MILANO – Tutti bevono il caffè in ogni parte del mondo, nonostante il suo gusto un po’ amaro: una caratteristica che deriva dal suo contenuto di caffeina. Su questo tema si è concentrato uno studio condotto dal Leibniz-Institute for Food Systems Biology and the Technical University of Munich, che ha evidenziato nuovi dati rispetto all’interazione molecolare tra le sostanze amare e i ricettori di questo sapore.
Amaro: dipende da un ricettore
La scoperta curiosa per i coffeelover, è che la caffeina non è la sola responsabile dell’amaro della bevanda. Dall’aultimo studio condotto dal team Freising lo ha confermato grazie all’uso di una lingua artificiale che ha assaggiato cinque elementi diversi di acidità nel caffè: il mozambioside, il bengalensol, cafestol, il kahweol e la caffeina.
I risultati della ricerca ha confermato che due dei 25 recettori di amarezza dell’essere umano rispondono a questi costituenti del caffè. Quello che percepisce la concentrazione di caffeina è il TAS2R43 e per attivarlo c’è bisogno di una quantità minore rispetto agli altri elementi di acidità contenuti nella bevanda.
Un altro dato interessante è che sono tante le persone non dotate di questo recettore specifico, a causa di una mutazione genetica. Questo potrebbe spiegare le differenze tra i diversi individui dello stesso caffè.
Ovviamente le ricerche devono ancora fare molto per esplorare questo fenomeno, ma sono sempre aperte.
L’articolo completo, sul sito phys.org.