lungo separati. Quindi ci siamo dette che era il momento di dare priorità ad altro con l’ottica però di tornare all’estero in Europa, perché l’Italia è ancora anni luce indietro per quanto riguarda lo specialty.

Un giorno, guardando la Svizzera casualmente durante le mie ricerche, ho trovato questa posizione aperta e mi sono candidata ottenendo il lavoro. Questo cambio di ruoli si è sposato ad un periodo in cui stavo pensando di abbandonare il mestiere del barista. La posizione riguardava un’internship inizialmente, ma poi li ho convinti ad assumermi stabilmente.”

Può paragonare la sua esperienza da barista e torrefattrice rispetto a quello di cui si occupa ora in Svizzera?

“È stata un’evoluzione personale, iniziata da una torrefazione italiana e quindi in un ambiente più tradizionale, fino ad arrivare al livello in cui sono ora. Non sarei stata in grado di svolgere il ruolo che ricopro oggi solo qualche anno fa. Il sensory è qualcosa che si pratica con il cupping per affinare il palato. Già in questo anno e mezzo di esperienza, sono cresciuta parecchio. “

Come funziona il suo lavoro?

Giacetti racconta: “Di base noi riceviamo l’offerta, ovvero il primo campione, direttamente dalle farms, di solito già iscritti alla nostra piattaforma e quindi nostri partner: facciamo una prima completa valutazione, seguendo il protocollo della Sca e per ogni sample affidiamo uno score. Una volta che accede alla platform, il torrefattore può ordinare il campione di qualsiasi caffè che abbiamo online gratuitamente: io mi occupo anche di questo aspetto. Se il torrefattore è convinto del caffè, lo può acquistare direttamente online e sceglie la quantità che desidera, considerando però le tempistiche dell’arrivo dall’origine. Prima che il caffè venga imbarcato, ci viene inviato un altro campione che si chiama il pre-shipment sample, sul quale effettuo di nuovo il cupping ed effetto anche l’analisi fisica, controllo cioè che non ci siano difetti, quanto è l’umidità, la densità, la grandezza dei chicchi ecc. Se do l’ok, il farmer può spedire finalmente il suo caffè. Una volta arrivato nel magazzino in Europa, in automatico mi viene spedito un terzo campione che io valuto ancora una volta per verificare che le condizioni dei chicchi siano state rispettate. La qualità in questo modo è preservata ai massimi livelli.

Una volta che ha superato tutti questi step, arriva al destinatario.”

Giacetti, in tutta questa catena, come avete affrontato i problemi dei trasporti?

Nel bel mezzo della latte art, (foto concessa da Jessica Giacetti)

“Lavorando in direct trade, abbiamo i nostri partner fissi anche per quanto riguarda la logistica. Non me ne occupo direttamente, ma so che ultimamente ci sono stati diversi problemi con il Brasile e con il sud America in generale. Ora sta andando un po’ meglio: abbiamo accumulato qualche mese di ritardo. Ma ovviamente è seccante per il roaster che si organizza una sorta di piano che però salta. “

Importate solo specialty?

“Abbiamo anche qualche prodotto più comune, ma niente che scenda mai sotto gli 80 punti. Serviamo tutta Europa e abbiamo tante torrefazioni in Uk, e nel Nord Europa che richiedono i nostri servizi. L’Italia è ancora uno dei Paesi dove siamo praticamente inesistenti. I nostri clienti sono interessati anche al discorso di sostenibilità ambientale e sociale: in Svizzera e in Germania acquistano soprattutto caffè biologici. Poi vedremo in futuro se sviluppare anche l’idea di espandersi in America.

In Svizzera però non è tutto così avanzato: per esempio, mi fa male quando vedo nei ristoranti o caffetterie più classici, le macchine superautomatiche che non hanno quasi bisogno del barista. La Svizzera alla fine non è tantissimo informata sullo specialty, ma sicuramente meglio dell’Italia su certi aspetti . Io ho lavorato anche da Mame e quel posto rimane ancora nel mio cuore. Sono caffetterie rare qui, un po’ come in Italia. A Zurigo c’è un po’ di più di consapevolezza, ma non è certo come l’Australia. Qui si beve per lo più espresso e ricette con il latte. “

Jessica, se anche la Svizzera va educata, perché non lavorare sullo stesso aspetto in Italia?

“Semplicemente tornare indietro è quasi impensabile. Quando fai esperienza fuori, poi è difficile pensare di rientrare. La mentalità a livello professionale è differente in Italia: i tanti torrefattori non hanno una competizione sana, si ostacolano a vicenda. Io non posso tollerare queste cose. Bisognerebbe cambiare tante cose in Italia. Basta pensare solo alla questione dell’euro a tazzina, che ancora non vuole aumentare. E infine, qui si guadagna abbastanza bene.

Tra i miei sogni, c’era uno specialty coffee shop, ma con gli anni ho messo da parte questo progetto. Un po’ sento la mancanza del lavoro dietro al bancone, anche perché sono appassionata di latte art, non credo sia fondamentale ma semplicemente mi diverte. Ma una volta entrata full time da Algrano, non ho potuto più farlo e in ogni caso, non lo rifarei al 100%. In questo momento amo il mio lavoro quindi non credo proprio lo abbandonerei cosí facilmente!”

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“L’unica mia paura è esser travolta dalla mia emotività: non faccio altro che assaggiare caffè tutto il giorno, quindi le competenze dovrebbero esserci per affrontare la gara, ma se mi lascio prendere dall’emozione, è la fine. La vera sfida è in gran parte giocata con la testa: bisogna restare concentrati sempre. Ho deciso di buttarmi per mettermi alla prova nonostante tutto. Mi alleno non solo grazie al mio lavoro, ma da qualche mese la sera faccio training, anche se ho dovuto fare qualche pausa perché stavo raggiungendo il mio limite e non riuscivo più a concentrarmi se troppo stanca per esempio. Oltre a Daniele Ricci, ci alleniamo con un altro ragazzo, Alfonso Pepe. Vedremo come andrà: è la mia prima competizione a livello nazionale. Fingers crossed! “

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