Titolare di due bar a Bra (Cuneo). Uno dedicato ai cocktail (Coffee and Good Sprits) l’altro al caffè (Caffè Pasticceria Arpino). Francesco Corona ci svela i segreti del suo successo nel lavoro e nei concorsi
Barista e bartender: la sintesi in Francesco Corona
Nel mondo del bar siamo abituati a fare una distinzione tra chi si occupa di caffetteria (i baristi) e chi si dedica alla miscelazione (bartender).
Nella valigia di Francesco Corona c’è spazio per uno e per l’altro. Il suo lavoro è immerso in un’ovatta preziosissima: la conoscenza e la preparazione che gli hanno dato i 19 corsi di formazione che ha seguito nel corso degli anni; spaziando dalla ristorazione al bar, dai cocktail al mondo del caffè ai vini. La sua mente creativa è alla ricerca di continua spunti, abbinamenti insoliti, ibridazioni tra diversi settor. Li sperimenta in prima persona dal bancone dei due locali di cui è titolare e attraverso numerose consulenze.
La tua carriera prende il via dalla miscelazione o dal caffè?
Mi piace bere e mangiare, ma soprattutto stare a contatto con le persone. Ho cominciato come barman. Mi piacciono la creatività del bere miscelato e la possibilità di fare drink sempre differenti unendo le diverse conoscenze che ho acquisito nel tempo.
È stato in un secondo tempo, quando ho frequentato il primo corso di caffetteria con Andrea Lattuada, che ho scoperto il fascino del mondo del caffè. Fino ad allora lo conoscevo solo superficialmente. Mi è stato svelato un mondo fatto di diversi sapori, origini, tipi di tostatura e di estrazione. Grazie a lui sono arrivato alle gare di Coffee in Good Spirits. Nel 2009 ho raggiunto il terzo gradino del podio mondiale, con un drink che ritengo tra i miei più riusciti, il Dark Velvet. Riuniva in perfetta armonia caffè, assenzio viola, panna e infuso di frutti di bosco.
Puoi spiegarci cos’è una gara di Coffee in Good Spirits?
Tecnicamente è una delle competizioni, messe a punto da Scae – Specialty coffee association of Europe. Prevede la realizzazione di bevande alcoliche dalle ricette innovative, che uniscano caffè, liquori, distillati e altri ingredienti in un insieme piacevole e armonico.
La finale prevede la realizzazione di due Irish Coffee e due bevande inedite calde o fredde a base alcolica. Io la definisco l’unione tra il giorno e la notte. Il giorno è rappresentato dal caffè, che bisogna scoprire nelle sue tante varianti e sapere estrarre al meglio con la macchina espresso e con i diversi metodi manuali. La notte è la bottigliera che il barman ha dietro di sé. Lui la deve conoscere in ogni particolare per ottenere le migliori unioni tra i diversi prodotti alcolici e tra questi e il caffè.
Accumulare questa competenza è un’operazione complessa?
Richiede un’applicazione continua, una buona dose di curiosità e la capacità di immagazzinare le sensazioni organolettiche provate. Purtroppo non ho molta memoria, ma sopperisco a ciò con un metodo che trovo molto efficace. Nella mia mente ho realizzato una sorta di “rete”o mappa al cui interno inserisco ciò che ho assaggiato. Le segno in base a dolcezza, amarezza, gusto, intensità… tutti gli elementi che caratterizzano un drink. Quando voglio ottenere un determinato risultato in una bevanda miscelata, come in un piatto, ecco che si “accendono” le connessioni tra i diversi prodotti che possono concorrere a realizzarlo.
Il cliente come vive il cocktail a base caffè?
Ho sempre lavorato in locali notturni e solo da pochi mesi ho acquisito la pasticceria e caffetteria Arpino di Bra(Cn). Trovo che il gap più grande da colmare sia la mancanza di dialogo tra il barista e il cliente. Quest’ultimo per lo più pensa che i caffè siano tutti uguali, non ha la più pallida idea delle diverse origini. Cos’è un caffè di altura, in cosa differiscono arabica e robusta, in quanto nessuno lo ha mai introdotto a questo mondo.
È un cammino che ho iniziato e che mi sta dando soddisfazione perché trovo interesse da parte dei miei interlocutori. A chi mi chiede un decaffeinato o si lamenta per gli effetti del caffè, suggerisco di gustare un’arabica. Ha un basso contenuto di caffeina: c’è chi ha imparato a non avere più “paura” dell’espresso.
Lo stesso avviene con i cocktail:
nella mente del consumatore c’e solo l’Irish Coffee. Il caffè invece, si presta a numerosissime preparazioni sia calde sia fredde. Unioni molto semplici dal gusto speziato e alla portata di qualsiasi operatore sono quelle con il ginger beer o l’acqua tonica. Spesso incontro perplessità all’offerta di un drink con il caffè. Ma, quando presento un cocktail equilibrato e piacevole, noto spesso sorpresa e interesse.
Per chi vuole cominciare consigli di partire dal caffè o dagli spirit?
Io suggerisco di partire dal caffè. È importante guardarsi attorno, non dare mai nulla per scontato. Assaggiare tanti tipi diversi di caffè. Non è facile trovarli sul mercato: consiglio di seguire le gare Scae che si svolgono in tutta Italia. Qui s’incontrano baristi e torrefattori che sanno guidare alla degustazione di caffè molto particolari. Costruita la “mappa” dei caffè, ci si può rivolgere agli alcolici e alla miscelazione.
Partecipare alle gare di Coffee in Good Spirits arricchisce il bagaglio professionale di un barista?
Certo. Permette di entrare in contatto con altri professionisti, di confrontarsi; di dare e ricevere spunti, segreti, nuove tecniche. Ovviamente il risultato conta. Ma la rete di conoscenze che s’instaura e gli spunti che si possono raccogliere in queste sfide sono altrettanto importanti.
E raggiungere una finale mondiale?
Se si arriva al podio si guadagna in visibilità e popolarità. Ma prima di tutto è importante il confronto con i campioni di tanti diversi Paesi. Con tante tecniche e gusti differenti. Noi italiani abbiamo un’inventiva e un senso del gusto innati, ma tendiamo a non approfondire le nostre conoscenze. Cosa che al contrario fanno all’estero. Dai baristi d’oltre frontiera dobbiamo comprendere come ci si applica. Come si approfondisce la conoscenza del mondo del caffè e dei diversi metodi di estrazione. La nostra creatività unita alla tecnica ci può far arrivare a quel primo posto a livello internazionale. Uno spazio che negli ultimi anni abbiamo “sfiorato” e che meriteremmo.
Chi è Francesco Corona
38 anni, nato a Matelica in provincia di Macerata. Uno studioso del mondo del bar e della caffetteria. Oggi vive a Cuneo dove è titolare di due locali. Il cocktail bar Coffee & Good Spirits e la caffetteria e pasticceria Arpino di Bra (Cn). Cinque volte campione italiano CIGS, è salito sul podio dei mondiali Scae di questa disciplina nel 2009 (3° posto). Nel 2014 si è classificato 6° ai mondiali di Melbourne. Nella foto, con Chiara Bergonzi al Campionato Italiano Scae 2013 (1° classificato).