Massimo Renda, presidente e fondatore di Caffè Borbone, ha ricevuto ufficialmente il titolo di Cavaliere del lavoro dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 18 ottobre, distinguendosi nel settore dell’industria alimentare per aver fondato e portato al successo l’azienda di torrefazione e vendita di caffè.
L’imprenditore rivela le sue origini e l’ascesa nell’Olimpo dell’industria del caffè grazie all’intervista di Anna Paola Merone per il quotidiano Il Corriere della Sera. Leggiamo di seguito parte del percorso di Massimo Renda.
Cravatta Marinella dei Cavalieri del lavoro, abito blu fatto confezionare da una azienda della zona Asi di Caivano. Renda, era emozionato?
“Tantissimo. Ogni Cavaliere viene accompagnato da un Alfiere, un giovane che si è distinto nel suo percorso scolastico. Sentendo di questi voti e di questi successi fra i banchi ho pensato alla mia scarsissima attitudine scolastica e al mio diploma in Perito elettronico conquistato in sei anni invece che in cinque — nella peggiore sezione dell’Augusto Righi di Napoli invece che in cinque — e ai traguardi che sono riuscito a conquistare”.
Niente laurea o azienda di famiglia alle spalle, ma una idea brillante legata al caffè….
“Nel discorso ai Cavalieri del lavoro mi sono definito ‘’enfant terrible’’. A 18 anni ho trovato lavoro nella torrefazione di un mio zio. All’epoca le macchinette erano integrate con il macinino e le cialde non esistevano. Notai che un cliente che comprava bei quantitativi di caffè li rivendeva a cifre stellari.
Da noi acquistava a 7mila lire al chilo, che diventavano 45mila quando li rivendeva con una macchinetta in comodato d’uso agli uffici. Cercai di convincerlo a spingerci su questo territorio, ma lui resisteva. Io ero convinto e ci provai nei ritagli di tempo. Partii a razzo e tornai da mio zio con numeri ottimi. Lui mi disse ancora di noi e io, ostinato, mi misi in proprio”.
Tutto questo accadeva circa 30 anni fa. Renda, come si arriva alle cialde?
“Incominciai a vedere in giro le primissime cialde e volevo una macchinetta più performante. Andai a Bologna e trovai una soluzione. All’epoca la mia azienda si chiamava l’Aromatika.
Piazzammo circa 2mila macchinette nel giro di un anno e mezzo e alla fine comprammo noi il primo macchinario per produrre le cialde. Era il 1997. Depositammo il marchio caffè Borbone e oggi siamo la prima azienda italiana in termini di volume di cialde. Ogni anno produciamo due miliardi 600 milioni di unità, tra capsule e cialde“.
Quanti dipendenti avete? E il fatturato?
“Oggi abbiamo circa 300 collaboratori diretti. Caffè Borbone ha chiuso il primo semestre del 2023 con ricavi a 153,7 milioni, in aumento del 15% rispetto allo stesso periodo del 2022. In crescita anche il margine operativo lordo, che segna un +21% rispetto allo scorso anno”.
Sul fronte della sostenibilità, producendo prodotti monodose, come ve la cavate?
“Egregiamente. Perseguiamo la sostenibilità in maniera ampia. Abbiamo inventato la cialda compostabile, con una carta che va gettata nell’organico, e l’abbiamo anche liberalizzata dopo un anno. Con Seda — che ci fa gli imballaggi esterni — siamo arrivati ad individuare una confezione riciclabile nella carta.
Dal 2022 utilizziamo solo energia elettrica rinnovabile autoprodotta in stabilimento o proveniente da fonti certificate. Poi abbiamo un progetto che mi sta molto a cuore in Uganda, con il quale supportiamo i piccoli produttori locali con programmi di istruzione finanziaria e agronomia per migliorare la resa e la qualità dei raccolti e diventare produttori consapevoli.
E poi abbiamo realizzato una idea fighissima, il Caffè del birbantello, con la quale siamo stati nelle scuole per sostenere il percorso di ragazzi difficili”.
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