MILANO – Mai così in basso da oltre 4 anni e mezzo. Il contratto per scadenza ravvicinata di New York è sceso a nuovi minimi venerdì scorso violando al ribasso la soglia dei 110 centesimi per libbra e chiudendo la giornata a 109,10 centesimi.
Per trovare un valore più basso abbiamo dovuto spingerci a ritroso nelle tabelle excel del nostro archivio sino ai primi mesi del 2009, più esattamente al 16 marzo di quell’anno, quando il contratto spot, ormai prossimo a scadenza, chiuse a 108,85 cents.
Nei giorni successivi i prezzi risalirono in area 110 centesimi trovando un supporto sufficiente per mantenersi, da quel momento in poi, ben al di sopra della soglia suddetta.
A partire da giugno 2010 subentrava quindi la fase rialzista che ha contraddistinto l’inizio di questo decennio, culminata con i picchi storici di oltre 3 dollari per libbra registrati a marzo 2011.
Toccati i massimi, la bolla speculativa si è progressivamente sgonfiata e si è instaurato un ciclo ribassista, che ben si rispecchia nell’andamento, quasi costantemente al ribasso, delle medie mensili dell’indicatore composto Ico, passato dai 231,24 cents di aprile 2011 ai 111,82 cents del mese scorso.
Si tratta della più lunga striscia negativa dal 1993 a oggi.
Il sentiment è condiviso anche dal Liffe, che è sceso, sempre venerdì, a 1.559 sterline per libbra, livello minimo sulla scadenza ravvicinata dal 23 giugno del 2010.
Si ricordi che non più tardi di 2 settimane fa (14/10), giochi speculativi a breve avevano spinto il contratto londinese per scadenza novembre a un picco di 1.734 dollari.
Il tutto mentre l’indice Thomson Reuters CRB ha guadagnato, nel terzo trimestre, quasi il 4% (pur perdendo il 2% a settembre) mettendo a segno la migliore performance da un anno a questa parte, grazie in particolare all’esuberanza dell’oro (+8%).
A deprimere al momento il prezzi del caffè è, in primo luogo, la prospettiva di raccolti abbondanti anche per il 2013/14.
Secondo le cifre ufficiali Usda, contenute nella circolare semestrale di giugno, il bilancio domanda-offerta sarà positivo anche quest’anno, con un surplus produttivo stimato in 4,46 milioni di sacchi, che andrebbe ad aggiungersi a quello già accumulato nel 2012/13 (sempre secondo le cifre Usda, molto diverse da quelle dell’Ico) di una decina di milioni di sacchi.
Alcune fonti indipendenti sono, sotto certi versi, ancora più ottimiste e ipotizzano per quest’anno un raccolto mondiale di poco inferiore a quello record dell’annata appena trascorsa.
Sarà interessante vedere quali saranno le prime proiezioni dell’Ico, che per il momento non ha ancora fornito nei suoi report mensili nessuna indicazione, nemmeno di massima, sulla possibile entità del raccolto mondiale 2013/14.
Gli scenari degli analisti rimangono intanto permeati da un sentiment bearish.
Scommette al ribasso Macquarie Group, che ha considerevolmente rivisto in negativo le sue previsioni sull’andamento della borsa di New York di qui alla fine del 2014, a fronte del delinearsi di uno scenario di “sovrapproduzione strutturale”.
Ecco i valori riveduti e corretti diffusi, di recente, dagli specialisti del colosso finanziario australiano (tra parentesi, la variazione al ribasso rispetto alla previsione precedente):
- Q4 2013: 115 cents per lb (-20 cents/lb)
- Q1 2014: 117 cents/l (-23 cents/lb)
- Q2 2014: 120 cents/lb, (-32 cents/lb)
- Q3 2014: 107 cents/lb, (-40 cents/lb)
- Q4 2014: 105 cents/lb, (-50 cents/lb)
Qualora la previsione si avverasse, l’ultimo trimestre 2014 segnerebbe la media più bassa degli ultimi 8 anni.
Mentre la domanda di arabica seguiterà a crescere a un ritmo superiore al 2% annuo (+2,3% quest’anno e +2,6% nel 2014/15), il bilancio mondiale continuerà a evidenziare un sostanziale surplus di offerta.
Analogo il destino dei robusta, i cui prezzi scenderanno nella prospettiva di un abbondante raccolto vietnamita stimato da Macquarie in 29 milioni di sacchi.
