BOLOGNA – Il Gruppo Ima ha riunito all’interno dell’Hotel dei Portici diverse realtà del settore, per una giornata di conferenze focalizzate sui trend attuali e futuri del mercato caffeicolo. Un’Open House all’insegna della condivisione di know-how e analisi approfondite, con un’attenzione particolare sull’innovazione.
Che oggi prosegue con la visita alla fabbrica centrale del Gruppo Ima a Ozzano Emilia (Bologna) dove saranno esposti i gioielli di famiglia.
All’apertura, due figure di rilievo hanno introdotto gli altri relatori: Andrej Godina, caffesperto e dottore in Tecnologia e Economia dell’industria di caffè assieme a Klaus Peters, General Manager del gruppo bolognese.
“Global consumer trends in the coffee market”: di Mara Magro, Senior Research Manager Hot Drinks per Euromonitor
Un quadro dettagliato sui più recenti sviluppi del mercato che principalmente ha visto imporsi le capsule per l’uso domestico e negli uffici. Con in parallelo il consumo del caffè solubile. Forte anche il Ready to drink, che sta conquistando soprattutto il Nord America. In particolare declinato nelle varianti del Frappuccino, e del Cold Brew. Un prodotto che per il momento ha difficoltà a penetrare solo in tre paesi che per tradizione hanno una forte cultura del caffè freddo locale: il Portogallo, la Grecia e l’Italia.
L’Asia è un territorio che storicamente è legato a un’altra bevanda, ovvero il tè
Ma che negli ultimi tempi si è aperto verso il caffè. Grazie soprattutto a due elementi trainanti: la presenza sempre più capillare dei Coffee Shops e della bevanda solubile. Un ulteriore possibile sviluppo in questo senso, è rappresentato dalle coffee bag, molto simili per principio alle bustine da tè.
Per quanto riguarda le nuove abitudini di consumo, le ultime generazioni sono alla ricerca di brand più attenti al cibo salutare e che abbiano considerato nella loro strategia un impatto sociale.
Gerardo Patacconi, capo delle operazioni Ico (International coffee organization) ha parlato al convegno Ima su: “Coffee growing sustainability and ethical sourcing”
L’intervento è partito dal principio stesso di sostenibilità del caffè: che cosa significa con esattezza? Innanzitutto è da analizzare l’aspetto economico. Che, oggi, resta il punto fondamentale. Con il calo dei prezzi, molti piccoli produttori rischiano di abbandonare la coltivazione per scappare dalla povertà. Rinunciando così a investire sul prodotto.
Questo rappresenta un grosso rischio, in quanto, se tale trend procede, esso avrà un impatto su tutta la filiera. Con una conseguente migrazione e la prevalenza assoluta di Brasile e Vietnam in termini di produzione. A discapito ovviamente della sopravvivenza dei piccoli paesi di produzione. Un fenomeno che, in caso di un effettivo cambiamento climatico, espone al rischio di restare senza materia prima.
Il secondo tema trattato: quali sono i trend?
Nel 2050 si prevede una crescita demografica che va dai 7 miliardi e 200 milioni ai 9 miliardi e 600 milioni. Ciò comporta un impatto ambientale da una parte e, dall’altra, una possibilità in termine di consumi. Un dato positivo, ma saremo in grado di rispondere a questa domanda?
Se si continua con un trend al 2%, nel 2050 si dovranno produrre 300 milioni di sacchi di caffè. Siamo in grado di farlo?
E poi, l’impatto del cambiamento climatico, al momento, è drammatico: nel 2050, metà della produzione non sarà più disponibile. Ci sono quindi opportunità e rischi. Uno è quello di vedere ridotte le origini e la diversificazione. Se non si applicano delle politiche ambientali in termini di tecnologie, ci saranno quindi meno prodotti.
Nel medio termine, il problema è l’over-supply, e viceversa nel lungo termine. Stimando che almeno li 25% dei produttori non riesce a oltrepassare l’ostacolo del prezzo, è chiaro che verrà abbandonata la produzione della materia prima.
La sostenibilità oggi è soprattutto economica e ambientale, in termini di domanda per il lungo termine
La soluzione è collaborare con tutte le realtà della filiera, per la realizzazione di nuove tecnologie, nuovi investimenti e il sostegno ai piccoli produttori.
