MILANO – L’ Eudr rimane in cima alle preoccupazioni di tutta la filiera del caffè, a partire dai paesi produttori. E cominciando dal Brasile, che ha nell’Ue il suo principale mercato di esportazione. “La nostra priorità per il 2025 è di migliorare il know-how di settore e il supporto all’adeguamento alle nuove norme, per esportare nell’Unione Europea, che comportano una due diligence complessiva del rischio socio-ambientale lungo la supply chain” scrive la Conferenza degli esportatori di caffè del Brasile (Cecafé) in una recente nota.
“Ciò è a maggior ragione importante, se si considera la rilevanza del blocco europeo per gli esportatori brasiliani”.
Secondo il più recente report mensile di Cecafé, il Brasile ha esportato, nel 2024, verso i paesi dell’Ue, 23,6 milioni di sacchi di caffè, con un incremento del 42,8% rispetto al 2023. In virtù di queste cifre, l’Unione assorbe il 47% dell’export complessivo del Brasile: qualcosa come 71,5 milioni di container.
Volumi ingenti, che a partire dall’anno prossimo saranno soggetti a un complesso sistema di verifica, in vista del quale sarà necessario un “approccio strutturato e strategico”, in collaborazione le autorità europee, nella classificazione delle regioni caffearie del Brasile in base a dati tecnici e scientifici.
Per i caffè brasiliani diventa dunque essenziale l’esistenza di una mappatura aggiornata e standardizzata di tutte le aree di produzione, che rifletta la responsabilità ambientale dei produttori brasiliani, scrive Cecafé.
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