MILANO – La Cina è entrata ormai nel novero dei grandi mercati mondiali del caffè. Qualche cifra sul mercato cinese: nel 2020/21, le importazioni sono state di 3,8 milioni di sacchi, in crescita di quasi il 30% rispetto all’annata precedente. Seppure in calo, la produzione si mantiene sopra gli 1,7 milioni. Il mercato interno vale quasi 16 miliardi di dollari e continua non soltanto a crescere, ma anche a evolversi in modo molto dinamico.
Abbiamo preso questi dati da un nuovo report del servizio informativo estero del Dipartimento Usa dell’agricoltura (Usda), che delinea le caratteristiche di questo immenso mercato.
I consumi si concentrano nelle metropoli di prima fascia (Pechino, Shanghai, Guangzhou and Shenzhen), anche se si osserva un notevole dinamismo pure nelle città di seconda e terza fascia. Quali le caratteristiche del consumatore medio? Generalmente, un livello di istruzione elevato e un buon tenore di vita. Il consumo pro capite rimane però ancora basso: appena 2-3 tazze alla settimana.
Ma il crescere del reddito disponibile allargherà ulteriormente la platea dei consumatori, già stimata in oltre 350 milioni di persone. Prevalgono le donne, che contano per quasi i due terzi (65%) degli acquisti.
Sul versante della produzione, il report prevede il raccolto 2021/22 in flessione a 1,75 milioni di sacchi, lontano dagli oltre 2,5 milioni raggiunti nella seconda metà del decennio trascorso.
L’interesse dei grandi marchi per il caffè cinese rimane considerevole, con Nestlé e Starbucks che continuano a investire nel supporto agronomico e nella commercializzazione dei chicchi raccolti nello Yunnan.
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