MILANO – Ebbene ì, sono stufo di vedere le case, per non parlare degli uffici, invase da tutti ‘sti aggeggi super-ultra-automatici per fare il caffè con cialde & affini, aggeggi che qualcuno osa chiamare anche “macchine per il caffè”.
Ma… è diventato così complicato usare una moka per farsi un buon caffè, oppure è solo questione di pigrizia?
Non c’è più neanche la voglia di fare un salto al bar sotto casa?
Perché il rassicurante borbottio della moka, quello che annuncia il caffè che sale, è stato sostituito da un repentino e inquietante “trrrrrrrrrrrr” di pochi secondi che indica che la cialda (o capsula) ha fatto il suo lavoro?
Purtroppo, e affermo questo per esperienza diretta, gran parte dei caffè preparati con questi diabolici “aggeggi” che ho avuto modo di provare negli ultimi anni, gustativamente (non parliamo poi aromaticamente) non sono gran cosa, per non dire che a volte mi hanno fatto letteralmente schifo.
Molto meglio la moka oppure un buon espresso preparato da un bravo barista
Per carità, non se la prenda a male il bravo (e politicamente corretto) George Clooney che con i proventi milionari che incassa prestando la sua immagine a una nota multinazionale che produce e vende capsule caffettarie & consimili, fa cose egregie e condivisibili, ma ho proprio l’impressione che gli Italiani hanno dimenticato il gusto di un buon caffè, espresso o moka che sia.
L’ultimo, indecente esempio (sotto ogni punto di vista), di uno questi caffè, l’ho bevuto a casa di un gentile farmacista che in un impeto di generosità me lo ha offerto.
Macchina superspaziale con tante lucine e suoni peggio di uno smartphone impazzito.
Display colmo di inutili indicazioni, come e più di quello certe automobili moderne.
Cialde di caffè (o… presunto tale) certificate di arabica in purezza.
Acqua minerale.
Tazze in porcellana, griffate, ma senza cucchiaini, bensì con l’atroce bastoncino di plastica.
Risultato di cotanto sforzo?
Un triste e immondo liquido, quasi imbevibile, dall’aroma quasi di liquirizia e carbonella, temperatura sui 25 gradi, dalla densità dubbia, e dal gusto acido tra il Vetril e la candeggina.
Non chiamatemelo caffè per favore!
Il caffè, è cosa seria, preferisco quello della moka!
E dire che i farmacisti, per i loro studi e per la loro professione, naso e palato dovrebbero averli ben rodati…
Sono giunto a una (mia) conclusione del perché questo tipo di aggeggi salvo eccezioni, fanno pessimi caffè.
- Chi li ha non li sa usare bene, e non ha interesse ad usarli meglio perché non capisce un’acca di caffè, però li usa ugualmente perché “vanno di moda”.
- La pigrizia. ‘Sti aggeggi, diciamocelo… sono dannatamente comodi, e oltre questo, i venditori ti portano tutto a casa…
- Poi… il mercato di questi aggeggi “tira”, e così nel settore si sono buttati in tanti, compresi molti “improvvisati”. Inoltre, molte macchinette sono assemblate “alla buona”, funzionano maluccio, e consumano molta energia elettrica, così finisce che chi le ha in casa, per risparmiare, le accende solo all’ultimo momento con i risultati che ben si possono immaginare.
- Questi aggeggi, a volte veri e propri catafalchi, che personalmente trovo molto poco belli a vedere, spesso sono dati in comodato d’uso, con l’obbligo di acquistare almeno un tot di cialde & accessori, alias zucchero, bicchierini di plastica e i diabolici bastoncini di plastica per mischiare.
- E… tenetevi forte, salvo le solite lodevoli eccezioni, molte cialde fornite in questo modo, per la qualità del contenuto, e per le caratteristiche organolettiche, meritano l’aggettivo di “improbabili”.
- Non parliamo poi dei prezzi che i caffè “conciati” in cialde o capsule raggiungono, calcolatrice alla mano sarebbe come sparare sulla croce rossa…
Insomma…
Chiamatemi pure passatista o romantico, ma la magia e il rito di preparare un bel caffè con la moka, lavandola magari di straforo in qualche lavandino minuscolo nascosto nello sgabuzzino di un ufficio o nel retrobottega di un negozio, non ha rivali.
Mettere l’acqua giusta, centellinare il caffè macinato, caricare e mettere il tutto su un minuscolo fornellino elettrico (un tempo a gas o persino ad alcol) magari aggiungendo il “coppettiello” di Eduardiana memoria, e attendere…
Ecco, attendere.
Qui è il punto.
L’attesa è stata cancellata, obliterata dalla velocità ad ogni costo, anche nel fare il caffè.
Ora, macchinetta, cialda, premi il pulsante e… taccchetè, il caffè è già pronto!
Tutto in gran fretta alla faccia della qualità, e lasciatemelo dire, della ritualità del gesto di offrire un caffè, in cui l’attesa è fondamentale.
La magia del caffè preparato con la moka, quel momento quasi di sospensione in cui se si è ospiti ci si guarda in faccia, si conversa, ci si conosce, rischia di scomparire, purtroppo in cambio di caffè sempre più mediocri…
Il caffè? Preferisco quello della moka.
Fabio Riccio