MILANO – Nel bel mezzo della pandemia che torna di nuovo a far chiudere i locali in tutta Italia, facciamo un viaggio dentro una delle città più colpite dalla prima e dalla seconda ondata: Milano, dove ci sono luoghi in cui il caffè non è una medicina da pigliare al volo, ma una bevanda con lo stesso valore di un bicchiere di vino. Abbiamo parlato con il gestore del Cafetero di Via rembrandt 12, Federico Maggiulli, che ha condiviso con i lettori la sua storia di appassionato, imprenditore, che non molla mai.
Federico Maggiulli, che cosa vi ha spinto ad aprire un locale proprio in un periodo così critico per i pubblici esercizi?
“La decisione di aprire Il Cafetero è legata ad un sogno ed una passione che coltivo da
ormai 5 anni. Quando ho deciso di aprire una mia attività vivevo anche un momento di
sconforto sul piano professionale. Lavoravo come vicedirettore presso un locale molto
in vista nel centro di Milano ma la mancanza di ricerca, d’iniziativa e, diciamocela tutta, i
contratti che offrono nel settore mi stavano stretti. Volevo di più perché sapevo di poter fare di più. A quel punto aprire Il Cafetero per me era la scelta giusta.
Ho aperto il 23 Settembre del 2019: solo qualche mese dopo ci sono stati i primi casi di Covid-19 e poi il lockdown. Non è stato facile e per un’attività appena nata è stato ancora più difficile. Nel periodo del lockdown ho dovuto puntare su altri servizi, il servizio di delivery e takeaway per me hanno fatto la differenza. Anzi: molte persone mi hanno conosciuto attraverso il delivery ed ora vengono a trovarmi direttamente nel locale.”
Perché una caffetteria specialty? Non è ancora più difficile essendo un mercato ancora più di nicchia?
“Proprio perché ho conosciuto il mondo specialty o meglio, il metodo giusto per poter preparare un espresso, ho scoperto altri modi per estrarre il caffè e la tostatura giusta. Così mi sono detto che dovevo fare qualcosa per cambiare. Un’impresa ardua e coraggiosa ancora adesso. La prima volta che mi sono avvicinato al mondo degli specialty è stato durante un evento dove ho conosciuto Chiara Bergonzi, e lì ho iniziato a seguire i suoi corsi. Mi sentivo un ignorante del settore e mi sono reso conto che dovevo
imparare ancora molto.
E’ un mondo che mi fa scoprire ogni volta cose nuove e ne sono rimasto folgorato. Ho cercato di far capire ai miei superiori nell’azienda in cui lavoravo precedentemente come costituisse un’opportunità in più che poteva rappresentare un aumento dei guadagni. Uno scontrino medio più alto, più qualità e specializzazione del personale. Purtroppo non ho avuto alcun seguito o responso positivo.”
Nello specialty, Federico Maggiulli ha visto un’opportunità e non un ostacolo
“Poi penso anche che, proprio perché il mondo degli specialty è ancora una nicchia,
possa rappresentare un nuovo modo di differenziarsi per il barista professionista da chi lo fa solo perché si è svegliato la mattina ed ha voluto aprire una caffetteria. Il caffè specialty è l’opportunità per giovani professionisti che credono nel mestiere di far la differenza e far capire alle persone che cosa significa davvero bere un caffè.”
La scelta di una città come Milano, è stata strategica?
“Ci sono stati diversi motivi per i quali Milano mi è sembrata la scelta più sensata per me.
Prima di tutto è la città che mi sento di chiamare casa. Sono orgogliosamente salentino e vivo a Milano da 7 anni. Una città che ho vissuto in molte delle sue sfaccettature e di cui mi sono innamorato per le sue potenzialità, per la multiculturalità che la avvolge, per l’innovazione che la travolge.
Ho scoperto che Milano mi rappresenta e mi sento vivo in questa città. Tornando al caffè
penso che questa città, proprio per questi motivi si presti ad essere il miglior campo in Italia per continuare la sfida dello specialty. Ora ovviamente mancano i turisti, gli studenti e la clientela già abituata allo specialty o predisposta ad assaggiare nuove tecniche di estrazione. Ma penso che a Milano ci siano innanzitutto i presupposti giusti per creare un business e che le persone sono comunque predisposte ad assaggiare cose diverse rispetto ad un’altra città. Insomma penso che a Milano puoi fare e cercare di tutto.”
Federico Magiulli, come intendete sconfiggere il cliente medio italiano a pagare più di un euro il caffè?
“Questa è un’ottima domanda che mi sono posto molto prima di aprire Il Cafetero e che
poi ha iniziato a vivere più da vicino con l’apertura. Inizialmente pensavo che far capire la
qualità legata al mio prodotto fosse sufficiente, insomma far comprendere il valore aggiunto offerto. Purtroppo, con il passare dei giorni mi sono reso conto che poteva essere più complicato.
Tutte le persone del mio settore all’inizio, scoperta la zona, erano molto scettiche sulla mia riuscita perché è una molto popolare e lontana dal centro, ma si son dovuti
ricredere perché è una realtà che sopravvive alla grande. La gente della zona qui ha capito fin da subito che ero diverso, certo, prima di tutto per il prezzo e poi per la qualità.
Mi ritenevano un pazzo, e probabilmente alcune persone ancora non hanno capito cosa sto facendo. A differenza di alcuni colleghi del settore, io mi trovo in una zona molto diversa, più lontana dal centro. Sono quello che si potrebbe chiamare una caffetteria di
quartiere e qui è ancora più difficile. Nelle zone limitrofe al centro di Milano c’è ancora più
radicata l’idea che il caffè si paga 1 euro e, purtroppo devo dirlo, l’aumento dei bar cinesi che offrono il caffè addirittura a meno di 1 euro non aiuta.
