MILANO – Ecco la seconda intervista ai campioni usciti dal campionati italiani che si sono svolti al Sigep di Rimini: oggi parla Francesco Masciullo (FOTO Romedia sopra e sotto) campione italiano di caffetteria.
Un’occasione unica per conoscere il barista più bravo d’italia attraverso le sue parole.
Cristina Caroli, Communication Manager SCAItalia, commentando le interviste ha sottolineato l’importanza del sistema gare nella crescita dei baristi. Aggiungendo che “la possibilità di competere ad alto livello con altri competitor con cui misurarsi, fa uscire i ragazzi più maturi e completi. Si innescano delle amicizie, degli scambi molto importanti, la Community ne esce rafforzata e rinvigorita”.
Tutte le gare che vi stiamo raccontando dalla viva voce dei protagonisti sono state messe a punto da tutti i concorrenti, con grande studio e dedizione: forniscono nuovi spunti e sfide per gli appassionati e fanno crescere la curiosità e la voglia di avvicinarsi alla Specialty Coffee Association e ad suoi ideali di eccellenza.
“Una esperienza fantastica”, conclude Cristina Caroli.
CARTA D’IDENTITÀ DEL CAMPIONE ITALIANO CAFFETTERIA 2017
NOME E COGNOME: FRANCESCO MASCIULLO
NATO A MAGLIE IL 04-10-1991
Il suo motto? Sognare per credere.
Il suo hobby non a base di caffè? Palestra, correre, andare in bici, quando ho tempo.
Come si è avvicinato a questa disciplina? Quando è scattato il colpo di fulmine con la caffetteria a d alto livello?
Si parla di 6 anni fa quando ho toccato per la prima volta la mia prima macchina da caffè, era il mio primo corso di caffetteria tenuto da Francesco Sanapo in Caffè Corsini. Il colpo di fulmine direi che è scattato da quando, ignorante sulla materia, iniziai ad ascoltare cos’era il caffè e cos’è tutt’ora e tutta la filiera che segue, sicuramente è stata una cosa che mi ha affascinato tantissimo.
Come ha migliorato, come ha appreso nozioni e tecniche? Ha dei maestri o figure che la ispirano o che hanno fatto da guida fino ad arrivare al mondo delle gare?
Sicuramente il modo migliore è avere, o dei professionisti accanto in modo da poter rubare con lo sguardo o imparare da loro, o frequentare dei corsi per poi mettere in pratica quello che si è imparato.Uno dei più grandi aiuti è stato Miguel Lamora Barena, spagnolo.
È stato il mio manager quando nel 2013 ho deciso di traferirmi a Londra per ampliare le mie conoscenze nell ambito della caffetterie specialty, grazie a lui ho imparato tantissimo, e una volta ritornato a Firenze, lo stare accanto a Sanapo mi ha permesso di perfezionarmi sempre di più, step by step.
L’avvicinarmi alle gare è stato un vero e proprio mettersi in gioco, una volta classificatomi terzo già nel 2015 mi ha permesso di impegnarmi ogni anno di più fino a raggiungere uno dei miei scopi, arrivare primo.
Come ha impostato la sua preparazione e come ha trovato il tempo per farlo?
Per la mia gara devo un grazie infinito a Caffè Corsini e Ditta Artigianale che mi hanno premesso di fermarmi, concentrandomi sulla gara e di non essere fisso in Ditta Artigianale (caffetteria per la quale lavoro). Questo ha fatto si che trovassi il tempo per passare le mie giornate in una stanzina ad allenarmi e provare i miei caffè.
Per arrivare a gareggiare a Rimini ha avuto bisogno di un team? Chi sono stati i suoi trainer?
Si, quello che continuo a ripetere, senza un team non si va da nessuna parte, mi piace definire il mio team in due sotto team, uno tecnico e uno morale..morale sono le persone che cercano di farti essere rilassato, di farti stare sempre di buon umore, è questo è successo soprattutto con la ma ragazza, che ha sopportato questo periodo e me in particolare. insieme a lei le mie sorelle, la mia famiglia. Il mio team tecnico è un team che adoro, a partire da Francesco Sanapo, Hidenori Izaki (campione mondiale 2014 baristi) e Charlotte Malaval ( 6ª e 5ª classificata ai campionati mondiali baristi 2015 e 2016.)
