MILANO – A Pasqua manca poco più di un mese e già nelle vetrine sono apparse le uova di cioccolato. «Puro fondente», mi assicura a voce un pasticciere. Cioè realizzato con solo burro di cacao. Puro? Butto lì a caso. Ma non è la parola vietata dall’Europa? «Sì, ma vada un po’ in giro a leggere le tavolette di cioccolato e vedrà». Vado.
E compro in due diversi punti vendita quattro marche, tre notissime una meno, tutte con la parola proibita sull’involucro. Addirittura su una tavoletta appare in oro e vistosa, sulle altre invece è microscopica, mentre le percentuali giganteggiano: cioccolato al 57%, al 70%, all’ 85%.
Dal dicembre 2010 l’Ue considera ingannevole la dicitura «cioccolato puro» sull’etichetta. Questa formula indicherebbe «una qualità del prodotto non riconosciuta». Assurdo. In sostanza hanno vinto le lobby dei Paesi del Nord che producono il cioccolato con grassi vegetali alternativi.
Tre mesi fa poi, l’Ue ha messo in mora l’ Italia perché ancora non ha varato una legge che rispecchi le disposizioni di Bruxelles. Così nel frattempo le nostre aziende continuano a usare la parola proibita, puntando sulle percentuali.
Un’associazione di consumatori, l’Aduc, sostiene polemicamente che «l’Ue vuole formaggio senza latte, vino senza uva, aranciata senza arance e non vuole il vero cioccolato italiano».
Conclusione? L’uovo di Pasqua per ora va bene, non è impuro!
Antonio Lubrano