MILANO – Un 2006 in frenata per i consumi alimentari delle famiglie italiane. Questo almeno secondo le nere previsioni della Cia, la Confederazione italiana agricoltori, secondo la quale per gli acquisti domestici si spenderanno complessivamente poco più di 133 miliardi di euro, l’1,2% in meno rispetto al 2005.
Per gli acquisti alimentari, evidenzia la Cia, è stato quindi un anno all’insegna del contenimento, con scelte oculate e una riduzione dei consumi ritenuti superflui.
Nel complesso, quindi, la spesa complessiva per i consumi domestici dovrebbe essere poco superiore ai 133 miliardi, circa il 20% dei consumi totali.
Una delle cause principali della tendenza negativa dei prodotti ortofrutticoli, spiegano gli agricoltori, è l’impennata dei prezzi al consumo, con una forbice sempre più larga tra produzione e dettaglio: dai campi alla tavola, “i prezzi aumentano di 20 volte”.
L’atteggiamento “prudente” dei consumatori verso i rincari di frutta e verdura ha interessato poi tutti i canali di distribuzione. Le famiglie hanno preferito comprare in supermercati, ipermercati e discount, ma c’è anche una leggera crescita degli acquisti nei mercati rionali.
In controtendenza, lo zucchero, il caffè e il te, con una crescita di circa l’1 per cento. Mentre gli yogurt hanno messo a segno un aumento pari all’8 per cento.
Secondo la Cia, la percentuale di coloro che hanno ridotto le spese per l’alimentazione si trova principalmente nelle fasce di età superiori ai 55 anni (con picchi elevati soprattutto negli over settanta) e in quelle con redditi bassi.
Oltre ai problemi economici e ai rincari che hanno caratterizzato molti prodotti alimentari, uno dei fattori che ha condizionato la spesa alimentare degli italiani – rileva la Cia – è la sicurezza e la genuinità dei cibi. Tale aspetto incide in maniera preponderante sulla classe di reddito tra i 1300 e i 2000 euro al mese.
La Cia avverte, però, che non è la fine di quel consumatore, tante volte richiamato, attento alla qualità, alla tipicità, al contenuto culturale del cibo. Sensibile ai contenuti salutistici, alle tematiche etiche, ambientali e al benessere animale.
Un consumatore che, quindi, chiede ben oltre i requisiti di sicurezza alimentare. È, invece, un consumatore disorientato ed in grave difficoltà.
Un consumatore che, ad esempio, di fronte ad un olio extravergine Dop ed ad un olio di marca commerciale, si interroga prima sulla differenza di prezzo e poi sull’origine.
I consumatori – conclude la Confederazione – sono certo diventati più attenti al rapporto prezzo-qualità, ma prevale, nel complesso, la ricerca del prodotto conveniente nel rapporto prezzo-qualità, considerando in quest’ultima anche i servizi incorporati. Fonte: Cia