MILANO – Tempi duri per il settore del caffè dell’India, sesto produttore mondiale e importante origine per i torrefattori italiani. È opinione diffusa tra gli addetti ai lavori che l’annata in corso sarà la più difficile dai tempi del Covid. Colpa delle anomalie meteorologiche, che ancora una volta stanno minacciando il raccolto.
Ma anche dei problemi strutturali che affliggono il settore, tra difficoltà di accesso al credito, pastoie giuridiche, scarsità di manodopera e costi in crescita generalizzata.
Il regime irregolare delle piogge continua a complicare la gestione dei raccolti. Le precipitazioni hanno segnato quest’anno una flessione del 20-30% rispetto alla media degli ultimi tre anni, riferiscono i media indiani citando Kurian Raphael, responsabile ricerca e sviluppo del colosso Tata Coffee.
Il Coffee Board of India – l’ente parastatale responsabile per il settore – ha previsto, nella sua stima post fioritura, un incremento complessivo della produzione 2023/24 a 374.200 tonnellate, di cui 113 mila di arabica e 261 mila di robusta.
La produzione 2022/23 è stimata, a sua volta, in 352 mila tonnellate, di cui 100 mila di arabica e 252 mila di robusta. Ma molti produttori reputano tale previsione eccessivamente ottimistica.
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