Per il 2014 si prevede un prezzo medio di 1.606 dollari/tonnellata, che spingerebbe il Liffe ai minimi degli ultimi 4 anni.
Tagli alle stime anche per Goldman Sachs Group, sebbene con aspettative di prezzo lievemente superiori.
La banca d’affari newyorchese ha rivisto in negativo le sue previsioni sulle quotazioni sul mercato “C” degli arabica e prevede ora un valore indicativo di 120 cents a 3, 6 e 12 mesi, contro i 130 cents indicati lo scorso mese.
“I prezzi hanno subito un’ulteriore flessione a settembre risentendo di un raccolto colombiano superiore alle previsioni, ma anche dei positivi sviluppi meteo in Brasile” ha scritto in un report l’analista di Goldman Sachs Damien Courvalin.
Sulla stessa lunghezza d’onda il colosso tedesco Commerzbank Ag, che sottolinea come la caduta dei prezzi degli arabica sia intervenuta nonostante il real (la moneta brasiliana, ndr.) abbia recuperato quasi il 10% sul dollaro rispetto ai minimi di agosto.
Su una forte ripresa produttiva della Colombia è pronta a scommettere anche l’autorevole analista statunitense Judith Ganes-Chase, secondo la quale il raccolto 2013/14 potrebbe raggiungere i 12 milioni di sacchi tornando ad attestarsi dunque sulla medie storiche del decennio trascorso.
“La ruggine del caffè è sotto controllo e i nuovi arbusti stanno entrando i produzione” ha dichiarato Ganes-Chase, che non esclude un’ulteriore risalita a 13-14 milioni di sacchi nell’annata successiva, con un raccolto che si avvicinerebbe ai picchi dei primi anni novanta.
E le aspettative sono grandi anche in Brasile dove si parla già di “supersafra”. Ossia di un super raccolto che potrebbe arrivare a raggiungere i 60 milioni di sacchi.
Il tutto naturalmente secondo la scala di misure degli analisti privati, molto diversa da quella delle stime ufficiali.
Prendendo a riferimento i valori di Conab si potrebbe ipotizzare (tenendo in conto le variazioni relative di cui sopra) un raccolto da almeno 52,5-53 milioni di sacchi.
Siamo naturalmente nel campo delle congetture, poiché non sarà possibile avere un’idea concreta sulla reale entità della produzione brasiliana prima di un mese-un mese e mezzo.
E rimane intanto da commercializzare buona parte del raccolto 2013/14.
A fine settembre risultava venduto appena il 37% della produzione di quest’anno, contro una media storica, per tale data, solitamente attorno al 47%, secondo le stime della Confederazione brasiliana degli agricoltori e degli allevatori (Cna).
Il dato riflette anche le misure messe in atto dal governo di Brasilia, in particolare le aste di opzioni volte a creare un floor price per i produttori.
I prezzi interni rimangono comunque depressi e in molti casi insufficienti, secondo Cna, a coprire i costi di produzione.
Una preoccupazione condivisa dall’istituto Cepea, dell’Università di San Paolo, che osservava la scorsa settimana come gli esportatori brasiliani abbiano difficoltà a ricostituire gli stock, poiché i produttori limitano al minimo le vendite nell’attesa di prezzi più remunerativi.
Procafé mette invece in guardia sul rischio che i prezzi troppo bassi possano scoraggiare gli investimenti in fertilizzanti e pesticidi, limitando il potenziale del prossimo raccolto.
L’impiego ridotto di fertilizzanti potrebbe esacerbare i problemi già causati dal dilavamento del terreno dovuto alle forti piogge, mentre il minor utilizzo di mezzi chimici rischierebbe di favorire il proliferare dei parassiti.
Continua intanto l’emergenza roya in America centrale, dove i livelli di incidenza del fungo raggiungono in alcune regioni l’80% e la produzione 2012/13 (contando anche il Messico) ha subito un calo del 14,7% sull’annata precedente (dato Ico).
L’impatto potrebbe essere ancora più duro nel 2013/14, per effetto dello stress delle piante e degli interventi fitosanitari di sradicamento.
Si parla di un danno superiore al mezzo miliardo di dollari, con la perdita di 370 mila posti di lavoro.
Ma i prezzi non sembrano risentire più di tanto della situazione, anche perché l’export dai 9 paesi latino americani produttori di caffè lavati (centro America, Messico, Colombia Perù e Repubblica Dominicana) ha raggiunto i 23,4 milioni di sacchi nel 2012/13 (+4,47%), pur subendo a settembre un calo di quasi il 10%.