domenica 22 Dicembre 2024
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Andrea Illy al 4° ceo & global leaders forum per la sostenibilità

Il presidente dell'azienda: “La crisi climatica ci impone di accelerare sugli investimenti per la resilienza della caffeicoltura. Serve un approccio di risk management per mobilitare la finanza internazionale, collaborazione pubblico-privata e trasparenza sull’utilizzo dei big data per la valutazione dei rischi”

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BOGOTÀ – “Da trent’anni è in corso un processo positivo di decomodizzazione dell’industria del caffè che ha convertito almeno il 10% del caffè del mondo in caffè di alta qualità. La crisi climatica catastrofica oggi alza però il livello della sfida e costringe ad accelerare esponenzialmente questo percorso: secondo le previsioni dell’Ipcc infatti, quando raggiungeremo +1,5 gradi di aumento della temperatura gli eventi climatici saranno moltiplicati per 2 in termini di frequenza e intensità e, superati i 2 gradi, saranno moltiplicati per 3. Sarà sempre più difficile assicurare la produzione, con gravi ricadute sulle comunità rurali.”

Il discorso di Andrea Illy

Così Andrea Illy, presidente di illycaffè, durante il suo keynote speech a Bogotà in occasione del 4° ceo & global leaders forum, l’iniziativa organizzata dall’International coffee organization per promuovere il confronto fra i responsabili della filiera del caffè, la seconda merce più scambiata al mondo che produce un impatto rilevante sull’economia e sull’ambiente a livello globale.

“È evidente, dunque” ha continuato Illy “che bisogna aumentare almeno in pari misura gli investimenti per la resilienza della caffeicoltura, attualmente insufficienti. L’ultimo dato disponibile è di 350 milioni di dollari investiti in sostenibilità nella totalità dei Paesi produttori.”

“Per triplicare questo investimento servono risorse straordinarie, che possono essere trovate sui mercati finanziari, sempre più liquidi e attenti al tema della sostenibilità. Il problema non è dunque accedere ai capitali, né generare ritorni adeguati.”

“L’agricoltura rigenerativa produce infatti non solo benefici agronomici in termini di produttività e qualità, ma permette anche ai produttori di offrire al mercato i servizi ecosistemici.”

“In particolare dà accesso al carbon trading, un mercato che può raggiungere un potenziale pari a quello del caffè verde e che permetterebbe alle industrie del caffè di fare insetting, neutralizzando le emissioni all’interno della propria catena del valore”.

Il progetto di big data

Per mobilitare la finanza internazionale, ha precisato illy, è però necessario un approccio di risk management che permetta di identificare tutti i rischi con approccio sistemico, valutarli economicamente e, di conseguenza, decidere il profilo di rischio accettabile, nonché la mappa dei rischi non accettabili sui quali allocare gli investimenti.

Per attivare questo processo è necessario però accedere ai dati che oggi non sono o non vengono resi disponibili, e dunque una trasparenza e una collaborazione mai esistiti prima.

“Un progetto di big data e di finanza internazionale, per il benessere di centinaia di milioni di stakeholder: una grande sfida, che necessita di una governance capace di cambiare i paradigmi del settore e abbattere le divisioni storiche tra produttori e consumatori, per creare una partnership pubblico privata che coinvolga tutti gli attori” ha spiegato.

L’esistenza di un circolo virtuoso che lega il benessere che il caffè dà ai Paesi consumatori con lo sviluppo che crea per i Paesi produttori, alimentato da sempre maggiore qualità sostenibile, trasferimento di conoscenza e investimenti, è stata sancita in occasione di Expo 2015 dalla Milano Coffee Legacy.

Third wave

Da allora questo ciclo si è ulteriormente rafforzato grazie all’ulteriore aumento della differenziazione – tramite il movimento della Third wave innescato da piccole torrefazioni, che fanno un prodotto artigianale -, dal riconoscimento, anche a livello istituzionale, dei benefici del caffè per la salute e dalla ricerca per l’adattamento al cambiamento climatico, che ha visto l’avvento dell’agricoltura rigenerativa e lo sviluppo di nuove varietà più resistenti e qualitative.

L’agricoltura rigenerativa, in particolare, ha dimostrato che arricchendo i terreni di materia organica si possono fornire soluzioni sia per l’adattamento della caffeicoltura al cambiamento climatico, sia per la mitigazione del cambio climatico stesso, grazie alla diminuzione dell’impronta di carbonio sia, infine, per la rigenerazione di ecosistemi degradati. Tutto ciò permette di contribuire in modo sostanziale agli obiettivi definiti negli Accordi di Parigi e al raggiungimento degli SDGs.

La London Declaration dell’Ico del 2019 e le task force che sono state costituite sono finalizzate a rafforzare ulteriormente questo circolo virtuoso, affrontando con un approccio collaborativo i problemi ancora irrisolti, quali la frammentazione della caffeicoltura in micro-piantagioni, le condizioni di vita dei produttori, la trasparenza e volatilità dei mercati, la resilienza delle aree di produzione.

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