MILANO – Gli altissimi prezzi attuali dovrebbero essere una manna per i produttori di caffè, ma anche questi ultimi – in realtà – non hanno un gran da festeggiare. Perché ciò che fa oggi la loro fortuna potrebbe diventare domani la loro rovina. Questa la realtà paradossale che emerge da un’inchiesta realizzata per il New York Times da Peter S. Goodman, che è andato in Honduras a tastare il polso del locale comparto del caffè. Cominciando dalla Finca El Puente, nel sud-ovest del paese.
L’Honduras è il primo produttore di caffè dell’America centrale e l’ottavo al mondo. I suoi arabica lavati hanno costituito, per molti anni, la massima parte delle scorte certificate della borsa di New York, anche se lo scettro è passato oggi ai caffè brasiliani.
Le quotazioni dell’Ice Arabica sono più che raddoppiate da un anno a questa parte, ma i due proprietari – Marysabel Caballero, quarta generazione di una famiglia di produttori di caffè, assieme al marito Moisés Herrera – non ostentano ottimismo, appaiono anzi alquanto preoccupati.
L’eterno pessimismo del contadino? Purtroppo il loro stato d’animo non calza questo stereotipo ed è bensì alimentato da preoccupazioni reali.
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