MONZA – I locali chiudono: quasi, purtroppo, non è più una notizia da quando il primo lockdown ha cominciato a mettere in ginocchio gli esercenti di tutta Italia. Ma per rendersi meglio conto di questo fenomeno, bisogna sempre dare un volto, un nome, vedere degli esempi concreti: una parte per il tutto. E capire quanto è grave la situazione forse può stimolare una reazione: ecco il caso dell’ultimo bar aperto in via Napoleone a Monza. Leggiamo la testimonianza del gestore del Caffè Vergnano, dall’intervista di Rosella Redaelli, per il Corriere della sera.
Caffè Vergnano: il sopravvissuto alla pandemia
L’ultimo resistente di via Napoleone, a Monza, ha il volto di Antonio Ramazzotti, titolare da vent’anni, con il fratello Giampiero, del caffè Vergnano, un’istituzione cittadina che oggi si reinventa con una postazione esterna per le tazzine da asporto. A chiamarlo «paladino» un po’ si schermisce, ma davvero il suo bar è rimasto l’ultimo avamposto commerciale ancora aperto in uno scenario di saracinesche abbassate.
Non siamo in una via periferica, ma in una strada tra le più suggestive dal sapore medievale: via Napoleone è infatti da sempre il passaggio diretto di collegamento tra piazza Duomo e l’Arengario, tra il potere civile e quello religioso del tempo in cui Monza si chiamava Modoetia.
C’è stato un momento in cui i commercianti avrebbero fatto carte false per avere una vetrina qui, ma ora scappano e nessuno prende il loro posto
Oltre al caffè di Antonio Ramazzotti c’è solo una boutique alla fine della strada che però gode di un affaccio su piazza Duomo. Lo scenario è davvero desolante ed è interrotto solo dalle luci di Natale che l’amministrazione comunale quest’anno ha deciso di mettere anche in questa strada lunga meno di una cinquantina di metri, su cui si affacciano otto spazi commerciali.
L’ultima chiusura in ordine di tempo risale a pochi giorni fa quando il punto vendita di Stefanel ha completato una svendita totale bloccata già dal primo lockdown. «Nell’ultimo anno — spiega Ramazzotti — abbiamo visto la via svuotarsi: il gioielliere di fronte a noi, dopo anni in via Napoleone, ha traslocato in via Teodolinda. Proprio accanto ha chiuso un negozio di abbigliamento di abiti da uomo e ci sono cinque vetrine di fianco al nostro bar che sono sfitte da ormai cinque anni per un restauro dell’intero immobile. Così la via è triste e manca il passaggio anche per la nostra attività».
Ma come è possibile che i commercianti fuggono da una via prestigiosa, nel cuore di Monza?
«Gli affitti sono diventati insostenibili, a maggior ragione in un anno particolare come è stato questo 2020 — risponde il barista —. Noi abbiamo trovato un accordo con il nostro proprietario che capisce la situazione che stiamo vivendo, ma chi è costretto a pagare un affitto senza poter lavorare o scappa altrove o chiude».
Conferma Domenico Riga, presidente dell’Unione Commercianti Confcommercio Monza e Circondario:
«I prezzi delle locazioni a Monza sono drogati — afferma —. Nel centro pedonale si arriva a pagare in media 1.500 euro al metro quadro all’anno. Gli affitti sono cresciuti a dismisura a partire dagli anni Ottanta quando chi lasciava un negozio in buona posizione incassava buone uscite milionarie da chi subentrava. Così i proprietari dei muri, vedendo i loro inquilini arricchirsi, hanno ritoccato gli affitti ad ogni rinnovo, fino a che la situazione è sfuggita di mano.
Ora con la pandemia e i fatturati scesi del 70% chi non ha ricavi minimi per far fronte a tutte le spese di un negozio non può far altro che chiudere». Una desertificazione del commercio che è ciò che l’amministrazione vuole evitare: «Invito tutti a fare spese in città, in centro o nei negozi sotto casa — ribadisce come un mantra l’assessore al Commercio, Massimiliano Longo —. Monza ha superato bene la crisi del 2008, ma ora la situazione è drammatica e via Napoleone è solo l’emblema di un problema più grande».
La scelta di portare luminarie di Natale anche qui, a sopperire le luci spente delle vetrine, va proprio in questa direzione. «Abbiamo pronto un bando da 1 milione di euro a cui si aggiungeranno i proventi del drive in di questa estate in autodromo — conclude Longo —. Contiamo di poter dare ai commercianti che hanno dovuto versare gli affitti anche nei periodi di chiusura dell’attività fino a 2.500 euro ciascuno. Mi rendo conto che è poca cosa, ma è un segno della nostra vicinanza a chi è stato duramente colpito dalla pandemia».