MILANO – In un periodo così decisivo per il cosiddetto caffè made in Italy, la vignetta che proponiamo ai lettori risulta alquanto emblematica. E’ stato da poco reso ufficiale il Disciplinare del caffè espresso: un documento che ha aperto una querelle destinata a stimolare il settore nel presente e nel futuro.
La domanda che sorge spontanea è: qual è il vero espresso italiano? Perché, se il quesito lo si pone ad un cliente medio del bar, la risposta può esser più complessa del previsto.
Espresso: sì, ma quale?
Le ordinazioni nei locali si moltiplicano e sono diverse quante sono le persone che sfilano di fronte al bancone. I baristi impazziscono appresso a mille comande, una diversa dall’altra. E da una città all’altra le richieste sono ancora più differenti, se possibile.
La colazione è il terreno di confronto fertile per le richieste più disparate dei consumatori. Per cui, prima di scolpire i comandamenti dell’espresso, forse sarebbe meglio fare un giro nei bar per ricordarsi della Babele in cui versa la clientela italiana.
Piena solidarietà agli operatori
Perché, se è vero che la diversità è una risorsa che va tutelata, anche i professionisti che sono al servizio del prossimo, andrebbero sostenuti.
Forse, la sola costante che ancora non è cambiata a discapito delle tante preferenze battute su uno scontrino, è la fretta con cui si consuma l’espresso.
Il tempo, è ancora una variabile che fa da padrone: che sia lungo, ristretto, corretto o americano, quello che importa è berlo a tempo record.