mercoledì 22 Gennaio 2025

Fipe si oppone all’aumento dell’Iva per ristoratori, baristi e consumatori italiani

Fipe: “alzarla significa colpire milioni di lavoratori e mettere in crisi l'unico settore dinamico della nostra economia. Il governo ci ripensi”

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MILANO –  Il problema iva continua ad esser una croce per il settore dei pubblici esercizi: chi si occupa di ospitalità dall’hotellerie alla ristorazione, deve far fronte a delle spese esagerate. Per questo si muove la Federazione italiana pubblici esercizi, incontro agli imprenditori, per sostenerli.

“Il governo dice di voler ridurre le imposte sui ceti medio bassi e per farlo propone di alzare l’Iva sul turismo, in particolare hotel e ristoranti, come se fossero soltanto i turisti stranieri a mangiare fuori casa o dormire in albergo. Ovviamente non è così: ogni giorno circa 10 milioni di lavoratori pranzano nei bar e nei ristoranti e lo fanno per necessità, non certo per scelta. Un aumento dell’Iva colpirebbe innanzitutto loro. Le risorse per ridurre l’Irpef vanno trovate altrove”.

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Così Roberto Calugi, Direttore generale di Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, in merito all’ipotesi di aumento dell’Iva agevolata su hotel e ristoranti, paventata da fonti governative.

Iva agevolata: cosa ne pensa Fipe

“Come se non bastasse – aggiunge il Direttore generale -, l’idea di rendere più salato il conto al ristorante per i turisti stranieri tradisce un paradosso di fondo: sono sempre di più le persone che arrivano in Italia per vivere un’esperienza non solo artistica. Ma soprattutto enogastronomica, resa possibile dalla professionalità dei nostri cuochi e ristoratori. Penalizzare questa fetta di mercato, sulla quale in queste settimane già pesa l’insicurezza dovuta al Coronavirus, rischia di essere controproducente per tutti.

“Negli ultimi 10 anni – conclude Calugi – l’occupazione nel settore della ristorazione è cresciuta del 20%. Mentre negli altri comparti è scesa del 3,4%. Mortificare uno dei pochi settori dinamici, capace di dare lavoro a 1,2 milioni di persone, non è certo una soluzione vincente per rilanciare i consumi. E, più in generale, l’economia dell’intero Paese”.

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