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La Starbucks Reserve roastery in Italia: il ritorno a Milano, dove è nato il sogno

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MILANO – Oggi, Starbucks è una destinazione ben nota alla comunità agli operatori del settore del caffè. Ma tempo fa, la visione di ciò che poi sarebbe stato, è nata proprio in Italia. Questa settimana, il sogno è tornato indietro alla sua terra d’origine. Quando lo Starbucks in Italia ha aperto le sue porte, di venerdì mattina, a Milano.

Non è uno Starbucks qualsiasi. Non avrebbe potuto esserlo. Non se si intendeva veramente omaggiare la cultura italia che ha ispirato il brand. Avrebbe dovuto essere il più sensazionale tra gli Starbucks.

Il sogno del ritorno in Italia

La Roastery di Milano è situata nella storica ex sede delle Poste, un quadrato trafficato della città, nella stilosa Piazza Cordusio. Si tratta della terza Roastery nel mondo, dopo Seattle e Shangai, aperte nel 2014 e nel 2017.

La Roastery di Milano offrirà un’Arabica tostata sul luogo, che deriva da 30 Paesi. Inoltre, del cibo appena sfornato dal panettiere locale Rocco Princi.

La presentazione della Roastery

Una melodia che Howard Schultz ha suonato nella sua testa per gli ultimi 35 anni della sua vita. La stessa aria -“Nessun dorma“, dall’atto finale del Turandot di Giacomo Puccini – ha fatto da eco attraverso lo spazio della Roastery milanese.

Mentre l’orchestra suona nella registrazione con la voce di Luciano Pavarotti, Schultz si aggira lentamente nel locale. Con gli occhi in movimento lungo tutta la stanza. Si posano sulla verde e vibrante tostatrice Scolari. Sul pavimento-soffitto, che descrive la storia della compagnia. Tutti i pezzi grossi della compagnia e i partner, lo osservano in selenzio rispettoso.

Il sogno del passato al futuro

La prima volta che Schultz ha visitato Milano è stata nel 1983 e, com’è noto, è stato piuttosto importante nella sua vita. E’ qui che è nata l’idea che poi si è concretizzata nel colosso della catena americana.

liz muller
Liz Muller

La nuova Roastery è stata progettata da Liz Muller, al fine di rendere fisicamente l’idea di questo lungo percorso. Un tributo alla cultura italiana del caffè che ha aiutato a dare forma a Starbucks. Una celebrazione di tutto ciò che la compagnia ha appreso negli anni, sull’arte e la scienza del caffè.

Uscendo a fine giornata, Schultz, si è fermato sui gradini dell’edificio storico e si è voltato a guardare la Roastery. “Cosa posso dire?” ha affermato piano. Sorridendo e scuotendo la testa.

Le nonne

giampaolo grossi
Giampaolo Grossi

Per gli italiani, il tema del caffè riporta indietro inevitabilmente, al ricordo delle nonne. Giampaolo Grossi, il general manager della Starbucks Roastery a Milano, è cresciuto a Firenze. Dopo che sua madre è morta di cancro, quando lui aveva appena 6 anni, sua nonna ha contribuito alla sua crescita.

“Il caffè per me significa un senso di connessione che amiamo. Che mi riporta indietro da mia nonna, che è stata per me come una madre.”

“Mi ricordo di quando un mio amico venne a casa per pranzare con mio padre e mia nonna. Alla fine del pasto, lei ha chiesto ‘Vorreste un caffè?’. E ne ha preparato uno perfetto, come in un ristorante. Ricordo di aver detto ‘ Hey nonna, per favore, non voglio scocciarti con altri lavori, è un mio caro amico’. Lei ha scosso la testa. In questa casa, ha detto a suo nipote, il caffè lo facciamo bene.

“Questo è quanto vogliamo fare alla Roastery. Creare una connessione attraverso ogni tazza. A volte, per le persone l’esperienza perfetta sarebbe quella di andarsene velocemente; altre invece, sarà quella di godersi qualche ora qui e provare qualcosa di nuovo. E’ possibile che commetteremo errori. Ma sono i benvenuti. Non possiamo certo sbagliarci nell’essere felici e nel divertirci. Non posso accettarlo.”

L’arriviamo bar

Sul soppalco si trova il luogo dove l’aperitivo di Starbucks diventa realtà. Con più di 100 ricette, tra cockatil nuovi e quelli tradizionali. 

Carlo Marchelli sta in piedi dietro il bancone in marmo, dal blocco di Calacatta Macchia Vecchia. Sta creando uno dei drink simbolo del bar.

Starbucks partner Carlo Marchelli (Joshua Trujillo, Starbucks)

“E’ un drink molto speciale. Rappresenta bene la Roastery. Si può bere a strati, oppure dal fondo alla cima, oppure puoi buttarlo giù tutto.” Ha detto Marcello. “Qui puoi ordinare un espresso e andartene. Oppure stare tre ore e mangiare un gelato, bere un cold brew. O anche fare aperitivo.”

Marchelli ha raccontato che i suoi nonni possiedono una casa nelle Alpi al confine tra Italia e Francia. E il suo ricordo migliore sono le estati passate in quel luogo. “Il caffè sono ricordi. In Italia, tutti dicono sempre, odorando il caffè ‘Mi ricorda la casa di mia nonna’.

