MILANO – Rendez-vous spaziale rimandato per ISSpresso. La rivoluzionaria macchina per l’espresso, capace di funzionare in assenza di gravità, sarebbe dovuta arrivare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale – dove nessun’altra macchina è mai giunta prima – la settimana scorsa, assieme all’astronauta italiana Samantha Cristoforetti.
Ma, a quanto sembra, delle difficoltà di ordine tecnico-logistico hanno costretto i responsabili della missione a lasciare a terra il gioiello high tech creato da Argotec e Lavazza.
Grande delusione e musi lunghi tra i componenti del crew internazionale dell’ISS, che già pregustavano l’aroma e il gusto di un vero caffè all’italiana a centinaia di chilometri dalla Terra.
Sembra che il rinvio sia stato dovuto al peso (circa 20 chilogrammi) e alla mole dell’apparecchiatura, non facile da stipare negli spazi angusti della navicella Soyuz.
L’appuntamento è dunque rimandato di qualche mese. David Avino di Argotec spera che la macchina possa essere lanciata entro aprile, in tempo per il compleanno di Samantha.
Da registrare intanto la pubblicazione di uno studio dell’università di Portland State, che spiega perché l’esperienza di degustazione dell’espresso non possa avvenire nello spazio allo stesso modo in cui avviene sulla Terra.
Il motivo?
Le intrinseche caratteristiche fisico-chimiche del caffè all’italiana.
“L’espresso è contraddistinto dalla presenza elevata di colloidi di oli emulsionati complessi a bassa densità– si legge nello studio – Con la gravità, questi oli risalgono in superficie e danno origine alla tipica crema”, la cui tessitura e aromaticità hanno un ruolo decisivo nella formazione del profilo organolettico della bevanda.
Come ottenere lo stesso risultato in tazza anche nello spazio?
Nel caso di ISSpresso si è deciso di tagliare la testa al toro. Il caffè viene infatti erogato in un contenitore plastico e sorseggiato con l’ausilio di una cannuccia.
E se un astronauta volesse una vera tazzina?
La soluzione potrebbe essere l’espresso space cup (vedi foto sopra), presentata a San Francisco, in occasione del più recente meeting dell’American Physical Society’s Division of Fluid Dynamics.
“Visto che dall’espresso si ottengono numerosi tipi di caffè, abbiamo effettuato delle misurazioni e abbiamo creato una tazzina in grado di mantenere le proprietà di tensione superficiale necessarie per avere un espresso italiano, un caffè latte e un caffè americano in tazza,” ha spiegato il prof Mark Weislogel.
“Per molti l’aspetti, il sapore e il profumo della crema sono i fattori fondamentali per valutare positivamente o meno un caffè italiano.”
“La forma della tazzina può far migrare i fluidi passivamente nei luoghi desiderati senza necessità di parti mobili – si sfruttano le forze passive della resistenza dei liquidi e di bagnabilità” ha detto ancora Weislogel.
“La geometria della tazzina è la parte ‘smart’, funziona da sistema di controllo dei fluidi, senza la necessità di pompe o di forze centrifughe.”
Secondo il team, il funzionamento della tazzina è talmente meccanico che, specialmente con un liquido così oleoso come l’espresso, dovrebbe funzionare sin dal primo tentativo nello spazio.
Per una spiegazione più dettagliata del funzionamento della tazza vi rimandiamo a questo articolo di Motherboard.