venerdì 27 Dicembre 2024
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E l’espresso non va all’Unesco, Caballini: “Forte delusione, ma noi non molleremo”

Il presidente del Consorzio: "Se abbiamo sbagliato qualcosa, lo capiremo e lo miglioreremo. Anche se a mio avviso non abbiamo sbagliato nulla, a partire dal video che ha racchiuso tutte le caratteristiche del culto, del rito, della socialità e continuando con la giornata dedicata a questo rito, il 26 marzo. Studieremo ancora di più."

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MILANO – Neppure il 2022 è l’anno del riconoscimento Unesco per il rito del caffè espresso italiano. Ad esser scelto è stato un altro dossier che effettivamente rappresenta un altro tratto culturale importante del Bel Paese: l’arte dell’Opera lirica. Un momento di pausa per la candidatura della tazzina tricolore che pure aveva trovato coese le comunità emblematiche di tutto lo Stivale, con la firma appassionata di molti protagonisti di un comparto che spinge l’economia italiana, da Antonio Quarta per Lecce, ad Arturo Morettino per la Sicilia.

Recita la nota ufficiale dal sito Unesco, dopo la riunione a Roma: “Il consiglio direttivo della commissione nazionale italiana per l’Unesco, sotto la presidenza di Franco Bernabè, ha approvato per il ciclo 2023 “The art of the italian Opera singing”.

La decisione è seguita ad un attento esame delle candidature proposte che includevano, oltre alla prescelta, anche quella intitolata “The italian espresso coffee between culture, ritual, sociality and literature in the emblematic communities from Venice to Naples”, un dossier che è stato molto apprezzato dai membri del direttivo.”

Questa ovviamente è soltanto un altro intoppo di un percorso iniziato nel 2014 e che sappiamo troverà ancora pronto a riprovare chi ha fatto partire tutto dal principio: il conte Giorgio Caballini di Sassoferrato, presidente del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale.

Unesco: si ritenta, senza mollare, con lo spirito di condivisione, socialità, che da sempre contraddistingue questa iniziativa

Il conte ci ha raggiunto, fresco della comunicazione ufficiale: “Ci riproveremo ancora. C’è un proverbio inglese che dice: try and try and if you fail, try again. Così mi ha insegnato mio padre.

È una forte delusione perché ero convinto che avessimo fatto le cose in modo molto buono e propositivo, soprattutto in relazione al bisogno di ritrovare la socialità tra le persone.

E’ un colpo di freno a ciò che abbiamo fatto fin qui, con la realizzazione di un video documentario che è un capolavoro. Il consiglio direttivo avrà comunque ritenuto che l’Opera fosse qualcosa di più rappresentativo della socialità.

L’espresso italiano è di tutti. Vedremo le motivazioni ufficiali che hanno portato a scartare il nostro dossier.

Non ci fermiamo, per quanto mi riguarda.

Decideremo cosa fare con il Consorzio: abbiamo fatto 90 e faremo 100. Ci siamo mostrati coesi così come aveva richiesto la commissione. Hanno apprezzato di più l’Opera come “evoluzione del linguaggio italiano nel diciassettesimo secolo nell’Italia Centrale” (così recita la nota ufficiale n.d.r.), rispetto ad un rito sociale che coinvolge tutti, al di là di religione, del genere, del reddito.

Una tradizione che cercheremo di far considerare ancora all’Unesco. Non molliamo neppure un po’. Se abbiamo sbagliato qualcosa, lo capiremo e lo miglioreremo.

Anche se a mio avviso non abbiamo sbagliato nulla, a partire dal video che ha racchiuso tutte le caratteristiche del culto, del rito, della socialità e continuando con la giornata dedicata a questo rito, il 26 marzo.

Studieremo ancora di più.”

Luigi Morello concluderemo:

Luigi Morello Business Unit Director di Gruppo Cimbali
Luigi Morello è il responsabile del comitato tecnico per il rito del caffè espresso italiano

“Io non volevo crederci. Sicuramente l’Opera lirica merita il riconoscimento Unesco e fa parte della cultura italiana. Però, nel momento storico che stiamo vivendo, il caffè avrebbe dovuto meritare di più.

