giovedì 19 Dicembre 2024
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Arriva Punk Chick Barista: Irene Grigoli viaggia su Verona per servire lo specialty coffee on the go

La titolare: “Sto capendo ora le differenze rispetto a quello che ho imparato in Inghilterra. Prima di iniziare, mi chiedevo se davvero le persone potessero interessarsi ad un caffè più costoso o a delle ricette più internazionali anche in Italia. Sono stata stupita in positivo"

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MILANO – Irene Grigoli è la fondatrice di Punk Chick Barista, il cui logo non ha niente a che fare con il caffè (scelta voluta): un polletto rosa punk, disegnino fatto al telefono con la sua ex manager quando lavorava in Inghilterra. Quando è tornata in Italia, a Verona, ha deciso di mettere a frutto la sua esperienza di barista on the go fatta a Southampton e riportare il concept nella sua città.

Punk Chick Barista com’è iniziato? Qual è il suo percorso professionale e perché ha deciso di fare la barista on the go?

“Mi sono trasferita in Inghilterra 7 anni fa innanzitutto per imparare la lingua con già un background da barista all’italiana nel mondo della ristorazione. Dopo poco ho iniziato a lavorare per coffee shop di specialty e qui ho scoperto questo tipo di bevanda, la latte art e un tipo di servizio più internazionale, diverso da quello tradizionale del caffè italiano.

Da lì sono diventata assistant manager, poi manager e infine, durante il Covid ho aperto un’attività con la mia ex manager, Partners in Coffee: eravamo mobili, viaggiavamo con una La Marzocco a bordo di una Ape Piaggio.

Partners in Coffee è un business tuttora attivo, mentre io ho deciso di tornare in Italia per portare ciò che ho imparato a Verona ed essere la prima ad avere un coffee cart.

Lavoro con un carretto del caffè fatto su misura, realizzato con le misure giuste che ho deciso io, su ruote, non motorizzato e che porto ad eventi pubblici, privati, confessi, sagre, manifestazioni. Lo carico sul mio furgoncino ed è smontabile.

È una struttura leggera, che abbiamo progettato in modo da esser funzionale e mobile.”

In base a cosa sceglie le tappe per i tuoi viaggi?

“Mi muovo per ora su Verona perché come inizio è più facile. Sto collaudando ora il carretto, sto controllando le quantità di caffè necessarie e infine valutando se continuare o meno da sola.

Nel piano futuro c’è espandere l’aera di servizio, per coprire anche eventi più grossi, ma penso comunque di restare nel Triveneto e nella parte est della Lombardia.

Quando scelgo una destinazione, svolgo tanta ricerca di mercato, confrontandomi con diversi organizzatori di eventi e poi presentandomi nella zona interessata: lavoro bene con un target di più giovani, millennials, gen z e ho notato che il genere più interessato al caffè è quello femminile.

Le iniziative dove ci sono coppie di giovani che conoscono il prodotto e viaggiano di più, sono quelle con la clientela ideale.

A Zuccaland (foto concessa)

Ho seguito l’evento di Zuccaland di Villa Franca: lì è stato perfetto perché giovani e famiglie si sono dimostrati partecipi e curiosissimi per questa bevanda.

Vendevo un caffè stagionale, il pumpkin spice latte, concetto ancora avvertito come una novità in Italia e in particolare nel veronese: c’è Starbucks ma ancora è una ricetta che non ha preso piede.

Altri momenti interessanti sono i mercatini di Natale, del vintage, dell’artigianale: chi ha attività piccole, indipendenti, sostiene anche una realtà come la mia.”

Quali sono i vantaggi di essere Punk Chick Barista?

“Il vantaggio è l’abbattimento i costi. Non avendo un affitto da pagare o uno staff da mantenere, ho ridotto le spese: quelle più alte sono legate alle attrezzature e al furgoncino dove trasportare il carretto.

Naturalmente ho scelto di usare La Marzocco Linea Mini. E poi per il caffè al momento collaboro con la torrefazione di Verona, Garage Coffee di Cobelli, di cui servo la miscela Dolce Vita.”

Quali gli svantaggi invece?

“Sicuramente essere soggetti molto al meteo: quando fa maltempo e freddo, gli eventi all’aperto subiscono una battuta d’arresto. Poi sono da sola: ogni tanto mi aiuta il mio ragazzo, ma il goal principale è essere indipendenti al 100% e questo però comporta il sollevare pesi da sola, risolvere problemi come l’elettricità, la mancanza d’acqua, affrontare un terreno difficoltoso e svolgere la ricerca dietro agli eventi per trovare quello giusto a cui partecipare.

