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sabato 02 Novembre 2024
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Ile Douce, nel futuro: “Caffetteria e pasticceria procedano insieme”

Barbato: "Formiamo i ragazzi noi stessi a 360 gradi: tutti in questo modo sono pronti a preparare l’espresso e il cappuccino. Questo ci ha permesso di preparare dalle 7.30 alle 18.00 omelette, toast, crepes, insomma sia dolce che salato, abbinandoli ai caffè alternativi. French Press, filtrati, il syphon, il caffè turco, la moka: stiamo investendo per proporre una colazione alternativa. Ci divertiamo di più sulla caffetteria."

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MILANO – Nei paraggi di uno dei punti nevralgici del movimento milanese, Garibaldi, esiste un luogo in cui pasticceria e specialty si siedono insieme al tavolo – e non al banco – per una scelta fortemente voluta dai gestori del locale: il suo nome è Ile Douce Milano, dove Fabrizio Barbato e sua moglie Angela Carantini hanno realizzato un progetto di servizio e offerta da tre chicchi e tre tazzine secondo la Guida Bar d’Italia.

Ile Douce si presenta online con una frase che colpisce: “Ognuno lascia la sua impronta nel luogo che sente appartenergli di più” Murakami Haruki

Racconta Barbato: “Ho scelto quella frase per spiegare la nostra mission aziendale, che nasce un po’ da quello che è stato il mio trascorso e percorso professionale: non ho sempre studiato per diventare pasticcere né arrivo da una storia legata alla ristorazione. La mia famiglia lavora nell’informatica e io sono laureato in giurisprudenza.

Eppure, sentivo che il mio posto non era dietro a una scrivania o nell’assumere un ruolo nell’azienda di casa. La mia vocazione era un lavoro in cui si sporca le mani e si fanno tanti sacrifici. Questa è la mia passione e nel mio piccolo cerco di lasciare una mia impronta.

Nel 2013, 2014, sono stati gli anni in cui mi sono laureato e da lì ho maturato la consapevolezza che avrei voluto fare il pasticcere. A 25 anni la mia strada sembrava già scritta, in provincia di Benevento, un’azienda di famiglia: ho deciso invece di mollare tutto e per seguire la passione.

Non ho scelto io di fare questo lavoro, ma è il lavoro che ha scelto me. Da questo è stato sviluppato il progetto d’Ile Douce assieme a tutte le nostre scelte, dall’offerta al servizio, che vanno nella stessa direzione e sono forti, a volte impopolari, senza dubbio.”

Scelte impopolari?

“Ne abbiamo fatte tante, soprattutto nel post lockdown, dopo un lungo periodo passato a fare diverse riflessioni. Per noi il Covid è stata un’occasione di crescita, come spesso accade nei momenti di crisi. Ci ha restituito il tempo per riorganizzarci e capire cosa volessimo fare in futuro. Con un contesto così nuovo e instabile, abbiamo deciso di aumentare la qualità all’inverosimile: solo l’eccellenza avrebbe pagato. L’alternativa era puntare sui grandi numeri, ma non è qualcosa che possiamo fare.

Il cappuccio Ile Douce (foto concessa)

Abbiamo quindi insistito sul servizio, che è diventato come quello di un ristorante: non esiste la consumazione al banco né il self service. Noi facciamo solo servizio a tavolo. Abbiamo un banco solo per due posti, in cui al massimo si può consumare il caffè. Che costa ancora un euro.

Questa è un’altra decisione su cui mi sono impuntato e che sono riuscito a sostenere avendo un controllo di gestione importante: siamo riusciti ad ammortizzare questo prezzo basso e il cappuccio a un euro e 50, facendo un’ottima analisi dei costi. Abbiamo servito un monorigine Messico di Lady Caffè come soluzione da tutta la giornata e poi degli specialty coffee in monorigine per i filtrati e le estrazioni alternative.

Anche questa è stata un po’ una sfida che però ci siamo sentiti di dover cogliere, perché quando qualcuno beve un caffè che non è perfetto, dà poi la colpa al dolce: allora abbiamo puntato sulla qualità anche della tazzina.

Attualmente invece proponiamo di Caffè Carnera la loro “terza stagione” come House blend, che è un 60% Brasile e 40% Etiopia, con tostatura diversa per il filtro.

In questo percorso siamo stati affiancati dal Gruppo Cimbali e Faema, con cui abbiamo cominciato a collaborare nel 2019 per degli eventi sulla colazione moderna. Abbiamo conosciuto uno dei loro trainer, Alessandro Gianmatteo, che ancora oggi ci segue per la formazione e le estrazioni o bevande alternative. Abbiamo molta clientela internazionale e dobbiamo esser in grado a rispondere a queste esigenze.

