TRIESTE — Il tema della Corporate Social Responsability – o Csr, secondo l’acronimo inglese – è stato al centro di una tavola rotonda organizzata il 26 ottobre nell’area Meet2Learn di Triestespresso Campus edizione 2018. Titolo inglese dell’evento: “Round table: which are the new coffee businesses behind the CSR – Corporate Social Responsability”.
A moderare l’incontro, Andrej Godina di Umami Area. Ospiti: Fabrizio Polojaz – Associazione Caffè Trieste, Maurizio Morini – CSR Manager Network Italia, Michele Cannone – Lavazza, Mario Bruscino – Interkom, Davide Costa – foodchain, Corinna Pape – Ettli coffee roastery.
Nelle dibatti si è cercato di capire come la Csr possa fornire all’operatore del settore caffè nuove opportunità di business. Andrej Godina, direttore artistico di Triestespresso Campus, ha fortemente voluto un programma solamente dedicato al tema della responsabilità sociale d’impresa applicata alla catena di produzione del caffè.
La tavola rotonda ha rappresentato uno spaccato d’eccezione sull’argomento che è stato affrontato da diverse angolature e punti di vista. Gli ospiti invitati a discutere questo argomento rappresentavano, in qualche modo, tutti gli anelli della lunga catena di produzione del caffè. Ecco alcune delle considerazioni emerse:
Fabrizio Polojaz, titolare della torrefazione Primo Aroma e presidente di Associazione caffè Trieste:
La responsabilità sociale è una definizione nuova, di questi ultimi anni, è una combinazione sintattica nuova in parole: la sua traduzione può essere riassunta in3 punti che vanno sottolineati quando si parla di Csr. Il primo è il rispetto verso il prodotto, il secondo è il rispetto verso gli addetti impiegati nelle aziende, il terzo è il rispetto nei confronti del cliente. Rispetto e responsabilità sociale sono quindi sinonimi. Non dimentichiamo che alla domanda “Qual’è il caffè migliore?” probabilmente la risposta è “Quello che si condivide con un amico, in compagnia”, spesso il caffè è un momento di convivialità e di piacere sensoriale. Questa sottolineatura aiuta la filiera per cogliere l’aspetto sociale e non solamente di prodotto che ruota attorno alla tazzina di espresso e da cui non si può prescindere.
Maurizio Morini, titolare di Best Advanced, socio di Csr Manager Network Italia:
La responsabilità sociale è il nuovo modo di gestire e organizzare le aziende in una visione globale, di mondo globalizzato al fine di raggiungere i goals di responsabilità e che permette di coinvolgere in modo efficace e cosciente anche il consumatore. Il processo di coinvolgimento dei soggetti protagonisti all’interno della catena di produzione del caffè deve tenere presente anche il barista, egli è una figura fondamentale. In altri settori come quello del vino e dell’olio di oliva è già avvenuto un processo di cambiamento: anche nel campo del caffè deve succedere la stessa cosa, il barista deve iniziare a offrire al cliente più scelte di acquisto. E’ necessario partire da due opzioni ad un prezzo base per poi salire incrementando il costo, aumentando al qualità, ciò significa operare consapevolmente affiancando a prezzi differenti un’adeguata politica di comunicazione sul prodotto.
Corinna Pape, titolare della torrefazione Ettli e socia fondatrice di Social Entrepreneur Network Germany:
Sulla filiera di produzione del caffè non manca solamente la trasparenza ma anche il coinvolgimento degli operatori sulla filiera che, se coinvolti nel modo giusto, possono essere portatori e moltiplicatori di informazioni al consumatore. E’ importante sulla catena di produzione interconnettere le persone coinvolte nella produzione del caffè al fine di rendere questo processo più interessante e divertente. Questo processo di coinvolgimento deve alla fine arrivare al consumatore, deve renderlo partecipe sugli argomenti della filiera, coinvolgerlo al fine di permettere una maggiore sostenibilità.
