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giovedì 21 Novembre 2024
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Il caffè green nella ricerca Altis Advisory SB, Paolo Molinaroli, Musetti: “Oggi sono sinonimi la sostenibilità e la managerialità“

Gianpaolo Braceschi, general manager dell'Istituto espresso italiano: “La ricerca mostrata mi ha fatto capire che la sostenibilità è un percorso: una volta raggiunto un obiettivo bisogna passarne ad un altro. C’è una forte correlazione tra la sostenibilità e la grandezza dell’azienda. Bisogna capire come migliorare la situazione attuale. Con le aziende cerchiamo di capire in che modo si posizionano e aiutarle a capire come essere più sostenibili per ottenere una filiera sempre più green e in linea con una vision sempre più all’insegna della sostenibilità”

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MILANO – Altis Advisory SB, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con l’aiuto di Opera, Osservatorio europeo per l’agricoltura green, pubblica il settimo report di settore dedicato completamente all’analisi della sostenibilità nella filiera del caffè (ne abbiamo parlato qui), dal punto di vista delle torrefazioni italiane.

Protagonisti della giornata sulla sostenibilità sono stati: Stella Gubelli, amministratore delegato di Altis Advisory, il professor Ettore Capri, professore in chimica agraria e Direttore osservatorio europeo per l’agricoltura sostenibile (Opera) – Dipartimento di scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile, Università Cattolica Del Sacro Cuore, Valentina Bramanti, responsabile reporting di sostenibilità di Altis Advisory, Sara Triachini, dottoranda Agrisystem all’Università Cattolica,  Gianpaolo Braceschi, general manager Iei (Istituto espresso italiano), Stefano Gardi, chief sustainability officer Italmobiliare-Caffè Borbone, Davide Licchelli, presidente di Altoga (Associazione nazionale torrefattori, importatori di caffè e grossisti alimentari), Paolo Molinaroli, direttore generale di Caffè Musetti e Francesco Sanapo, founder di Ditta Artigianale.

Il settimo report di settore di Altis Advisory

Il professor Ettore Capri prende la parola: “Oggi parliamo della filiera del caffè sotto la lente della sostenibilità. Il settimo report di settore è stato frutto di un lavoro lungo e complesso: un’attività resa possibile grazie all’impegno dei ricercatori, degli stakeholder e delle imprese che vivono l’argomento della sostenibilità ogni giorno come protagonisti. Partecipazione e coinvolgimento diretto offrono la modalità più efficace per raggiungere obiettivi concreti”.

Valentina Bramanti, responsabile reporting di sostenibilità, Altis Advisory: “Prima di addentrarci nei particolari del lavoro di ricerca capiamo il motivo che ci ha portato allo studio sulla sostenibilità all’interno della filiera del caffè in Italia. Crediamo fermamente che in questa industria ci sia una gran complessità legata ai Paesi di origine geografica diversa: abbiamo l’espresso prodotto in Italia e, dall’altro lato, ci sono i Paesi produttori che si trovano al di fuori dell’Europa”.

La sostenibilità nella filiera del caffè

“La filiera del caffè ci consente di abbracciare a 360 gradi le sfide proposte dal tema della sostenibilità. Da una parte abbiamo gli impatti energetici, attenenti al processo produttivo delle torrefazioni, e dall’altra abbiamo gli impatti legati all’origine del caffè (diritti dei lavoratori, parità di genere, lavoro forzato e minorile ed eco-remunerazione). La filiera del caffè ci permette perciò di parlare di sostenibilità uscendo dai confini strettamente aziendali”.

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Metodologia e campione della ricerca (dati concessi)

“Questo è in linea con le spinte all’impegno ecologico che vediamo oggi. I cittadini sono consumatori sempre più attenti: la sostenibilità sta diventando un fattore di vitale importanza che influenza l’acquisto di un prodotto. I clienti però hanno bisogno di informazioni basati su dati tangibili e una maggiore sensibilizzazione sule tema. Le imprese sono sempre più sollecitate nel perseguire la sostenibilità dall’Unione Europea che, grazie al Green Deal, spinge sempre di più la questa pratica virtuosa al di là dei confini aziendali. Cosa significa questo? Le aziende saranno chiamate in un prossimo futuro ad essere trasparenti e a comunicare i propri risultati sulla sfera sociale ed economica anche nel campo della sostenibilità”.

