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INDIA – Lavazza potrebbe vendere la catena di caffetterie Barista a IHC

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MILANO – Lavazza potrebbe vendere la catena di caffetterie Barista, acquisita nel 2007 (unitamente all’azienda di vending Fresh & Honest) da Sterling Infotech Group e pagata, all’epoca, 125 milioni di dollari (100 milioni di euro al cambio di allora).

Lo sostiene The Economic Times, citando fonti bene informate. Il quotidiano di Delhi fa anche il nome del potenziale acquirente.

Si tratterebbe di India Hospitality Corp. (IHC), il gigante pan-indiano dell’ospitalità e del leisure, che a dispetto del nome ha sede a Londra ed è quotato al London Stock Exchange. Sempre secondo The Economic Times sarebbe già in corso il processo di due diligence.

È interessante notare – come osservava ieri Comunicaffè International – che al timone di IHC si trova Ravi Deol, che fu anche il primo ceo di Barista, a partire dal 2000. Nei tre anni alla guida di Barista, Deol aprì 128 locali, tra India e Sri Lanka, facendo diventare le sue insegne una presenza familiare in molte metropoli del subcontinente.

In una quindicina d’anni, la proprietà di Barista è passata di mano già tre volte.

Bocche cucite su entrambi i fronti. Lavazza declina ogni commento. Sibillina la risposta fornita da Deol, che non conferma e non smentisce.

La distanza tra le parti sarebbe dovuta al prezzo richiesto da Lavazza, troppo lontano dalla somma che IHC sarebbe disposta a offrire.

Lavazza è dall’anno scorso alla ricerca di un partner strategico o di un acquirente per Barista, ma i tentativi sin qui compiuti non avrebbero sortito risultati apprezzabili.

Il quotidiano sostiene– sempre citando le fonti di cui sopra – che l’operazione riguarderebbe esclusivamente la rete di caffetterie e non comprenderebbe il ramo vending a marchio Lavazza e Fresh & Honest.

Siamo sempre – è importante sottolinearlo – nel campo delle ipotesi e delle indiscrezioni.

Barista Lavazza è attualmente il secondo competitor nel mercato indiano dei coffee shop a marchio, con circa 180 locali, alle spalle dell’inarrivabile Café Coffee Day, che ha aperto, sin qui, 1.400 locali in patria e punta ora a espandersi in tutto il sud-est asiatico.

Secondo le proiezioni degli analisti, il comparto indiano dei coffee shop continuerà a crescere, nell’arco dei prossimi cinque anni, al ritmo del 13-14% annuo.

L’enorme potenziale rende la scena sempre più competitiva. A un anno e mezzo dal suo debutto, la joint-venture Starbucks-Tata ha già inaugurato una ventina di caffetterie.

Più o meno quante ne ha aperte, dal 2012 a oggi, Dunkin’ Donuts, che punta al traguardo dei 100 locali entro il 2017.

Vanta già un centinaio di insegne accese in terra indiana Costa Coffee, che ha annunciato recentemente l’intenzione di rescindere l’accordo esclusivo di franchising che la lega a Devyani International.

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