Davide Costa, titolare di Food Chain, block chain technology for food:
La block chain technology deriva dalla tecnologia utilizzata per il mercato dei bit coin che è stata applicata alla food chain. Parola chiave di questo processo è la trasparenza, cioè ogni informazione scritta sulla food chain è portata in evidenza al consumatore con la garanzia che questa informazione non è modificabile e portare informazioni al consumatore. Maggiori informazioni al consumatore significa rendere l’atto di acquisto e di consumo maggiormente consapevole consentendo di coinvolgere emotivamente il consumatore al fine di renderlo disponibile a pagare un prezzo maggiormente sostenibile per la filiera. Su 10 consumatori sicuramente 7 vogliono sapere di più sul prodotto che acquistano ma solamente due sono disponibili ad accedere alle informazioni attraverso per esempio la scansione di un QR Code: su questo argomento tutti devono lavorare di più, aiutare il consumatore a prendere l’abitudine a sapere di più sulla filiera di produzione.
Michele Cannone, Head of Food Service Marketing di Lavazza:
Per rendere il consumatore più cosciente di ciò che sta consumando e per essere maggiormente socialmente responsabile è fondamentale chiarire cosa vuol dire essere sostenibili: sostenibilità non è beneficenza. Su questo argomento è importante che tutta la filiera di produzione del caffè deve essere coinvolta per iniziare questo processo di maggiore consapevolezza sulla tazza di caffè che il consumatore acquista giornalmente.
Dal punto di vista del barista il prezzo del caffè al bar di 1 euro per tazzina è davvero troppo basso. In Italia e nelle grandi città l’affitto dei locali è molto elevato, la pressione fiscale è alta, il costo del personale è elevato: tutto ciò rende quel euro non sostenibile da un punto di vista imprenditoriale. Il prezzo della tazzina nell’immaginario del barista non può salire, la paura di perdere clientela per questo motivo è alta, effettivamente oggi nella gran parte dei casi il consumatore non è ancora pronto per un aumento. Cosa si può afre per uscire da questo labirinto? E’ necessario lavorare tutti assieme per divulgare cultura sul prodotto e rendere cosciente il consumatore affinché sia maggiormente disposto a pagare un prezzo più alto della tazzina.
Mario Bruscino – direttore di Interkom, società di trading nel campo del caffè verde:
Dopo numerosi viaggi di lavoro nei Paesi di origine per visitare piantagioni di caffè è più facile comprendere quanto sia difficile e duro il lavoro del coltivatore del caffè. La sfida odierna è quella di riuscire a trasferire questa esperienza al consumatore. Renderlo consapevole di questo lavoro svolto in piantagione. Questa è la sfida più importante. Non è più sostenibile pagare una tazzina di caffè al bar solamente un euro. Quale la soluzione? Sicuramente un fattore chiave è quello di comunicare più informazioni agli operatori della filiera di produzione. E divulgarle efficacemente anche al consumatore.
Andrej Godina, presidente di Umami Area:
“Da qualche tempo sono coinvolto direttamente nell’attività di gestione di una piantagione di caffè. E quindi nella produzione di un caffè di qualità in Honduras con la finca Rio Colorado. Sono 45 ettari di terra nell’Honduras occidentale. Credo fermamente che il coinvolgimento dei singoli anelli della catena di produzione del caffè nel primo step di produzione è fondamentale. Le informazioni e le relazioni personali e il coinvolgimento degli operatori inizia in piantagione. Per questo motivo a Triestespresso Expo è stato invitato il capataz di finca Rio Colorado, Francisco Villeda Panchito. Un’azione concreta di responsabilità sociale supportata da Triestespresso Expo.
Oggi un’efficiente comunicazione delle informazioni sull’intera block chain è doverosa. Il coinvolgimento del personale delle aziende coinvolte è d’obbligo. Così come è imperativo il trasferimento di cultura del caffè di qualità al consumatore. L’occasione della direttiva dell’UE sulla Csr deve essere un’opportunità da cogliere. Questo per evolvere la filiera del caffè attuale e renderla socialmente responsabile. Una filiera che deve rispettare tutti i soggetti coinvolti. E che deve essere in grado di portare benessere, guadagno e felicità per tutti”.
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