lunedì 23 Dicembre 2024
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Jawabra: “Per noi donne di Assira in Cisgiordania, un caffè dove poterci incontrare”

Il progetto Let’s start up ha supportato 16 donne (con disabilità o madri di minori con disabilità) in un percorso che ha portato alla costituzione di 12 microimprese. E molte di loro hanno coinvolto nell’attività anche i figli, proprio come Intisar Jawabra che nella sua caffetteria si fa affiancare da Ibrahim

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MILANO – Ci siamo imbattuti nella storia di Intisar Jawabra, una donna che ha deciso di diventare imprenditrice, aprendo una sua attività indipendente sul suolo palestinese. Un bar caffetteria che è aperto soltanto alle donne. Un’impresa vera e propria quindi, che deve scontrarsi con numerose difficoltà e che però ancora oggi va avanti, con obiettivi sempre più ambiziosi. Volevamo raccontare quindi questa storia, importante testimonianza di come un bar possa avere un valore diverso dal semplice luogo di consumo e invece rappresentare un simbolo sociale.

Jawabra ha potuto avviare la sua attività nell’ambito del progetto di cooperazione internazionale Let’s start up

Promosso dall’organizzazione EducAid e finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo che si rivolge a donne palestinesi con disabilità o madri di minori con disabilità, proprio com’è il caso di Intisar Jawabra e di suo figlio.

Intisar e suo figlio all’esterno della caffetteria

Perché è così straordinaria la caffetteria aperta da Intisar Jawabra? Bisogna ovviamente comprendere il contesto all’interno cui questo avviene: vivere in Cisgiordania, nei territori occupati, in una situazione economica e sociale precaria, aggravata dall’occupazione militare e dipendente dal mercato israeliano e dagli aiuti umanitari non è facile. Diventa ancora più drammatico per quelle fasce sociali più vulnerabili come appunto le donne con disabilità o le madri di bambini e ragazzi con disabilità.

Per loro, oltre alla questione di genere e quindi dell’esser donne in una società fortemente patriarcale, si aggiunge lo stigma della propria disabilità di quella dei loro figli, tanto da divenire oggetto di una forte discriminazione.

La mancanza di servizi specifici, le barriere architettoniche, il doversi far carico da sole della cura dei figli le escludono da ogni possibilità di autosufficienza. Private dell’accesso al mercato del lavoro vivono per sempre in situazioni di dipendenza e mancanza di autonomia economica.

Il progetto Let’s start up ha supportato 16 donne (con disabilità o madri di minori con disabilità) in un percorso che ha portato alla costituzione di 12 microimprese. E molte di loro hanno coinvolto nell’attività anche i figli, proprio come Intisar che nella sua caffetteria si fa affiancare da Ibrahim.

Intisar Jawabra, madre di un ragazzo con disabilità intellettiva, ha aperto un centro culturale con caffetteria riservato alle donne, ad Assira Al-Shamaliyah, nel Governatorato di Nablus

“Ho scelto una bella casa tradizionale, nel cuore del centro storico del mio villaggio – Assira – per aprire un luogo d’incontro dove le donne possano, incontrarsi, riunirsi, bere tè e caffè, fumare narghilè e persino cantare! Per noi donne del villaggio, non era facile trovare un posto dove potere incontrarci. Creare un locale simile è sempre stato il mio sogno. Il gradimento di tutte le miei clienti è stato incoraggiante. In futuro vorrei ristrutturare il secondo piano della casa per ospitare feste di laurea, compleanni e altre cerimonie”.

Com’è nata l’idea di aprire una caffetteria per sole donne? Qual è la sua filosofia?

L’importanza dietro un rito semplice come il caffè

“L’idea è nata dal fatto che non ci sono posti simili per le donne nel villaggio. Nel contesto culturale locale, il progetto è nuovo e innovativo.”

Cosa significa aprire e gestire un luogo di questo tipo in Palestina?
“Significa molto, poiché il progetto incoraggerà altre donne a prendere l’iniziativa e ad avviare un’attività in proprio seguendo la mia esperienza”.

Quali sono state le principali difficoltà che hai dovuto affrontare?
“Come ogni imprenditore, gestire il progetto sia a livello logistico che finanziario è stata la sfida principale, oltre all’aspetto culturale e incoraggiare la gente del villaggio ad accettarlo, e le donne a venire a provare le strutture fornite.”

Cosa rappresenta la cultura del caffè nel suo paese?
“I caffè in generale in Palestina sono molto comuni e le persone visitano questi luoghi sempre e durante tutto l’anno per bere caffè e fumare il narghilè.”

Che tipo di caffè serve?
“Tutti i tipi dalla ricetta araba all’espresso.”

Quali sono i prossimi obiettivi da raggiungere in futuro?

Jawabra: “Sto pensando di riabilitare il piano successivo dell’edificio (la sede è un vecchio edificio che ha aggiunto valore al progetto da un punto di vista storico).”

Come supportare la sua attività?
“Principalmente attraverso la comunicazione: cerco sempre strumenti per pubblicizzare e promuovere il mio progetto in modo che le persone la conoscano e vengano a trovarci e a provare”.

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