Il gianduiotto di Torino sembra essere vicino nell’ottenere il tanto ambito riconoscimento dell’Igp (indicazione geografica protetta) e del relativo disciplinare. Il dolce simbolo del capoluogo del Piemonte sarà un caso unico poiché richiederà, come ingrediente, l’utilizzo di un’altra Igp, ovvero la Nocciola Piemonte. Leggiamo di seguito l’articolo di Jacopo Fontaneto pubblicato su la Repubblica.
Il riconoscimento Igp al gianduiotto di Torino
TORINO – A forma di prisma, con un peso variabile e una quota di Nocciola Piemonte Igp tostata che va dal 30% al 45%. Nessuno era mai riuscito a incardinare, con regole ferree, la produzione del gianduiotto di Torino: ora, invece, sembra addirittura vicino il riconoscimento dell’Igp (indicazione geografica protetta) e del relativo disciplinare.
Quattro anni fa è nato un comitato promotore che, con il presidente Guido Castagna e il segretario Antonio Borra, vede diverse prime firme come Guido Gobino, Davide Maddaleno (Barbero), poi Bruna e Giorgio Peyrano quali presidenti onorari, e ancora Franco Ughetti, Marco Vacchieri e Giorgia e Giuliana Fagiolo Peirano.
Il progetto ha coinvolto quattro facoltà universitarie: ognuna ha compiuto le proprie ricerche e contribuito alla stesura di una proposta di disciplinare. Gli studi hanno riguardato decine di gianduiotti, sia artigianali che industriali, indagati sotto ogni aspetto.
Ovviamente il disciplinare detta caratteristiche organolettiche precise: odore intenso con sensazioni di nocciola tostata, cacao, cioccolato; sapore dolce, intenso e persistente con leggero finale amaro; aroma intenso e persistente con sensazioni di nocciola tostata, cacao, cioccolato e vaniglia.
Quanto a sensazioni tattili, in bocca il prodotto si presenta molto morbido, solubile e adesivo, mentre l’astringenza è molto scarsa.
Il gianduiotto di Torino Igp sarà un caso unico e curioso poiché richiederà, come ingrediente, l’utilizzo di un’altra Igp, ovvero la Nocciola Piemonte. Proprio grazie alle nocciole, il gianduiotto può essere considerato, osserva Castagna, come “il primo vero surrogato del cioccolato prodotto su larga scala: il cacao, infatti, rientrò tra le vittime dell’embargo napoleonico d’inizio Ottocento: i piemontesi aguzzarono l’inventiva e quel cioccolatino divenne così un golosissimo prodotto di culto”.
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