Un’altra scelta impopolare, è stata quella di non vendere il ginseng. Tanti vanno via perché non lo abbiamo in carta, ma noi continuiamo su questa strada. Cerchiamo anche di spiegare ai clienti di non mettere lo zucchero nell’espresso. Il caffè lungo un’altra cosa ancora: estraiamo la bevanda servendo dell’acqua calda a parte.

Spieghiamo che abbiamo tutto settato per un risultato in tazza la quantità del caffè giusto per l’espresso e allungarlo rovinerebbero le caratteristiche organolettiche della monorigine.”

Ma come riesce a continuare con un euro a tazzina, ancor più trattandosi di specialty e monorigine?

“Effettivamente su questo punto, ultimamente mi sto scontrando parecchio con mia moglie, ma ancora non cedo. Semplicemente perché secondo me l’italiano vive di gesti. Siamo molto scaramantici e gesticoliamo parecchio: il caffè a un euro vale di più come simbolo che come margine. Preferisco guadagnare di più su un biscotto, aumentando il prezzo su quel prodotto, piuttosto che applicarlo sul caffè. Rispettiamo comunque il lavoro della filiera alle origini. Proprio per questo ci è piaciuto e abbiamo scelto Lady Caffè, che traccia i suoi prodotti di cui conosciamo tutto. Il caffè lo paghiamo il giusto. Noi, non il cliente finale.”

Colazione da Ile Douce: cosa troviamo?

La distesa di croissant (foto concessa)

“Una distesa sterminata di croissant, con tante farciture e ripieni. Quello su cui stiamo insistendo tanto è la linea di colazioni espresse: ho compiuto il salto da giurisprudenza a pasticcere negli hotel a grandi stelle. Noi dopo il Covid, momento in cui abbiamo vissuto la carenza di personale – noi abbiamo perso due ragazzi che hanno cambiato lavoro – abbiamo tenuto un solo cameriere e poi tutti i pasticceri a turno, un giorno alla settimana fanno la sala.

Venerdì, sabato e domenica sono in servizio e il resto del tempo sono in laboratorio: risolviamo così non solo la mancanza di dipendenti, ma così stimoliamo diversificando le mansioni. Formiamo i ragazzi noi stessi a 360 gradi: tutti in questo modo sono pronti a preparare l’espresso e il cappuccino.

La colazione salata (foto concessa)

Questo ci ha permesso di preparare dalle 7.30 alle 18.00 omelette, toast, crepes, insomma sia dolce che salato, abbinandoli ai caffè alternativi. French Press, filtrati, il syphon, il caffè turco, la moka: stiamo investendo per proporre una colazione alternativa. Ci divertiamo di più sulla caffetteria. A partire da questo 2023, spingeremo ancor di più su questo punto.

Vogliamo creare come in Nord Europa e in Australia, un po’ capitale di specialty e roastery, un reparto dedicato alla caffetteria. Non due entità separate quindi, per dare alla caffetteria la stessa dignità della pasticceria. Stiamo pensando quindi di apportare delle modifiche all’interno del locale per permetterci di allestire lo spazio. Abbiamo circa 40 posti a sedere tra dentro e fuori e crediamo di riuscire a fare un buon lavoro anche su quello.

Per quanto riguarda i macchinari, ci affidiamo a una Faema E71, Groundbreaker Faema.”

L’idea della pasticceria del futuro e quindi dell’Ile Douce?

“Non facciamo più da asporto: perché vogliamo far vivere l’esperienza gustativa direttamente da noi. Serviamo i dolci nei piatti di Dregrenne, per dar loro un tocco unico. La caffetteria e la pasticceria devono procedere insieme. Puntiamo all’artigianalità e alla personalizzazione: non abbiamo stampi, lavoriamo con meno zuccheri e grassi mantenendo una buona identità nei sapori. Investiamo tanto sulla ricerca della materia prima, con i ragazzi e i produttori.”

Capitolo sostenibilità: cosa fate in questi termini nel vostro locale?

“Stiamo lavorando su questo tema da un po’ di tempo, ispirandoci anche ad altri partner: l’agriturismo Ferdy Wild di Lenna (provincia di Bergamo) investe proprio nel discorso sostenibilità legato al packaging – quasi tutto compostabile, riciclato ed ecosostenibile – e con i loro suggerimenti stiamo convertendo tutto in questo senso. Le nostre attrezzature sono a bassissimo consumo ed emissione di CO2. Abbiamo fatto un forte investimento nel laboratorio per esser all’avanguardia. Essendo in un condominio non possiamo installare i fotovoltaici, ma lo avremmo fatto, perché noi ci crediamo.”

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