lunedì 23 Dicembre 2024
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Pos sì oppure no? Così il bar Mi e Ti provoca : “Che i clienti paghino la commissione”

Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe Confcommercio: “Obbligare un esercente a incassare l’euro di un caffè con la carta di credito vuol dire costringerlo a lavorare in perdita, in cui il costo della transazione si mangia tutto il margine. O si cancella l’obbligo per gli esercenti di accettare bancomat e carte di credito per i pagamenti di importi bassi o si azzerano le commissioni fino a 25 euro”

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Il dibattito tra l’utilizzo del Pos e dei contanti al bar si fa sempre più acceso. Ad alimentare la fiamma Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio, che ha sostenuto la sua preoccupazione circa le difficoltà da parte degli esercenti di sostenere le commissioni su micropagamenti con il Pos (ne abbiamo parlato qui).

Da allora si sono create due fazioni ben distinte: i sostenitori del Pos e i detrattori dei pagamenti elettronici. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sul quotidiano web Altovicentinoonline.

I pagamenti con il Pos al bar

THIENE (Vicenza) – Migliaia i commenti che hanno affollato la pagina di Altovicentino Online, in risposta ad un articolo pubblicato mercoledì 7 dicembre dalla redazione, che ha riportato un argomento trattato da Quotidiano Nazionale, nel quale Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio, affermava la sua preoccupazione circa le difficoltà da parte degli esercenti di sostenere le commissioni su micropagamenti con il Pos, demonizzandone la procedura.

“Obbligare un esercente a incassare l’euro di un caffè con la carta di credito vuol dire costringerlo a lavorare in perdita, in cui il costo della transazione si mangia tutto il margine. O si cancella l’obbligo per gli esercenti di accettare bancomat e carte di credito per i pagamenti di importi bassi o si azzerano le commissioni fino a 25 euro”.

Le dichiarazioni di Cursano hanno fatto infuocare il web, dando vita ad una lunga discussione tra esercenti e clienti, la quale ha messo in luce la grande confusione che aleggia attorno a costi e ricavi sul caffè. Una spaccatura importante tra chi sostiene che i baristi marcino un po’ troppo sul rincaro del caffè e chi dichiara quanto sia difficile sostenerne i costi facendo pagare il caffè con carta.

A questo punto occorre fare un doveroso passo indietro e, dati alla mano e matematica dalla nostra parte, definire il più possibile la situazione che tanto fomenta i cittadini.

La provocazione della barista thienese Bar Mi e Ti di Rozzampia: “Chi usa il Pos si paghi le commissioni”

Tra i commentatori, anche i baristi che dividono anch’essi in sostenitori del Pos e chi invece denuncia questa possibilità, etichettandola come “mancanza di rispetto verso il gestore del Bar”.

Altri come il bar “Mi e Ti” di Rozzampia, azzardano una proposta: “Ma perché non far pagare la commissione a chi usa il bancomat? …se vuoi un servizio te lo paghi …se vai dal benzinaio il servizio te lo paghi … se vai a sciare lo SkiPass te lo paghi …usi il bancomat ? Ti paghi le commissioni… punto”. Al suo pensiero si aggiungono altri gestori che elencano i contributi, tasse e canoni da pagare, appoggiando il pensiero del collega e ringraziando i clienti che capiscono il perché degli aumenti di prezzo.

Scendono in campo anche i benzinai che aggiungono: “Io gestore carburanti prendo al litro 3 centesimi …..Ok ? Perché devo regalarne 120 alla banca. Per dare un servizio al cliente? Allora facciamo che se vuoi usare la carta la commissione la paga il cliente vediamo poi se gli sta bene. Perché non volete capire che è una forma di pagamento privato”.

Ma non tutti sono d’accordo, ricordando ai commercianti che il reale prezzo di vendita è inferiore rispetto a quanto loro propongono e suggeriscono metodi alternativi per non pagare più commissioni.

Ecco i reali ricavi sul caffè

“Se il vicepresidente di Confcommercio non sa che esistono Pos che annullano anche totalmente le commissioni, non ha senso che ricopra questo ruolo”. Parla F.L. residente a Thiene il quale ha frequentato il corso di SAB (Somministrazione Cibi e Bevande) per l’apertura della sua attività gastronomica.