“Durante l’allenamento, ho estratto il mio primo caffè con la Coffee Press. Le mie mani stavano tremano un pochino. Ho contato ogni secondo di ogni minuto di infusione. Mi sono sentito come se stessi facendo una scalata. Ogni secondo un passo. Ogni passo qualcuno da ringraziare per aver condiviso con me questa avventura.

Poi è arrivato il momento di spingere. Forse sono un po’ troppo emotivo, ma è stato come fosse passata un’ora. Stavo vivendo la cosa in slow motion, come nei film.”

L’epicentro

Prima di diventare la prima donna roaster in Europa per Starbucks, Michela Marinelli ha lavorato come impiegata d’ufficio a Palermo.

Tra i roaster, Michela Marinelli(Joshua Trujillo, Starbucks)

“Lavoravo per una società d’assicurazione. Restavo seduta per otto ore, finendo sempre alle sei”. Poi il suo matrimonio è terminato. “Mi sono detta ‘Ok, forse devo cambiare ancora di più. Sai che quando perdi tutto, vuoi fare qualcosa di completamente diverso. Questo è il momento per farlo.

Marinelli, 37 anni, ha deciso così di imparare l’inglese e andare a Londra

“Avevo bisogno di trovare lavoro e sono andata da Starbucks. L’ho sempre visto nei film ed ero curiosa.” Si è proposta come barista e così ha cominciato. Cinque mesi dopo, è diventata supervisore. Poi, un giorno, il suo manager le ha parlato dell’opportunità di Milano.

Ha ottenuto il lavoro e poi ha viaggiato per il mondo, preparandosi come coffee roaster. Alla Roastery di Milano, lavora nell’epicentro di questo nuovo spazio: la tostatrice Scolari, costruita proprio fuori Milano.

Le lacrime

Starbucks partner Junior Mouhamadou Issa (Joshua Trujillo, Starbucks)

Tre anni fa,  Junior Mouhamadou Issa stava fuggendo dal suo paese di Benin, nell’ovest dell’Africa, per salvarsi la vita. Aveva con sé solo 20 euro e i vestiti sulle spalle, dopo che una guerriglia nel suo villaggio aveva ucciso suo padre.

In Italia era al sicuro, ma si è sentito completamente perduto. Poi, la sua fortuna ha cominciato a girare. Una famiglia di Milano che ha sentito la storia di Issa, lo ha invitato a trasferirsi da loro. Lo hanno quindi aiutato a ritornare a scuola, a studiare finanza. Lo hanno sostenuto nella preparazione del Cv e lo hanno portato al colloquio per lavorare da Starbucks. A febbraio, è stato assunto per lavorare nella Roastery.

L’ora ventenne, lavora nella Roastery di Milano. La parte preferita del bar da Issa, è nella fine, la prima stazione di affogato della compagnia. Dove gli operatori preparano il gelato con l’azoto liquido. Qui è dove il ceo Starbucks Kevin Johnson e altri leader dell’azienda, si sono seduti di fronte a lui durante la settimana.

Il sacrificio

Quando si è trasferito a Milano, cinque anni fa, Sithum Dissanayake non parlava bene l’italiano. In Sri Lanka, faceva l’addetto alle vendite, ma, a causa della barriera linguistica, ha dovuto ricominciare da capo a Milano. Lavorando come lavapiatti alla panetteria di Princi.

“Quando pulivo, finivo sempre il compito velocemente e così aiutavo in cucina. Ho lavorato delle ore extra, volevo imparare qualcosa. Un giorno, si è aperta una posizione in cucina e così il Signor Rocco mi ha chiesto di aiutarlo.”

Dissanayake è diventato un cameriere, poi l’aiuto cuoco e ora è il panettiere che lavora nella panetteria di Princi dentro la Roastery di Milano.

La melodia

Melody Marino ha lavorato per la prima volta in uno Starbucks, circa vent’anni fa. Originaria di Milano, ora quarantaquatrenne, si è trasferita a Londra nel 1999. Ha lavorato in un piccolo ristorante di famiglia e ha imparato l’inglese dai film sulla magia.

Poi si è imbattuta in uno Starbucks e ha deciso di prendersi un caffè, nonostante fosse scettica. Non avrebbe mai immaginato che quel caffè sarebbe diventato non solo il suo lavoro, ma anche la sua famiglia.

In seguito, per assistere la madre malata, Marino è tornata a Milano. Ed è qui che si è candidata per lavorare nella Roastery.

Gli italiani conoscono il caffè. Ma qui comunichiamo qualcosa che va oltre un buon espresso. Ero scettica anch’io un tempo, ma Starbucks porta innovazione, futuro.”

Le Poste italiane

Chi lavorava nel Palazzo delle Poste di Milano (Joshua Trujillo, Starbucks)

“Siamo molto emozionati perché, per molti anni questo è stato il luogo di lavoro, un po’ come se fosse una casa.” Così ha detto Menegazzo. “Questo è un pezzo di storia nella città di Milano. Ci sono così tanti ricordi qui, e sono molto felice che questo edificio storico sia stato riportato in vita.”

Lo stabile ha cambiato il distretto finanziario e degli affari, in un centro vivace per il turismo nel corso degli anni. Ma Menegazzo è contento di questa evoluzione.

Il posto ha la stessa energia di un tempo. Le persone facevano la fila alle Poste e condividevano le loro storie durante l’attesa. Ora, i vicini, i cittadini e i turisti, si possono incontrare alla Roastery e fare la stessa cosa. Solo, intanto che si godono un buon caffè.

 

 

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