Per due motivi: uno perché nel momento storico attuale, che ci vede uscire in parte dalla pandemia, un rito che unisce come quello dell’espresso, che invita al ritorno alla convivialità, avrebbe celebrato la ripartenza.

Secondo, perché il caffè come simbolo di ottimismo e di rilancio, permette a tutta la filiera di rinascere, contribuendo al valore immateriale e non solo economico dell’intero settore.

Il caffè è unico. Riesce a trasmettere l’intangibilità della passione, dell’arte, lungo la filiera. Non è solo legato al momento del consumo, che ne è l’apice, ma è una bevanda che racchiude i valori di una tradizione che si trasferiscono su tutta la catena, animata in ogni sua fase dalla stessa passione e convivialità.

A partire dal produttore del chicco nei Paesi d’origine, sino all’ultimo cliente che lo beve, attraverso a chi lo tosta, lo seleziona con cura, lo trasforma macinandolo ed infine erogandolo.

Ogni passaggio è una trasmissione culturale e dei valori dell’italianità.

In assoluto, questo era il giusto momento per ottenere il riconoscimento. Non ci aspettavamo questo risultato, non dopo il grande lavoro che ha visto tutti coinvolti e che ci ha visto impegnati dal 2014.

Quest’anno c’è stata una forte coesione di tutte le comunità emblematiche e per questo ci sembrava che potessimo essere arrivati al punto di ottenerlo.

Certo non era scontato, la decisione ultima andava alla commissione, e alla fine non è andata comunque.

E’ un peccato: ora era il momento ideale per tutta la comunità italiana di passare.

Ma non vuole dire che abbandoneremo la causa: riproporremo il dossier appena saranno riaperte le candidature, uniti e compatti nell’andare avanti.”

 

Antonio Quarta ha commentato subito, a caldo, emozionato:

Quarta antonio quarta caffè
Antonio Quarta patron della Quarta Caffè di Lecce

“Questa è una notizia che ci lascia senza parole. Con tutto il rispetto dell’Opera, è stata una decisione determinata da motivazioni che esulano dal valore e dell’importanza delle candidature stesse. Non si possono paragonare i due dossier.

Il rito del caffè italiano, come ho già detto altre volte, avrebbe dovuto esser già riconosciuto ad honorem in quanto fenomeno sociale, abitudine così rappresentativa che è unica al mondo.

Non ha senso questa trafila burocratica. Purtroppo si perde quasi l’entusiasmo.

Noi naturalmente lo riproporremo. Nella vita si deve sempre dare il massimo impegno e avere la coscienza pulita, senza rimpianti.

Tutti coloro che si sono prodigati per cercare di ottenere questo risultato, non hanno nulla da rimpiangere. E difficile vedere sfumata questa occasione dopo la tanta partecipazione di tutti quelli che hanno partecipato coesi.

Lo stesso Ministero si è smentito: loro volevano che ci presentassimo uniti e noi più di così non potevamo fare, eravamo fusi in una miscela di entusiasmo e di ottimismo, convinti di passare. Ci abbiamo messo il massimo. Ma alla fine, resta il gusto agrodolce.

Penso che tutti gli italiani ne rimarranno delusi. Quando si parla di riconoscimento di un bene immateriale dell’umanità, si deve parlare di qualcosa di condiviso da quante più persone possibile.

E l’opera lirica non è per tutti.

Il rito dell’espresso italiano si merita di esser insignito al di là di tutto. Quasi farei una proposta: auto attribuiamoci questo riconoscimento. Patrimonio universale immateriale dell’umanità: lo auto proclamerei così.

Un abbraccio di conforto va a tutti, al conte Caballini in primis, che ha infuso e trasmesso il suo impegno e il suo entusiasmo straordinario. Io seguirò le attività del Consorzio con la mia azienda e supporterò ancora la candidatura. ”

 

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