Chahan Yeretzian, dell’Università Zhaw in passato membro del vertice Sca (Specialty coffee association) per Gruppo Ima
Il docente e ricercatore di fama mondiale ha parlato del mondo della torrefazione e quello della chimica che dialogano. Con l’obiettivo di comprendere dal punto di vista scientifico la trasformazione del chicco verde in tostato, attraverso i diversi processi chimici. E poi, per osservare come il processo di tostatura possa collegarsi alla fase avanzata di packaging. Per conservare il più inalterata possibile la freschezza della materia prima.
Tanti temi sul tappeto al convegno del Gruppo Ima
Dalle trasformazioni dovute all’attività dell’acqua, alle modalità di misurazione di un parametro sfuggente come quello della freschezza del caffè tostato in tazza. Fino a cercare di comprendere quale sia la modalità migliore per conservare le caratteristiche aromatiche del caffè, una volta aperta la confezione.
Toccata anche la tematica scottante, soprattutto dal punto di vista del consumatore oltre che del torrefattore, dello sviluppo di furano e acrilammide.
La parola a Martina Fong, Unit Manager-Packaging per Ami Consulting: “Capsules market trends”
Quando la discussione verte sulle capsule, inevitabilmente emerge anche il problema della sostenibilità del materiale utilizzato. Attualmente la tendenza, da un punto di vista funzionale e economico, verte ancora sull’impiego della plastica. Al secondo posto ha dei buoni margini l’alluminio.
La via invece delle soluzioni compostabili esiste, ma poco battuta
Per quanto, in un futuro ideale il business dovrà prendere questa direzione, oggi la realtà è ben diversa. Esistono dei prodotti del tutto riciclabili, ma sono ancora in via di sperimentazione e, soprattutto, non sono attraenti per quanto riguarda il prezzo al consumatore finale.
“Environmental challenges related to coffee capsules”, di Laura Peano. Consulente Senior della sostenibilità per Quantis International e Simone Pedrazzini, Direttore Quantis Milano
Al convegno del Gruppo Ima hanno parlato due dirigenti di Quantis una compagnia che aiuta le altre realtà a valutare il loro impatto sull’ambiente, per poi trovare insieme delle soluzioni sostenibili. L’indagine di ricerca, ancora una volta, ricade sulle capsule e sulle variabili da considerare in termini di packaging.
I risultati emersi, hanno gettato nuova luce su alcuni preconcetti ad esempio relativi alla bioplastica
Non sempre è davvero una soluzione ideale, se si parla della prima generazione di capsule realizzate con questo materiale. Allo stesso modo, per quanto sia più interessante in termini di riciclo il polylactide (Pla), esso provoca la deforestazione in alcuni Paesi. E non solo perché risulta anche la scelta peggiore per quanto riguarda l’impatto sull’inquinamento dell’acqua.
Solo la seconda generazione di bioplastica è un’alternativa valida per quanto riguarda l’impatto ambientale.
Klaus Peters “Ima Strategic approach and offer in the Coffee business”
Una panoramica sul percorso che ha portato Ima a puntare sul settore del caffè. Un nuovo business rispetto a quello del tè, sul quale il gruppo aveva in parte posto le sue basi almeno inizialmente. Ora, l’obiettivo del Gruppo è quello di offrire delle soluzioni complete ai propri clienti.
L’acquisizione di Gima, Mapster, Petroncini, Spreafico, Tecmar e la partnership con Cimbria è frutto della scelta di formare un gruppo forte a livello globale. Coprendo i diversi aspetti dello stesso settore: dalla tostatura, al packaging, sino alle capsule.
L’ultimo a esporre: Andrea Clementini, Ceo Caffitaly: “Ima Coffee case history – Caffitaly Factory”
La storia di un caso italiano di successo, che ha fatto del monoporzionato il suo cavallo di battaglia. Dal 2008 in collaborazione con il Gruppo Ima, Caffitaly ha scelto di porsi sul mercato in maniera aperta con un business flessibile. E per questo ha registrato una crescita importante dal momento della sua apertura, raccogliendo numerosi brand dall’Australia al Brasile.