La ricerca

“Per questa ricerca siamo partiti da un campione totale di 977 aziende rappresentative del settore costituito da gran parte da micro-imprese. A questa indagine hanno risposto effettivamente 49 imprese tramite un questionario. Il 61% delle risposte è arrivato da piccole aziende con un fatturato sotto la soglia dei 2 milioni di euro. A queste imprese è stato chiesto di rispondere a diverse domande relative alla sostenibilità. Abbiamo cercato altresì di dare un punteggio alle aziende tramite una valutazione qualitativa del loro impegno nei confronti di una filiera più green. Il modello utilizzato è quello del professor Molteni.

Gli ambiti indagati sono otto:

  • Governance: etica ed integrità dell’azienda
  • Comunità: sostegno alla comunità locale
  • Filiera: acquisto di caffè certificato, tracciabilità e trasparenza
  • Persone: salute e sicurezza dei lavoratori
  • Prodotti e consumatori: consumo consapevole e sicurezza alimentare
  • Ambiente: packaging, emissioni di gas serra, consumi energetici, rifiuti ed economia circolare
  • Reporting e strategia: un aspetto basato sull’approccio strategico alla sostenibilità (obiettivi ecologici, monitoraggio risultati)

L’analisi esplora quindi diversi ambiti. Come già evidenziato, abbiamo utilizzato il modello Molteni che permette di evidenziare come la sostenibilità sia un percorso in cui tutte le aziende possono e devono migliorarsi con il tempo. Dalla ricerca si riscontra ancora una scarsa formalizzazione degli obiettivi e una limitata comunicazione dei risultati all’esterno dell’azienda. Abbiamo infatti avuto bisogno di interrogare direttamente le torrefazioni per saperne di più sul loro approccio ecologico”.

Un maggiore focus sull’informazione

“La gran maggioranza delle aziende pubblicano molte poche informazioni sulla sostenibilità su canali accessibili dall’esterno come siti internet. Abbiamo diviso l’impegno delle aziende nella sostenibilità in cinque fasi: informale, corrente, sistematica, innovativa e dominante. L’84% delle aziende da noi interrogate è ancora ai primi passi nell’impegno sostenibile e si colloca tra la fase informale e quella corrente nonostante si possa già notare un’alta qualità nell’approccio green. Il 12% delle aziende, d’altro canto, ricade sotto la definizione di sistematica, caratterizzate da una sostenibilità in tutte le fasi aziendali. Solo il 4% delle aziende si può definire invece innovativa in campo ecologico”.

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Una sostenibilità ai primi passi (dati: concessi)

Sara Triachini, dottoranda Agrisystem Università Cattolica, presenta i risultati dello studio: “L’ambito analizzato nella categoria prodotti e consumatori raggiunge il 44% del massimo del punteggio: questo settore è fortemente strategico nel business e include indicatori che sono obbligatori per legge. Abbiamo raccolto diverse informazioni come la sicurezza alimentare, le formazioni organolettiche delle miscele di caffè e la percentuale Arabica e Robusta. Le certificazioni hanno altresì un discreto successo considerando che sono state adottate dal 39% delle aziende”.

I risultati della ricerca

“È emersa dalla nostra ricerca una buona gestione nel campo della strategia con cui intendiamo la formalizzazione di tutti i documenti che ricadono nella famiglia delle politiche aziendali come salute e sicurezza dei lavoratori o per l’acquisto delle materie prime. Al terzo posto la categoria delle persone: le torrefazioni si impegnano a rispettare gli obblighi legislativi con la valutazione dei rischi sulla sicurezza nel posto di lavoro ma solo il 25% si dedica ad iniziative di welfare aggiuntive come possono essere i check-up medici gratuiti per i dipendenti. Per quanto riguarda la sostenibilità abbiamo esplorato tre macro-aree come la riduzione dei consumi energetici con l’acquisto di energia da fonti rinnovabili e il pre-riscaldamento del caffè in ingresso con il calore della tostata precedente”.

altis consumatori sostenibilità
Prodotto e rapporto con i consumatori al centro (immagine concessa)

“Per quanto riguarda il packaging, il 37% delle aziende dichiara di avere una linea di prodotti caratterizzati da un imballaggio totalmente riciclabile. Più ostico è stato il calcolo delle emissioni del gas serra: solo il 26% delle aziende dichiara di riuscire a monitore Scope 1 (emissioni dirette generate dall’azienda) e Scope 2 (emissioni indirette generate dall’energia acquistata e consumata dalla società), l’acquisto di energia e l’utilizzo dei combustibili fossili.”

