domenica 22 Dicembre 2024
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Il caffè dalla Sicilia: l’esperimento all’orto botanico di Palermo

Paolo Inglese, georgofilo e ordinario di scienze agrarie all’Università di Palermo: "Quella dell’orto botanico non è l’unica e la prima delle prove. La più importante la stiamo conducendo, con il professore Farina e lo staff del dipartimento di scienze agrarie della nostra Università, sempre a Palermo ma in ambiente protetto. La piccolissima parcella dell’orto ha un valore storico, perché testimonia la storia dell’orto botanico, da sempre e in quegli spazi impegnato a provare le specie di origine “coloniale”, come si diceva in un tempo per fortuna assai lontano culturalmente e storicamente. La particolarità di questa piccola parcella è legata al fatto che le piante per la prima volta sono fuori dall’ambiente protetto e risiedono in uno spazio condiviso con agrumi e con le Cebie che forniscono la necessaria copertura vegetale, simulando in qualche modo un habitat naturale"

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Nell’orto botanico di Palermo si torna, dopo più di un secolo, a coltivare il caffè. Nonostante diversi tentativi non andati a buon fine, oggi le modalità del progetto hanno subito diversi cambiamenti. Leggiamo di seguito parte dell’intervista al professore Paolo Inglese, georgofilo e ordinario di scienze agrarie all’Università di Palermo, condotta da Giulia Bartalozzi per Georgofili Info.

L’intervista in questione ci è stata segnalata da Gianluigi Goi, lettore nonché giornalista specialista di agricoltura affezionato a queste pagine.

La produzione di caffè in Sicilia

PALERMO – Nel capoluogo siciliano si torna a coltivare il caffè a più di un secolo di distanza dal primo esperimento di coltivazione in Sicilia. Lo scenario è l’Orto Botanico che fa parte del sistema museale dell’Università di Palermo, un luogo di meraviglie naturalistiche che contiene migliaia di specie differenti di piante.

Nel 1905, il direttore dell’Orto Botanico palermitano e il capo giardiniere, con l’intento di coltivare il caffè in piena terra misero a dimora 25 piante di caffè. Malgrado le piante fossero state posizionate a ridosso di un muro con esposizione a mezzogiorno e riparate da una tettoia costruita di fogliame, non riuscirono a superare le temperature invernali che si ebbero per alcuni anni e che raggiunsero valori inferiori ai -3° C. Un altro tentativo venne fatto nel 1911, ma anche in quel caso un’ondata di gelo distrusse le piante.

Vediamo come si configura il progetto al giorno d’oggi, parlandone insieme al professor Paolo Inglese, georgofilo e ordinario di Scienze Agrarie all’Università di Palermo.

Professore Inglese, innanzi tutto di che cosa ha bisogno la pianta del caffè per crescere bene?

“Il caffè è una specie rustica e sebbene sia coltivata da tempo mantiene delle caratteristiche tipiche e vicine a quelle delle piante “selvatiche”. Di fatto, nelle nostre condizioni, il problema più grande è la stagionalità in termini di escursione termica annuale, che nelle zone di origine è molto ridotta mentre qui ha la variabilità stagionale che conosciamo, con il rischio di temperature estreme dannose sia come minime che come massime termiche.

Inoltre, il caffè è specie che negli ambienti naturali vive sotto le grandi specie della foresta subtropicale umida e in coltura è spesso consociato a specie ombreggianti. Alle nostre latitudini e con il clima Mediterraneo, il problema delle lunghe giornate estive con l’elevata radiazione, unita a un elevato VPD, possono portare a problemi che variano dalla semplice scottatura della chioma al suo disseccamento.

Per questo, le piante vanno ombreggiate, al fine di garantire loro un certo equilibrio termico e radiativo che non ne comprometta la crescita e lo sviluppo”.

Vengono messi in campo particolari accorgimenti nell’orto botanico di Palermo?

“Quella dell’orto botanico non è l’unica e la prima delle prove. La più importante la stiamo conducendo, con il professore Farina e lo staff del dipartimento di scienze agrarie della nostra Università, sempre a Palermo ma in ambiente protetto. La piccolissima parcella dell’orto ha un valore storico, perché testimonia la storia dell’orto botanico, da sempre e in quegli spazi impegnato a provare le specie di origine “coloniale”, come si diceva in un tempo per fortuna assai lontano culturalmente e storicamente.

La particolarità di questa piccola parcella è legata al fatto che le piante per la prima volta sono fuori dall’ambiente protetto e risiedono in uno spazio condiviso con agrumi e con le Cebie che forniscono la necessaria copertura vegetale, simulando in qualche modo un habitat naturale.

Vicino al caffè ci sono esemplari monumentali di avocado e giovani piante di mango, oltre che svariate altre specie tropicali, da frutto e non. Non sappiamo cosa succederà, se lo sapessimo, non sarebbe una parcella sperimentale. Concimeremo con compost prodotto dall’orto e avremo il controllo fenologico e produttivo con le piante in serra”.

Per leggere l’intervista completa basta cliccare qui

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