Ci parli della sua gara: com’è nata, la fonte di ispirazione, il filo conduttore.
A partire da quando ho iniziato a gareggiare, a me piace trovare un argomento che racchiuda tutta la filiera del caffè, quest’anno dopo ricerche e notizie che ho letto sul caffè e sul riscaldamento globale ho deciso di portare quest’ultimo come topic generale della ma gara.
Sviluppare questo concetto è stato molto difficile, ma una volta assaggiato il mio caffè proveneite dalla Colombia (usato per l’espresso) e aver ricevuto tutti i dettagli sul perchè questo caffè avesse cambiato profilo gustativo quest’anno, Son riuscito a collegare questo caffè insieme agli altri due al problema del riscaldamento globale.
Parte tutto dalla varietà botanica (SL28), volevo spiegare come mai essa, orginaria in Kenya (creata in laboratorio per combattere le condizioni climatiche di questa regione: alte temperaure e siccità) consociuta da tutti per il suo profilo aromatico intenso, in Colombia avesse dato dei risultati differenti e soprattutto con un processo di lavorazione inusuale, visto che la maggio parte degli SL28 kenioti sono lavati.
Sul Colombia SL28 invece è stato usato un processo naturale proprio perchè quest’anno questa nazione è stata colpita dal El Niño fenomeno atmosferico che ha portato la Colombia a combattere le alte temperature, e i produttori, diciamo sfruttando questa condizione hanno deciso di sperimentare su questa varietà il processo naturale, e direi che ci sono riusciti alla grande.
Considerando che hanno deciso di piantare questa varietà nel 2012, ma solo quest’anno sono riusciti ad ottenere questi risultati d’eccellenza. È come se la pianta avesse trovato la stessa condizione per crescere ma in un terroir completamente differente dal Kenya.
Spostandoci in Costa Rica, terzo caffè che ho usato in gara, ho parlato della deforestazione, altro fenomeno dato dal surriscaldamento globale, perché per avere dei risultati migliori i produttori di caffè cercano di andare sempre più in quota, ma andare in quota significa deforestare e di conseguenza aumento di Co2 nell’atmosfera e quindi delle temperature. Il terzo caffè come caratteristica principale quella di non essere un caffè di altura, proprio per rispettare l’ambiente naturale. Si tratta di un caffè che cresce a 1.400 metri di altitudine e il produttore, per cercare di sbloccare le potenzialità di questa varietà botanica ha deciso di sperimentare sul processo di lavorazione avendo un risultato pazzesco.
Come si è trovato con gli altri concorrenti?
Mi son trovato benissimo, siamo dei veri amici e ci vogliamo bene, chi di più ,chi meno ma si… siamo tutti amici e colleghi.
Com’era l’atmosfera nel backstage?
Ansia, stress, emozioni al 1000 per mille.
RIMINI 2017: Il momento brutto che ha superato?
Onestamente non ci sono stati momenti brutti..
RIMINI 2017: Il momento bello che non dimenticherai mai?
Essere proclamato campione italiano baristi 2017
Pensava di vincere?
No,assolutamente
A chi vuole dire grazie?
A tutti quelli che mi hanno supportato, i miei team.
Cosa è cambiato nella sua vita da quando è Campione, giudica questo titolo una opportunità professionale?
Sicuramente è un buon biglietto da visita essere campioni, per adesso sono rientrato in caffetteria e lavoro come facevo prima, è bello avere le persone che ti riconoscono, condividere i caffè con i clienti, parlare, scherzare, ora mi concentro su questo.. più in là…. si vedrà..
La sfida mondiale
Ora, il prossimo impegno è a livello mondiale: la sua gara nazionale è una buona base da perfezionare o dovrà cambiarla radicalmente?
Ancora non lo so, molto probabilmente cambierà qualcosa, ma non voglio annunciarvi niente, lo vedrete sicuramente prima che io vada a Seoul.
C’è qualche campione internazionale che ammira in particolare, e che spera di incontrare personalmente nel suo viaggio per il mondiale, e tornare con il fatidico selfie?
Ci sono tanti che vorrei incontrare e fare migliaia di selfie, il mondo del caffè è bello anche per questo. Vedremo, dovrò liberare un po’ di memoria sul mio cellulare, altrimenti niente selfie!