Come molti altri, sostiene che per tazzina di caffè pagata al bar con il Pos, è impossibile che il gestore del bar vada in perdita, come invece sostiene Cursano:

“Dovrebbe essere un dato di fatto scontato, non capisco come mai la gente si svegli adesso. Il caffè è il prodotto con più margine di profitto che tutte le attività di ristorazione dovrebbero avere. Al corso SAB tenuto da Confesercenti stesso al quale ho partecipato, è stato sottolineato più volte il fatto che il caffè è l’articolo con più rincaro che un bar possa avere, quindi perdere margine su un caffè vuol dire che non hai un bar ma la Caritas. C’è chi, al caffè accompagna acqua e cioccolatino: loro sono stupidi? Il cioccolatino è ampiamente ripagato come l’acqua”.

E per chi come il bar Mi e Ti tira in ballo il servizio, L. risponde: “Posso scegliere sia al ristorante che dal benzinaio se pagare in contanti o con il bancomat e il servizio costa lo stesso. Lo stesso per quanto riguarda lo SkiPass”. 

Affermazioni che puntano il dito quindi contro i baristi, i quali ribattono le accuse ricordando di aver avuto negli ultimi tempi aumenti di bollette, aumenti in diverse sezioni del loro business e per questi motivi giustificano il prezzo di vendita finale di una tazzina di caffè per il valore di circa 1,30€. Alcuni utenti sottolineano quanta differenza ci sia il prezzo di un caffè preso al nord e preso uno dei paesi del resto d’Italia.

I numeri alla mano

A questo punto alcuni tirano in ballo “il nero”, pochi “scontrini al sud”, “evasione fiscale accentuata al sud” e così anche il caffè servito in Sicilia a 0,80 centesimi con tanto di acqua e cioccolatino, diventa un’eccezione per chi lo scontrino non lo fa. Se la situazione evasione fiscale deve essere controllata in tutta Italia, una delle strade più gestibili, logiche ed attuabili da subito torna ad essere proprio quella strisciata di Pos che permette di tracciare tutto, senza lasciar scampo a supposizioni.

D’altra parte basta chiedere su Google “quanto costa un Kg di caffè”. Illy  è una delle più prestigiose ed è un’azienda selettiva, che non permette a tutti i bar di avere la propria miscela.

Quindi prendendo in considerazione l’esempio più costoso, se un kg di caffè costa 32,90€, andremo a verificare che: 1000grammi di caffè diviso 7 grammi per fare un caffè sono 142. 32,90€ diviso 142 caffè che possiamo ottenere con un kg, otteniamo 23 centesimi a caffè, e questo è un dato di fatto matematico che nessuno può ribattere.

“Logicamente si aggiungeranno tutte le spese come luce, gas, zucchero, acqua, dipendenti, Siae, e chi più ne ha più ne metta, ma arrivare a dire che un barista perde con i caffè non si può proprio sentire. La stessa cosa vale per la pizza (acqua e farina di base, fatevi due conti)”dichiara F.L.

Un bar, o Cafè per l’appunto, è un locale nel quale questa bevanda viene richiesta e  consumata ordinariamente, quindi diventa un articolo fondamentale e trainante per gli affari del pubblico esercizio.

Chi cerca un bar, solitamente un caffè lo beve. Secondo una statistica del 2021 di YouGov, una delle principali società di ricerche di mercato globali, su campione di 1.032 persone rappresentative della popolazione adulta italiana, il consumo di caffè è abbastanza diffuso fuori casa, per l’82% il caffè si prende al bar.

Il tutto parte da una scelta importante: quale banca scegliere quando si ha in mano un’impresa?

Le opzioni sono varie, come riportano diversi utenti sulla pagina Facebook della nostra redazione. E’ possibile quindi scegliere una banca che permetta di avere una commissione ridotta se non addirittura nulla al di sotto di importi come 10 o 15€, oppure optare per realtà che permettono di azzerare completamente le commissioni.

App come Satispay infatti permettono all’esercente di avere il servizio gratuito per transazioni fino a 10 euro, con una commissione fissa di 20 centesimi per tutti gli importi superiori a questa cifra.

In questo modo un caffè pagato con carta non andrà a gravare sulle tasche dell’imprenditore e il cliente potrà beneficiare di un servizio che permette, non solo di acquistare più prodotti senza preoccuparsi di avere abbastanza contante, ma favorisce la legalità come passaggio di denaro falso, resi sbagliati, scontrini e tracciabilità.

Il caffè diventa quindi un piacere da servire e da acquistare. Quindi se tutto ciò è vero ed è così semplice, una scelta del genere che gioverebbe tantissimo agli imprenditori, a chi a questo punto pesterebbe i piedi?

E, alla luce quindi di quanto è emerso, delle informazioni raccolte e dell’analisi realizzata, una domanda sorge spontanea: il caffè è diventato un lusso? E perché allora un caffè costa ancora attorno a 1.20€?

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