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giovedì 21 Novembre 2024
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Il cioccolato svizzero diventa artigianale: e lancia la sua sfida a Lindt

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LUGANO/BASILEA, Svizzera – Non ne troverai mai uno uguale all’altro: perchè non viene da uno stampo in serie dell’industria, ma dalle dita imprecise di un uomo e un artigiano.

Che con il cioccolato un giorno ha cominciato a dilettarsi, dopo averlo divorato e amato in tavolette da bambino; poi ne ha fatto un’arte; infine, una microprofessione.

In Svizzera cominciano a far capolino: botteghe minute in cui il cacao è fil rouge e ispirazione.

Si comincia nella cucina di casa – In Ticino è ancora nicchia dentro le pasticcerie, dove i bonbon più originali trovano posto accanto a frolle e pan di spagna con la crema.

Ma c’è da creder bene che qualcuno abbia già adattato la cucina a piccolo laboratorio: finché si domanderà se non sia arrivato il caso, prima o poi, di aprire anche un negozietto.

Prima la birra, poi la pasta di zucchero. E adesso… – Alla stregua di chi, oggi, propone in vetrina le sue torte di pasta di zucchero o, prima ancora, la birra fatta in casa, dopo averle preparate per gli amici e i familiari.

Storie identiche di gente che pian piano trasforma una passione in un lavoro e un business, incurante del rischio che significa fare concorrenza ai grandi.

Eppure, da Basilea giura Fabian Rehmann, fra i primi a credere in se stesso, «il cioccolato ha molto più da offrire rispetto a quello che oggi è disponibile sugli scaffali».

I cioccolatini industriali, «una noia mortale» – Nulla da ridire sulla qualità, «molto buona»: ma alla prova del palato «quei cioccolatini sono una noia mortale.

A differenza dell’industria, noi possiamo lavorare minori quantità di fave di cacao, tutte che provengono dallo stesso posto e che mantengono così le lore caratteristiche uniche.

Il feedback che riceviamo è eccezionale. Qualcuno mi ha detto di non aver mai assaggiato niente di altrettanto delizioso».

Destinati a un mercato di nicchia – Anche se, alla fin fine, è convinto resterà un mercato di nicchia. «Le materie prime sono difficili da processare.

Ed è la ragione per cui magari tanti partono, ma subito rinunciano al loro progetto, scoraggiati».

Sara Bracchetti

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