domenica 22 Dicembre 2024
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Il fenomeno dello specialty spiegato dal Q grader Gianni Tratzi

Gianni Tratzi è q-grader e fondatore di mezzatazza: “Il termine specialty coffee si riferisce a dei chicchi di caffè verde di altissima qualità, con zero difetti gravi di produzione, con un grande potenziale aromatico. Questi chicchi, se estratti nel rispetto di standard ben definiti quando vengono analizzati da assaggiatori certificati prendono punteggi qualitativi che superano gli 80 punti in una scala che arriva sino a 100”

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MILANO – Il caffè è una delle bevande più rappresentative d’Italia. La sua popolarità sta aumentando ogni giorno che passa tanto da occuparne le pagine di media generalisti. Il mondo attorno al chicco sta cambiando e si sta evolvendo continuamente per accontentare anche i clienti più esigenti: un esempio è la diffusione del caffè specialty. Riportiamo di seguito l’articolo scritto da Chiara Buzzi e pubblicato sul portale Linkiesta.

Il caffè come fenomeno italiano

MILANO – Ultimamente abbiamo parlato tanto di caffè, affrontando il tema non solo da un punto di vista gustativo e qualitativo ma anche in alcuni suoi aspetti commerciali – perché che ne siate più o meno amanti, il caffè resta una delle bevande più rappresentative del made in Italy e del nostro paese. Il rito dell’espresso al banco, caldo e bevuto in un sorso, è qualcosa che culturalmente amiamo e ci appartiene e difficilmente può essere scardinato.

Nessuno ha infatti questo obiettivo ma è indubbio che chi possiede una caffetteria, una pasticceria e persino le torrefazioni con servizio di una volta, non può ignorare le tendenze verso il quale questo settore si sta progressivamente orientando.

Ci aveva in un certo modo provato anche Starbucks, con la scintillante roastery aperta in piazza Cordusio, dove sacchi interi di chicchi di caffè vengono lavorati a vista e la ricerca sul prodotto finale lavora a più livelli di complessità in termini di tostatura ed estrazione.

La diffusione dello specialty

Un tentativo nobile per suggerire una modalità diversa di consumo di questa bevanda che nonostante tutto non ha avuto la presa sperata e che oggi vede il brand rimettere in considerazione il suo investimento. Contemporaneamente, il termine specialty ha iniziato a diffondersi a macchia d’olio senza basi solide di know how tanto da parte della clientela quando da parte di chi – dentro al bancone – si propone di venderlo.

Ma cosa si intende effettivamente per specialty coffee? Lo abbiamo chiesto a Gianni Tratzi – Q-grader e fondatore di Mezzatazza Consulting – che ce lo spiegato alla lettera: “Il termine specialty coffee si riferisce a dei chicchi di caffè verde di altissima qualità, con zero difetti gravi di produzione, con un grande potenziale aromatico. Questi chicchi, se estratti nel rispetto di standard ben definiti quando vengono analizzati da assaggiatori certificati prendono punteggi qualitativi che superano gli 80 punti in una scala che arriva sino a 100”.

Sono dunque sempre più numerose le realtà che in aggiunta alla caffetteria tradizionale iniziano a inserire questa nuova tipologia di caffè in menu. Una pausa che a differenza del mordi e fuggi cui siamo abituati richiedere un lasso di tempo maggiore – dovuto ai tempi tecnici e alla tipologia di estrazione – e un’esperienza gustativa radicalmente diversa.

Il caffè specialty simile al vino

Spesso infatti si tende a paragonare il profilo aromatico di uno specialty a quello di un vino, proprio perché in bocca i sentori sono diversi, spaziano dalla frutta rossa a quella matura, le note speziate, il tabacco o il cioccolato. Anche la percentuale di caffeina è spesso inferiore e sicuramente in bocca, meglio distribuita rispetto a un classico espresso.

Un prodotto che difficilmente può essere paragonato al caffè tradizionale ma che – come molte produzioni testimoniano – sposa un maggior rispetto della pianta, dei tempi di crescita e maturazione, favorisce economie locali di luoghi remoti del mondo e spesso risulta anche biologico.

Nonostante possa spaventare l’idea di dover realizzare un caffè pesando il macinato, usando un’acqua a temperatura controllata (e possibilmente minerale) e un filtro corretto, come sempre è questione di abitudine e di fare proprie certe tecniche e manualità.

A pensarci bene anche un normale tè andrebbe realizzato con acqua mai troppo bollente e lasciato in infusione un minutaggio specifico a seconda delle singole tipologie. Pochissimi, se non qualche sala da te vera e propria rispetta un servizio rigoroso di questa bevanda mentre sembra che lo specialty coffee, sempre più di moda, abbia risvegliato molti consumatori da pigrizia e abitudinarietà.

Un’ offerta più ampia

Nel suo recente restyling, il concept store de La Menagère a Firenze ha ampliato ulteriormente la proposta food and beverage diurna, proprio per consentire ai suoi clienti di vivere il posto per più tempo, in più momenti della giornata, offrendo sempre qualcosa di nuovo.

Dalla mattina alle 8 fino alle 16 del pomeriggio, è possibile ordinare tre filter coffee 100% arabica. Kafa, morbido al palato con note di miele, datteri e frutta matura; Brasile, più inteso con sentori di cioccolato, caramello, nocciola e infine Colombia, più aromatico e complesso perché spazia dalla frutta tropicale, al gelsomino, fino a delle note agrumate.

Le modalità di servizio spaziano dalla più diffusa e facile V60 alla French press fino allo scenografico Syphon. A Milano città si contano già diversi indirizzi, non solo caffetterie, che si stanno impegnando nella ricerca e nella promozione di queste bevande:  Pasticceria Ziva, la gelateria Out of the box, Enoteca Naturale o 142 Restaurant solo per citarne alcuni.

L’artigianalità

Anche la nota Pasticceria Marchesi, fondata nel 1824 a Milano, ha di recente introdotto una vera e propria cerimonia del caffè per chi vuole avvicinarsi al mondo degli specialty in una sorta di degustazione guidata dove volendo, è anche possibile abbinare piccole creazioni di pasticceria studiate appositamente.

Panama Geisha e Maravilla sono due miscele esclusive create appositamente da 1895 Coffee Designers by Lavazza per Marchesi 1824. per la storica pasticceria e servite direttamente al tavolo con due modalità di estrazione: Chemex e moka.

L’artigianalità e la peculiarità di questi due prodotti esaltano una materia prima eccellente e una grande lavoro di ricerca e passione durato quasi due anni. Panama Geisha è un microlotto in edizione limitata, 100% arabica, proveniente da Panama e più precisamente dalla regione di Quiel.

L’evoluzione nel mondo del caffè

Gelsomino e bergamotto dominano sulle note fruttate e si ritrovano anche nella crema al bergamotto del finanziere ideato dal maitre patissier Diego Crosara. Maravilla è una monorigine 100% arabica a doppia fermentazione e che viene sottoposta a un’escursione termica di 12 gradi che permette di fissarne le caratteristiche organolettiche.

In particolare, il sentore di prugna rossa domina sul resto della frutta matura e si sposta perfettamente con dolci al cioccolato, dalla Sacher ai lamponi, ai cioccolatini fino al classico cornetto.

Se si è quindi dell’idea di sperimentare le nuove frontiere che il mondo del caffè sta portando sul mercato, è importante sapere che sempre di più sarà possibile farlo non solo in torrefazioni di moderna concezione e votate esclusivamente a questi prodotti, ma anche nelle più classiche pasticcerie.

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