MILANO – Caffè brasiliani naturali nelle scorte certificate dell’Ice Arabica. Sino a non molto tempo, un’eresia o giù di lì. La borsa newyorchese è tradizionalmente il mercato degli arabica lavati di alta qualità. E la certificazione delle origini brasiliane all’Ice Arabica è stata preclusa sino al decennio scorso.
Il verde brasiliano è stato, alla fine, ammesso alla contrattazione nel 2013, ma limitatamente agli arabica lavati e semi lavati.
E, per molti anni, i volumi certificati sono stati poco più che simbolici. Le cose sono cambiate al volgere del nuovo decennio, con l’immissione nel mercato dell’abbondantissimo raccolto brasiliano 2020/21, che comprendeva – secondo stime – dai 6 ai 10 milioni di sacchi di caffè semi lavati (cereja descascado): più del doppio rispetto ai livelli usuali.
I bassi prezzi sul mercato fisico fecero il resto cominciando a rendere conveniente la consegna contro la borsa newyorchese.
Per un certo periodo, il Brasile divenne addirittura l’origine più importante nelle scorte certificate Ice strappando all’Honduras il suo tradizionale primato. Tuttora, poco meno del 28% delle scorte certificate è di provenienza brasiliana.
Più di qualcuno sostiene però che parte di questo caffè sarebbe, in realtà, costituita da brasiliani naturali, anziché da caffè lavati o semi lavati.
Un segreto di Pulcinella, a giudicare dalle reazioni degli addetti ai lavori, molti dei quali ammettono che il Brasile starebbe mischiando già da tempo caffè lavorati per via secca e per via umida nelle partite consegnate alla borsa newyorchese.
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