MILANO – C’è chi con un caffè bevuto al mattino tira avanti tutta la giornata e chi senza continue pause al bar proprio non vive. Se davanti a una tazzina non siamo tutti uguali, la ragione sta nel dna, la molecola della vita.
La quantità che ne consumiamo parrebbe infatti essere scritta nei geni. In particolare in un gene chiamato PDSS2. Per approfondire la questione, un team internazionale di scienziati ha deciso di andare a indagare proprio nella patria dell’espresso, l’Italia.
E ha scoperto che le persone con una particolare variante del gene PDSS2 tendono a bere meno caffè.
Il motivo potrebbe essere che questo gene riduce la capacità delle cellule di metabolizzare la caffeina, facendola rimanere nell’organismo più a lungo.
Lo studio, che si è guadagnato uno spazio tra le pagine della rivista Scientific Reports, è stato coordinato da Nicola Pirastu, dell’università di Edimburgo, e hanno partecipato anche l’olandese Erasmus Medical Center con PolyOmica, una compagnia di data analysis con base a Groningen.
L’Italia ha giocato un ruolo importante, con l’università di Trieste, l’istituto pediatrico Burlo Garofolo e i ricercatori dell’azienda Illy . Italiani sono anche i volontari sui quali è stata condotta la ricerca: 370 di Carlantino, in Puglia, e 843 di sei paesi del Friuli Venezia Giulia.
Ai volontari è stato chiesto quante tazzine di caffè consumassero ogni giorno e i risultati sono stati confrontati con quelli di un altrettanto nutrito gruppo di volontari reclutato in Olanda.
I ricercatori hanno infatti replicato lo studio in un gruppo di 1.731 persone dei Paesi Bassi. Il risultato ottenuto è stato simile, ma l’effetto del gene sul numero di tazze di caffè consumate è stato leggermente inferiore.
Questo, ipotizzano gli esperti, potrebbe essere dovuto ai diversi ‘stili’ di caffè che caratterizzano i due Paesi. In Italia la tazzina di espresso, in Olanda la tazza di caffè lungo che contiene in generale più caffeina.
I risultati si inseriscono nel binario tracciato da precedenti lavori che hanno identificato geni legati alle abitudini sul caffè, e gettano nuova luce sui meccanismi biologici del metabolismo della caffeina.
La variante del gene PDSS2
Incrociando i dati genetici con il numero di tazzine è emerso che c’è una relazione inversa tra la presenza di una variante del gene PDSS2 e la passione per il caffè: le persone che hanno questa variante tendono a consumare meno caffè.
Questo accade perché la variante del gene PDSS2 controlla un altro gene, specializzato nel regolare il metabolismo della caffeina. Quando quest’ultimo gene non viene attivato sufficientemente, la caffeina tende ad essere smaltita molto lentamente dall’organismo, ‘spegnendo’ il desiderio di bere un’altra tazzina.
Il risultato dello studio, ha detto Pirastu, conferma che “la tendenza a bere più caffè sia regolata dai geni”, indicata anche da numerose ricerche condotte in passato.
Per avere la conferma definitiva, ha concluso, sono necessarie ulteriori indagini, condotte su numeri più vasti di individui.
Ricerche ulteriori dovranno infine chiarire il meccanismo che mette in relazione il gene PDSS2 con il consumo di caffè.