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Sostenibilità a confronto nei diversi stadi (dati concessi)

Il rapporto tra la dimensione aziendale e la sostenibilità

“Una delle domande che ci siamo posti è: la dimensione aziendale incide sulla performance di sostenibilità? Abbiamo diviso le aziende in due gruppi: quelle più grandi e piccole. Abbiamo notato una correlazione positiva tra fatturato e sostenibilità: le medie delle due sottoclassi hanno una significatività di punteggio dell’1%. Le aziende più grandi sono più focalizzate sul reporting e la comunicazione rispetto alle micro-imprese”-

sostenibilità aziendale
Come la dimensione aziendale incide sulla sostenibilità (dati: concessi)

“Con un’analisi parallela ci siamo chiesti: lo specialty equivale alla sostenibilità? Le aziende focalizzate nello specialty sono, in media, più sostenibile rispetto alle altre? La risposta è sì. Abbiamo diviso due gruppi: uno specializzato in specialty o con almeno una referenza ed un altro non specializzato. Tra i due campioni c’è una differenza significativa al 5%. Vendere specialty è perciò correlato al punteggio di sostenibilità”.

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Specialty sinonimo di sostenibilità (dati concessi)

Un percorso di continuo miglioramento

Valentina Bramanti conclude: “Cosa possono fare perciò le torrefazioni per essere più sostenibili? Dai risultati emerge una necessità di misurare e monitorare le proprie performance per definire chiari obiettivi di miglioramento. Urge il bisogno di raccogliere queste informazioni per offrire un quadro più completo alle aziende e soprattutto ai consumatori”.

Cosa possono fare poi gli attori della filiera? Sviluppare schemi e strumenti per la condivisione di informazioni su aspetti di sostenibilità sociale e favorire la cooperazione lungo tutta la filiera.”

Paolo Molinaroli, direttore generale di Caffè Musetti, esprime la sua opinione sull’argomento: “Mi sento di dire che le dimensioni di un’azienda contano molto nella performance sulla sostenibilità come dimostrato dai dati della ricerca. L’impegno nel green deve essere, a mio avviso, visto come un investimento. Bisogna far capire all’imprenditore che fare sostenibilità è sinonimo di managerialità. Prima di tutto, il consiglio che mi sento di dare agli imprenditori è circondarsi di persone competenti che capiscano il valore della sostenibilità e lavorare non solo sul prodotto ma anche sul brand: bisogna trasmettere al consumatore la cultura del caffè per creare più sensibilità sull’argomento. Ciò è difficile perché il consumatore non è abituato a percepire la qualità: è indispensabile perciò una maggiore educazione”.

“Noi che dobbiamo vendere caffè di qualità abbiamo difficolta a vendere ad un prezzo corretto che permetta a tutta la filiera di essere sostenibile. In questi tre anni, soprattutto con il Covid e l’inflazione che ha aumentato i prezzi, abbiamo fatto di tutto tranne che perseguire la strada della sostenibilità”.

“Per le aziende con un medio fatturato mettere risorse e competenze sulla sostenibilità che aumenta il costo del prodotto è molto difficile. In conclusione, il perseguimento della sostenibilità è dovuta principalmente dal Governo che ci aiuterà in questo percorso con le nuove normative e dal mondo della finanza che dovrà dare accesso a crediti agevolati alle aziende che si impegnano a perseguire una filiera più green”.

Una visione orientata verso il futuro

Arriva poi il turno di Stefano Gardi, chief sustainability officer, Italmobiliare-Caffè Borbone che afferma: “Caffè Borbone sin dall’inizio ha avuto una fondazione sulla sostenibilità. L’azienda è stata la prima a mettere sul mercato la cialda in carta compostabile ed a comprendere che venderla in un pacchetto di plastica, forse un controsenso, poi abbiamo modificato. Il 5% della carbon footprint del caffè sta all’interno della torrefazione: tutto il resto è all’esterno ed è lì che Caffè Borbone sta lavorando di più. La sostenibilità è un percorso che non finisce mai. Nessuno di noi potrà mai dire di essere completamente sostenibile. È indispensabile avere una visione orientata al futuro. Le missioni future per l’azienda sono: lavorare sulla filiera nel suo complesso, non solo nelle certificazioni, e creare legame con i fornitori di caffè crudo, protagonisti della filiera a valle”.

