NAPOLI – Le abbiamo conosciute attraverso un’intervista alle due donne che hanno fondato la torrefazione Le Lazzarelle a Napoli: un progetto che usa il caffè come modo di riscattarsi socialmente, lavorando a stretto contatto con le detenute. Un’iniziativa che ha tanta passione alle spalle e che ora ha fatto un altro passo avanti con l’apertura di un bistro nel cuore partenopeo: Lazzarelle Bistrot ha aperto le porte ai cittadini. Leggiamo la notizia dal sito riforma.it.
Lazzarelle Bistrot: l’avventura continua
Mercoledì 22 luglio nella Galleria Principe a Napoli, uno dei luoghi più belli e suggestivi della città, è stato inaugurato il «Lazzarelle Bistrot», gestito dalle detenute del carcere di Pozzuoli, dove dal 2010 la cooperativa Le Lazzarelle produce caffè artigianale, secondo l’antica tradizione napoletana.
Il Bistrot, realizzato grazie al supporto della Fondazione Charlemagne, vuole essere un luogo dove, attraverso il cibo, la convivialità, il piacere di un caffè, di un’insalata o di una zuppa, si parteciperà attivamente all’empowerment di donne e uomini detenuti ed ex detenuti di molte delle carceri italiane e alla diffusione della cultura del ripensare il carcere da sistema punitivo a luogo di reinserimento sociale.
«Il Bistrot – si legge sul sito https://caffelazzarelle.jimdofree.com/bistrot-lazzarelle/ – punta a raccontare il carcere in maniera differente attraverso la vendita di prodotti dell’economia carceraria e la programmazione di eventi finalizzati. Uno degli obiettivi, e forse il più ambizioso, è quello di diventare un punto di riferimento culturale: una parte del Bistrot sarà destinata a mostre fotografiche, convegni, incontri, tavole rotonde e presentazioni di libri. L’ambizione è quella di far conoscere la realtà detentiva italiana attraverso i prodotti dell’economia carceraria. Ogni prodotto infatti rappresenta una persona ed una storia, e noi vogliamo raccontare le storie di queste persone che hanno intrapreso percorsi devianti solo perché spesso non sono riusciti a fare altre scelte».
Sono circa 70 le donne che la cooperativa ha seguito e formato dal 2010 all’interno del carcere di Pozzuoli nel progetto del caffè Le Lazzarelle
Che è nato mettendo insieme due soggetti deboli: le donne detenute e i piccoli produttori di caffè del sud del mondo. Si acquistano infatti i grani di caffè della cooperativa Shadilly, che promuove progetti di cooperazione con i piccoli produttori.
Nel tempo le donne hanno aggiunto alla produzione di caffè anche quella di tè, infusi e tisane. Inoltre in ogni fase del suo procedimento di lavorazione, il caffè è prodotto senza aggiunta di additivi, rispettando i tempi naturali di preparazione dell’antica scuola artigiana napoletana, mentre le confezioni di caffè sono realizzate in materiale plastico senza alluminio in modo da poter essere riciclate con la plastica nella raccolta differenziata.
«Il Bistrot è un progetto che abbiamo da un paio di anni – spiega la presidente Imma Carpiniello –; aprirsi alla città era diventato fondamentale per delle donne chiuse in carcere tanto tempo. Vogliamo dare la possibilità alle detenute che lavorano con noi, apprendendo la torrefazione, di fare l’ultima parte della pena lavorando in esterna, grazie ai benefici delle misure alternative.
Quando sei deprivato della libertà ti mancano l’orientamento e la possibilità di relazionarti all’esterno, ed è difficile cominciare a ripensare al quotidiano; invece la chiusura del cerchio fa sì che le detenute possano reintegrarsi nella società in modo protetto e graduale. Le statistiche dicono che laddove inizi un percorso lavorativo in carcere la recidiva cala del 90%. L’abbiamo visto nel lavoro all’interno, e speriamo di riconfermarlo all’esterno».
Lo scorso febbraio il caffè delle Lazzarelle arrivò a Montecitorio, dove fu allestito un banchetto di degustazione in occasione del convegno/spettacolo «Gli ultimi saranno», progetto grazie al quale la musica e l’arte incontrano i detenuti.