Altra nota dolente, la Licenza B, per ambulante in Itinere: ho avuto grandi mal di testa in quanto la burocrazia italiana è piuttosto complicata. E anche ottenendola, il comune di Verona resta piuttosto restrittivo per attività ambulanti.

L’ideale sono quindi eventi privati, ma aperti al pubblico, dove gli organizzatori facilitano il processo.”

Ma rispetto quindi alla sua esperienza simile a Londra, a Verona sono cambiate le cose?

“Sto capendo ora le differenze rispetto a quello che ho imparato in Inghilterra. Prima di iniziare, mi chiedevo se davvero le persone potessero interessarsi ad un caffè più costoso o a delle ricette più internazionali anche in Italia.

Sono stata stupita in positivo: nei giorni di sole ho avuto la fila davanti al carretto. In Italia, essendo un prodotto non troppo diffuso, il rischio si alza perché non sai mai come può andare.

Mentre in Inghilterra le persone conoscono già lo specialty e sono abituati alla formula dell’asporto.

Per essere imprenditori bisogna esser un po’ visionari: se ancora non c’è, vuol dire che c’è lo spazio per farlo.”

L’acqua della macchina dove l’allaccia? E per l’energia elettrica?

“La Linea Mini è dotata al suo interno di un piccolo contenitore da dove pesca l’acqua, mentre quella sporca la ributta in un cestello posizionato sotto la griglia dove si poggiano le tazze.

Allora ho collegato il tubo dell’acqua ad una tanica più grande e porto in viaggio un tot litri di acqua filtrata appresso.

Per l’alimentazione della macchina del caffè e del macinino, utilizzo la stessa corrente elettrica che viene fornita sul posto, normalmente da quadri elettrici e generatori.”

Da donna è più difficile fare questo lavoro specifico?

“Devo ammettere purtroppo che esiste una differenza e l’ho notata anche in Inghilterra, seppure lì sia meno marcata. Nel mondo imprenditoriale italiano, secondo la mia esperienza personale, le donne sono a volte percepite con meno autorità.

Però è una cosa che riguarda molto di più la vecchia generazione: i giovani non si pongono queste barriere e c’è molto rispetto verso il proprio interlocutore, a prescindere dai generi.

Altre eccezioni sono ad esempio Marco Pizzinato e Davide Cobelli, due grandi professionisti del settore con cui non ho mai avuto problemi su questo piano.

Su questo punto una nota di merito va di nuovo a Zuccaland: le organizzatrici dell’evento hanno un’azienda, Invigna, e sono due ragazze che hanno fatto un lavoro eccezionale. Fare parte di questa squadra al femminile mi ha fatto molto onore.

In effetti, sono spesso delle donne che mi rispondono e mi coinvolgono nei loro progetti.”

Che preparazioni di caffè offre e a quanto lo vende?

Durante il lavoro (foto concessa)

“Servo principalmente caffe’ a base espresso. Nel prossimo futuro prevedo di avere una batch brewer per i filtrati, ma mi serve l’evento giusto per sperimentarla, magari una mokka master o una Sage. Se dovessi trovare l’occasione in cui sono tranquilla
per concentrarmi anche sulla spiegazione, perché no: stiamo cercando ora di capire con Pizzicoffee come proporlo.

Per quanto riguarda i prezzi, anch’io ero timorosa di proporre gli specialty, ma sorprendentemente, in 5 giorni di manifestazione, nessuno si è lamentato dei prezzi.

Con Punk Chick Barista, l’espresso è minimo a due euro. Ancora non mi sono avventurata sul double shot, perché con i primi test, ho visto che è ancora percepito come troppo forte.

Un fatto positivo che mi è rimasto impresso: chi beveva il caffè a 2 euro, tornava da me e diceva “buono”.

L’italiano medio sa valorizzare il buon cibo: il punto è che siamo abituati al caffè difettato, però avendo degli standard alti in generale, quando capiamo che esiste un’alternativa, gli diamo un valore ancora maggiore.”

E per i prossimi passi di Punk Chick Barista?

“Sono partita da appena due mesi: devo rivedere innanzitutto le dimensioni delle tazze riciclabili che servo. Gli inglesi sono abituati ai beveroni, mentre qua si riduce un po’ tutto nelle quantità.

Per ora il carretto funziona benissimo e anche il workflow è ben calibrato, ma questo perché ho già tanta esperienza alle spalle. Nei prossimi mesi continuerò a lavorare molto sull’autopromozione e dovrò arrivare dappertutto anche a costo di correre maggiori rischi.”

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