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lunedì 25 Novembre 2024
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In Giappone San Valentino è la festa del cioccolato non degli innamorati

San Valentino sostanzialmente è una festa commerciale con l’abito da Cupido, qui come in Giappone. In ogni caso ha un origine un po’ diversa dalla nostra, eccola in breve. Era il 1936 quando un immigrato russo proprietario di una ditta dolciaria di Kobe, la Morozoff, cerca di introdurre in Giappone questa tradizione già nota in occidente. Al solo scopo di poter aumentare le proprie vendite.

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MILANO – San Valentino ha un altro aspetto quando parliamo dell’altra parte del mondo: in Giappone infatti, la festa degli innamorati ha decisamente il sapore di cioccolato. Il modo di celebrare questa ricorrenza è particolare rispetto agli altri Paesi. Vediamo cosa succede, dal sito tomshw.it.

Giappone a San Valentino niente fiori o regali: solo cioccolato

E solo dalle ragazze verso i ragazzi. E per aumentare la pioggia di cioccolato che cade sul Giappone, le donne non si limitano a regalare cioccolato ai propri innamorati, ma fanno diversi regali praticamente a tutti gli amici e conoscenti di sesso maschile che fanno parte della loro vita, compresi amici, parenti, padri, nonni, i colleghi di lavoro e superiori.In manga e anime non sono rare le scene in cui una ragazza dona del cioccolato in una confezione a forma di cuore al suo amato, con tutto l’imbarazzo del caso.

Ovviamente, per evitare confusione e imbarazzo, esistono diversi tipi di cioccolato, da regalare a seconda della persona. Perché ricordiamolo: i giapponesi sono persone organizzate, che non lasciano niente al caso, nemmeno il cioccolato di San Valentino!

Tipi di cioccolato in Giappone

Giri choko: la cosiddetta”cioccolata dell’obbligo”. Questo è il cioccolato che si regala ai colleghi di lavoro, molto spesso più per obbligo sociale che per vero affetto. Una ragazza giapponese a San Valentino regala mediamente 25 Giri choko. Che per fortuna costano meno (circa 4,00€) rispetto alla Honmei choko, dato che le confezioni sono più piccole e meno rifinite. I Giri choko non hanno un significato particolare, ed è accettabile anche portare una scatola grande di cioccolatini in ufficio e offrirli a ciascuno;

Tomo choko: la “cioccolata dell’amico”. Cioccolato che si regala ad amici, sia maschi che femmine, ma solo quelli più stretti; Jibun choko: il”self chocolate”. Questo è il cioccolato che ci si auto-regala, magari come premio per un periodo di lavoro o studio particolarmente impegnativo. O semplicemente per coccolarsi un po’. Secondo un sondaggio, le persone spendono molto per questa categoria di cioccolatini;

Honmei choko: la traduzione letterale sarebbe “cioccolata del prediletto”

Questo è il cioccolato di San Valentino per eccellenza, quello destinato al ragazzo amato, al proprio fidanzato o marito, e a volte è accompagnato da una vera e propria confessione d’amore. Questa cioccolata viene spesso preparata in casa con le proprie mani e confezionata con attenzione, oppure comprata nei negozi scegliendo però confezioni di cioccolato prestigioso e costoso (15,00€ di media).

In questo caso la confezione e la presentazione sono curate minuziosamente, per sottolineare l’importanza che il ragazzo riveste nella vita della ragazza in questione e i sentimenti che si provano per lui.

“Perché l’amore e’ inscindibile dal dolore… e sa essere cosi’ penoso… che a volte assomiglia ad un soffocamento.” (Nana)

Ricambiare: il White Day

Esattamente un mese dopo San Valentino, il 14 marzo, si festeggia il White Day, una festività esistente quasi solamente in Giappone. Durante il White Day, i ragazzi che hanno ricevuto della cioccolata in regalo il giorno di San Valentino, dovrebbero ricambiare regalando a loro volta della cioccolata bianca. Da qui il nome della ricorrenza.

Anche per i ragazzi varrebbe la distinzione dei vari tipi di cioccolata fatta sopra, ma nella realtà i ragazzi regalano il cioccolato solo alla ragazza che amano. C’è da dire però, che insieme alla cioccolata, i ragazzi spesso aggiungono dei regali come peluche o addirittura dei gioielli o accessori e lingerie. Il punto in comune però è sempre il colore bianco, simbolo di purezza.

Sembra una cosa un po’ anacronistica forse, ma è importante che un ragazzo ricambi spendendo di più rispetto a quanto speso dalla ragazza in precedenza. Se il dono dovesse avere un valore simile, sembrerebbe che il ragazzo non ricambia sinceramente i sentimenti della ragazza.

Quindi, se da un lato c’è l’insopportabile (per noi occidentali) aspetto patriarcale della situazione, in cui una donna è “costretta socialmente” a regalare cioccolatini anche a uomini marginali della propria vita – e magari a volte persone non proprio amate come responsabili e superiori – dall’altra c’è la contropartita di un regalo anche piuttosto costoso un mese dopo.

L’origine di San Valentino in Giappone

San Valentino sostanzialmente è una festa commerciale con l’abito da Cupido, qui come in Giappone. In ogni caso ha un origine un po’ diversa dalla nostra, eccola in breve.

Era il 1936 quando un immigrato russo proprietario di una ditta dolciaria di Kobe, la Morozoff, cerca di introdurre in Giappone questa tradizione già nota in occidente. Al solo scopo di poter aumentare le proprie vendite.

In quegli anni però nel Paese del Sol Levante si respirava un forte anti-occidentalismo che fece sì che l’iniziativa finisse in un fallimento totale. La Morozoff ci riprovò anni dopo, nel 1952, riscuotendo ancora una volta gli stessi risultati scarsi.

Da allora c’è più di un’azienda che ha cercato di attribuirsi la “paternità” della festa, ma sono tutte società dolciarie che avevano come fine ultimo la vendita dei propri prodotti.

Una di queste è la Mary’s Chocolate Company un’azienda di cioccolato di Tokyo che nel 1958 pare essere riuscita a far breccia nella popolazione con una campagna pubblicitaria con la conseguenza di riuscire a introdurre questa ricorrenza che da allora ha avuto un successo sempre maggiore, soprattutto tra i giovani.

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