“Chi mai potrebbe prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo… con la stessa cura… Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente”. Il monologo di Eduardo de Filippo in “Questi fantasmi” suona come il racconto irresistibile di uno dei piccoli lussi che scandisce le nostre giornate. Roba per palati adulti, da concedersi in compagnia o in beata solitudine, a piccoli sorsi o tutto d’un fiato, nero e bollente o ingentilito da un nonnulla di latte, buono a tutte le ore o contingentato per paura della caffeina.
Un piacere lungo un secolo – dai primi brevetti delle macchine espresso – che non conosce flessioni. Anzi, là dove la fruizione casalinga non andava al di là di napoletana e soprattutto della “Moka Express”, inventata da Alfonso Bialetti nel 1933, oggi furoreggiano le mini-espresso. Una rivoluzione annunciata, destinata a dividere gli appassionati.
Il fuori-casa è indissolubilmente legato al consumo del cosiddetto “caffè da bar”: i tempi compressi, l’ansia di un altrove da raggiungere un attimo dopo l’ultimo goccio, lo scambio rapido di battute con i vicini di bancone. Un consumo “sociale”così abitudinario che qualità della miscela e bravura del barista spesso scadono a optional: con un tristanzuolo cambio di vocale, il gesto diventa più importante del gusto.
A casa, il caffè obbedisce a una ritualità diversa, che solletica tutti i sensi. Il gorgoglìo del liquido che sale, l’aroma di tostatura, la tazzina calda tra le mani, il sapore deciso accompagnano l’inizio giornata in milioni di case.
Una tradizione così rapida a radicarsi che già negli anni ’30 la ditta torinese Gaud aveva lanciato una caffettiera-sveglia pronta a entrare in funzione all’ora desiderata, arrivando perfino a versare il caffè direttamente nella tazzina. Un rapporto d’affezione testimoniato dai quasi due milioni di pezzi venduti lo scorso anno.
Così, negli ultimi anni Illy, Lavazza e Nespresso si sono mossi quasi all’unisono, con l’obbiettivo di scardinare il potere dell’Omino coi baffi – caricatura dello stesso Bialetti ideata dal grafico Paul Campani per una fortunata serie di Carosello – e conquistare il mercato del caffè porzionato.
Più del caffè (solo negli ultimi mesi si è arrivati alle capsule mono-origini), hanno potuto i poderosi investimenti nel marketing – le campagne con Clooney e Brignano testimonial – e nella tecnologia (comprese le primissime portatili). Sforzi capaci di produrre una prima erosione sensibile, se è vero che oggi quasi il 15% delle famiglie italiane ha già affiancato, quando non sostituito del tutto, l’espresso alla Moka.
Se ancora non avete deciso a chi far vincere il derby del caffè, regalatevi una gita a Milano, dove fino all’8 dicembre il Museo della Permanente ospita “La Moka si mette in mostra, 80 anni di un’intuizione geniale diventata mito”.
Quando uscite, andate in uno dei bar della “Rete del caffè Sospeso”, che il 10 dicembre in concomitanza con la Giornata Internazionale dei Diritti Umani, riproporrà l’usanza napoletana di lasciare un caffè pagato (sospeso) a chi non può permetterselo. Bevetene uno e pagatene due. Perchè il caffè è un piacere: se non lo puoi condividere, che piacere è.
Fonte: repubblica.it
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