Il senso del gusto potrebbe essere “illusorio”. Il piacere che deriva dal consumo di un alimento non dipende, infatti, soltanto dal suo sapore: deriva anche dalla sua consistenza, dal suo colore e dal suono che produce durante la masticazione.
Ad affermarlo, in un editoriale pubblicato sul giornale New Yorker, è Charles Spence, psicologo dell’Università di Oxford (Regno Unito).
L’esperto ha condotto diversi studi sull’argomento, dimostrando che spesso vista, udito e tatto contano quasi quanto il gusto.
Il ricercatore, nel corso di vari esperimenti, ha individuato i diversi elementi che influenzano il sapore di un cibo.
Innanzitutto il suono: un’analisi ha dimostrato che le patatine vengono ritenute più o meno fresche, a seconda del rumore che emettono mentre vengono mangiate.
In secondo luogo il colore: Spence ha osservato che una mousse ha un sapore più dolce del 10% se viene mangiata in un contenitore bianco piuttosto che in uno nero.
Allo stesso modo, il gusto del caffè è giudicato più intenso se viene bevuto in una tazza bianca, invece che in una trasparente.
Conta anche la consistenza: uno studio ha rilevato che i biscotti sembrano più croccanti se possiedono una superficie liscia.
Infine, anche l’aspetto gioca un ruolo fondamentale: le possibilità che i consumatori al supermercato preferiscano succhi di frutta con l’etichetta concava (che assomiglia a un sorriso) sono due volte maggiori, rispetto alle probabilità che scelgano prodotti con l’etichetta convessa (che, invece, ricorda un volto aggrottato).
Oltre ad aver condotto queste ricerche, l’autore ha anche analizzato altri eventi che hanno confermato la sua ipotesi.
Per esempio, ricorda quanto successo nel 2011 alla Coca Cola: l’azienda ha ricevuto numerose proteste per aver cambiato la ricetta della bevanda, nonostante avesse soltanto modificata la lattina.
Queste evidenze dimostrano, secondo Spence, che il senso del gusto non è isolato dagli altri. Al contrario: vista, udito e tatto contribuiscono a creare la sensazione sperimentazione mentre si assapora un alimento.
E tutto questo vale anche per il caffè e il cappuccino come ha confermato l’esperimento dell’Ancap-Lab al recente Host (FOTO).