Durante quest’anno di attività mi sono concentrato sull’attirare i clienti con delle miscele blend che potessero incontrare i gusti di tutti. Infatti, avevo sempre un 70% arabica, 30% robusta ed un 100% arabica. I clienti erano curiosi, facevano domande ed hanno cominciato ad apprezzare. Dopo 6 mesi, ho lasciato solo il 100% arabica ed i clienti apprezzavano ancora di più. Insieme a questo lavoro c’è sempre il far capire perché non va bene lo zucchero, il ristretto, il lungo, ecc.
Credo però che sia una battaglia da combattere nel tempo partendo dall’allacciare rapporti con commercianti della zona e i clienti. Sicuramente convincerli a pagare più di 1 euro un espresso è una campagna ardua che richiede lavoro continuo da parte di tutti nel settore e degli amanti del caffè. Sto anche avvicinando le persone ad altri tipi di estrazioni, per esempio durante l’estate con il cold brew e di recente la moka. Abbiamo organizzato anche un piccolo evento per far assaggiare gli specialty in moka. C’è a chi piace a chi no ma cerchiamo di muovere piccoli passi per distinguerci rispetto alla concorrenza e dimostrare il valore aggiunto che trovano ogni volta che entrano a Il Cafetero.”
Qual è la vostra missione presente e futura? Come intendete realizzarla?
“Nel breve termine la nostra mission rimane legata al portare il messaggio del caffè più vicino alle masse, alle persone che non conoscono lo specialty e non ne hanno mai sentito parlare. Penso che per poter iniziare a cambiare le cose dobbiamo incominciare dalle basi ed istruire.
Educare il cliente richiede tempo e perseveranza come dicevo prima. Il Cafetero si pone
come obiettivo primario quello di migliorare la comunicazione per cercare di arrivare il più
possibile a chi ci sta attorno e chi entra per un pasticciotto ma scopre il filter coffee. Già
questa è una mission abbastanza impegnativa.
Per il prossimo futuro, invece, gli obiettivi sono diversi: dall’ampliamento all’apertura di Il Cafetero II. Sia nel breve sia nel lungo termine la nostra mission rimane una sola: portare più amanti del caffè nel mondo, avvicinare le persone (tutte) al mondo degli specialty altrimenti non riusciremo mai a sradicare la cultura del caffè a 1 Euro.”
Il caffè più caro del vostro locale e il più economico
Federico Maggiulli:”Partiamo dall’espresso blend 100% arabica a € 1.10 per arrivare ai filtrati (chemex, V60, cold brew) a € 4,00. Poi ovviamente c’è tutta la parte di coffee shop dove offriamo un blend specialty Brasile, Honeduras, Perù già macinato per moka e filter coffee nella confezione da 125 gr a € 6.00 fino ad arrivare agli specialty monorigine nella confezione da 250gr sia in grani, quello più costoso è il Costa Rica Navarro al prezzo di €18.00
Quanto conta il barista dietro al vostro bancone? Che macchine usate?
“Secondo me il barista è una delle colonne portanti. Un barista preparato, empatico e ben
presentato modifica il risultato di ogni singolo intervento. Se in Italia ci troviamo a questo
punto è proprio per colpa del barista che pensa di essere il fenomeno del caffè e invece è molti indietro rispetto ai professionisti all’estero. Il barista deve essere come un dottore cioè deve consigliare al meglio il cliente per far spendere bene i suoi soldi facendo apprezzare quello che sta bevendo attraverso la spiegazione del prodotto.
Questo vuol dire anche consigliare qualcosa di buono per la salute del cliente, insomma deve essere preparato e aggiornato al massimo su tutto per essere pronto a qualsiasi domanda. Senza il barista secondo me il mondo specialty non può esistere. La macchina che usiamo noi per l’espresso è una Marzocco pb a 2 gruppi ma esistono tanti altri modelli per divertirsi però per me la marzocco è l’azienda leader nel costruire macchine per l’espresso, almeno di questo in Italia possiamo esserne fieri, per l’estero sempre, perché esportando tanto ha dovuto adeguarsi e quindi siamo fortunati e orgogliosi di questo.
Utilizzo grinder specifici per i blend così da poter conservare aroma e qualità di ogni miscela, poi ho anche un grinder solo per gli specialty monorigine. Come strumenti per l’estrazione utilizzo la chemex, v60, moka ed il cold brew dripper. Nel
prossimo futuro aggiungerò aeropress e syphon.”
E adesso con questa seconda ondata?
“In merito alla situazione attuale, a quello che il settore della ristorazione sta vivendo purtroppo c’è poco da aggiungere. Lo Stato non è riuscito di supportare le attività nel modo corretto durante la prima ondata. Quelli che hanno riaperto (sappiamo che tanti sono stati costretti a chiudere) si sono ritrovati in difficoltà, tutti abbiamo riaperto con la speranza e la forza per farcela.
Purtroppo tutta la situazione mette a dura prova non solo l’imprenditore come me che vuole fare la differenza e che vuole avvicinare le persone allo specialty ma l’attività stessa che nonostante l’ottimo potenziale, fa fatica a crescere. Non sarà un inverno semplice ma ho tutte le intenzioni di continuare a lottare perché il mio sogno continui a essere una realtà anche nel 2021.”