MILANO – Negli Stati Uniti bar, caffetterie, ristoranti, palestre, e altri luoghi affollati al coperto avrebbero causato circa 8 nuove infezioni su 10 nei primi mesi dell’epidemia di Sars-Cov-2 oltre oceano. A puntare i riflettori su questi spazi chiusi è una nuova analisi pubblicata sulla rivista scientifica Nature QUI l’originale in inglese, che potrebbe aiutare in tutto il mondo le autorità alle prese con la programmazione di coprifuoco, lockdown parziali e altre misure in risposta a nuovi focolai del virus causa di Covid-19.
Lo scrive in un articolo il New York Times, dando largo spazio al lavoro.
Che in sintesi sostiene – come scritto nell’articolo originale di Nature– che lo studio conferma per gli Stati Uniti un trend globale già rilevato dagli studi sui tracciamenti e cioè che ristoranti, stanze di prova dei gruppi corali, case di riposo e altri ambiti chiusi affollati sono tra i principali luoghi in cui avvengono i cosiddetti “eventi superdiffusori”, che portano al contagio contemporaneo di un gran numero di persone.
Il team di ricerca ha mappato la mobilità di circa 98 milioni di persone in negozi di alimentari, chiese, hotel e bar. Lo studio, che ha utilizzato i dati relativi alla mobilità dei telefoni cellulari in 10 città degli Stati Uniti da marzo a maggio, fornisce anche una spiegazione del motivo per cui molti quartieri a basso reddito sono stati i più colpiti.
I locali pubblici in quelle comunità erano più affollati rispetto a quelli in zone più ricche e i residenti si spostavano in media di più, probabilmente a causa delle esigenze di lavoro, come hanno spiegato gli stessi autori.
I dati provenivano dalle aree metropolitane di Atlanta, Chicago, Dallas, Houston, Los Angeles, Miami, New York, Philadelphia, San Francisco e Washington D.C. I modelli relativi alle malattie infettive avevano già fornito stime simili sul rischio rappresentato da spazi interni affollati, ma tutti questi modelli sono soggetti a incertezze, dovute in gran parte a cambiamenti imprevisti nel comportamento della popolazione.
La nuova analisi fornisce stime più precise del peso di ogni tipo di locale sulle epidemie esplose nelle città, monitorando i movimenti, gli orari e tenendo conto delle riduzioni della mobilità dovute a restrizioni, lockdown o altri cambiamenti avvenuti durante quei primi mesi cruciali.
Nello studio non sono stati inclusi né scuole né uffici.
“(Negli stati uniti) I ristoranti sono risultati di gran lunga i luoghi più rischiosi, circa quattro volte più di palestre e caffetterie, seguiti dagli hotel” in termini di nuove infezioni
ha affermato in una conferenza Jure Leskovec, informatico dell’Università di Stanford e autore senior del nuovo studio, realizzato da studiosi di Stanford, della Northwestern University, di Microsoft Research e di Chan Zuckerberg Biohub.
I funzionari pubblici in tutta Europa e in alcune parti degli Stati Uniti, compreso il governatore del New Jersey Phil Murphy, hanno iniziato a istituire chiusure parziali di ristoranti e bar, o limitazioni di orari, poiché nelle ultime settimane sono aumentate le nuove infezioni.
A New York City, un picco di casi ha portato ad annunciare la sospensione delle attività alle 22 per bar e ristoranti.
Queste misure sono particolarmente importanti nelle aree a basso reddito, suggerisce il nuovo studio.
Le infezioni sono esplose in molte di queste comunità e il nuovo modello fornisce una probabile spiegazione: le sedi locali tendono ad essere più affollate che altrove.
I ricercatori hanno esaminato attentamente anche i negozi di alimentari, per comprendere le differenze tra le comunità ad alto e basso reddito.
In otto delle dieci città le velocità di trasmissione erano due volte più elevate nelle aree meno benestanti.
Ebbene, secondo lo studio i negozi di alimentari nei quartieri a basso reddito avevano quasi il 60% in più di persone nei locali per metro quadro. Anche gli acquirenti tendevano a rimanere lì più a lungo.
Nell’analisi, il team ha mappato la mobilità di circa 98 milioni di persone in negozi di alimentari, chiese, hotel e bar.
Concentrandosi sui locali pubblici al chiuso, i ricercatori possono anche modellare l’impatto di restrizioni parziali.
Limitare l’occupazione del ristorante a un quinto della capacità, ad esempio, ridurrebbe le nuove infezioni dell’80%, preservando al contempo circa il 60% dei clienti.
“Questi sono importanti compromessi”, ha detto Leskovec. “Il nostro lavoro evidenzia che non deve per forza essere tutto o niente”, quando si implementano le restrizioni.