L’importanza di un legame solido con i produttori locali

Francesco Sanapo si aggiunge alla tavola rotonda: “Ditta Artigianale nasce da una mia esigenza di raccontare il caffè in una maniera completamente diversa. Questo desiderio mi ha portato a viaggiare e prendere contatti diretti con i produttori locali tra Brasile, Colombia e Ecuador. I nostri rapporti durano per anni. Ciò mi ha aiutato a controllare i vari prodotti, la loro qualità e la loro provenienza. Fare sostenibilità è difficile: la nostra missione è far raccontare i vari processi del caffè al consumatore medio”.

“Un’impresa non facile. Ad esempio ho preso una multa per aver venduto un decaffeinato a 2 euro: il cliente indispettito ha chiamato la polizia. Non c’era il simbolo del decaffeinato sul board menu nonostante ci fosse sul QR Code e dalle segnaletiche. Tutto è nato da quella persona che non ha saputo giustificare un costo del genere (ne abbiamo parlato qui). Fare sostenibilità e formare il consumatore è arduo”.

“Ditta Artigianale cerca di andare a fondo nel mondo del caffè anche nell’aspetto della sostenibilità. Ad esempio, ho smesso di comprare un caffè da una cooperativa in Etiopia perché la loro azienda ha deforestato gran parte dell’area verde della sua zona. Non ho voluto più esser parte di qualcosa che non rispetta il nostro Pianeta. Sono venuto a conoscenza di questo fatto solo grazie ad un viaggio che ho compiuto personalmente. Se non fossi andato di persona, non sarei mai venuto a conoscenza di questo problema. Ho cinque punti vendita in cui ho la fortuna di poter occuparmi anche di formazione sul personale e soprattutto sui clienti: ciò mi permette di esporre e condividere il valore di Ditta Artigianale e del mondo del caffè in ogni suo piccolo dettaglio”.

Una filiera sempre più green

Davide Licchelli, presidente, Altoga, parla della situazione del caffè specialty e degli investimenti per la filiera del caffè riallacciandosi al discorso di Paolo Molinaroli: “Come associazione diretta abbiamo affrontato spesso i temi legati allo specialty che rimane ancora un settore nicchia: tutte le torrefazioni associate hanno nei loro listini delle monorigini che sono di qualità alta ma che non rientrano nella categoria specialty, la quale andrebbe gestita in maniera più globale con un rapporto più diretto con i fornitori. L’idea di Altoga è quella di creare degli incontri con i torrefattori associati per diffondere lo specialty il più possibile”.

“Per quanto riguarda la sostenibilità, facendo parte della Confcommercio, abbiamo affrontato diversi aspetti tra cui quello dell’impresa sostenibile. L’utente finale non riesce ancora a capire la definizione di azienda green. Con il regolamento 852 dell’Unione Europea le definizioni verranno condivise per un maggiore chiarimento. Questo è fondamentale anche per garantire investimenti alle torrefazioni veramente interessate ad avere una politica più green: un aspetto che si rivela di grande importanza per perseguire un modello di filiera sempre più all’insegna della sostenibilità. Ci auspichiamo che quando arriverà il momento le aziende meritevoli potranno avere accesso diretto agli investimenti per poter sviluppare i propri progetti”.

Gianpaolo Braceschi, general manager Iei, conclude la giornata all’insegna della sostenibilità con una riflessione: “La ricerca mostrata mi ha fatto capire che la sostenibilità è un percorso: una volta raggiunto un obiettivo bisogna passarne ad un altro. C’è una forte correlazione tra la sostenibilità e la grandezza dell’azienda. Bisogna capire come migliorare la situazione attuale. Con le aziende cerchiamo di capire in che modo si posizionano e aiutarle a capire come essere più sostenibili per ottenere una filiera sempre più green e in linea con una vision sempre più all’insegna della sostenibilità”.

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