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venerdì 22 Novembre 2024
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Il barista albanese non assume cameriera africana: “Troppi razzisti a Torino”

Il caso nel quartiere Vanchiglia. La giovane rassegnata: "Non credevo che potesse succedere"

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TORINO – C’è un bar in via Sineo, nel quartiere Vanchiglia a Torino, che cerca personale. Voglia di lavorare e un po’ d’esperienza sono sufficienti per la messa in prova a meno che il candidato non sia di colore. “Nera no, mi dispiace, non l’assumiamo”, dice Robert, 38 anni, il barista albanese, titolare insieme alla moglie.

Il barista albanese che richiede requisiti “particolari”

Il barista albanese di cui parliamo ci tiene a puntualizzare. “Non sono io il razzista. Figuriamoci sono straniero anche io. E’ il quartiere che è razzista”. Piero Passatore, infatti, si è sentito proprio offeso e incredulo quando al bar gli hanno spiegato perché la sua bellissima fidanzata, che ha già qualche esperienza dietro il bancone di un bar, non era adatta a quel lavoro per cui lui la stava proponendo.

Il barista albanese contro il fidanzato della donna africana

Ange Tuyishime (nella foto sopra con il fidanzato, Piero Passatore) 27 anni, un sorriso accecante e la pelle scura come il cioccolato. E’ nata in Ruanda. “Ha proprio detto che non potevano assumere le nere. altrimenti i clienti non sarebbero più andati nel suo bar, ma non è vero. Io vivo in questo quartiere e ho chiesto in giro. I tempi sono cambiati ormai. Nessuno ci farebbe caso”.

Pietro che fa il regista e l’attore e ha passato gli ultimi 21 anni tra New York e Londra: “Un comportamento del genere a Londra sarebbe illegale”.

Ange: non solo il barista albanese non la assume

Ange, la vera vittima di questa storia, mantiene una calma che sconcerta. “Mi dispiace, certo, ma non sono arrabbiata. Trovare un lavoro per me non è semplice”. Eppure lei ha esperienza: quando è arrivata in Italia, a Mondovì, ha lavorato come cuoca in una casa di riposo. Poi in diversi bar e nell’ultimo anno come animatrice nel doposcuola.

“Nessuno mi ha mai aggredita o fatto del male per il colore della mia pelle. Questo non vuol dire che il razzismo non ci sia, è solo più sottile – dice. – A Mondovì ad esempio mi dicevano di non farmi vedere dagli ospiti della struttura perché altrimenti non avrebbero più mangiato i miei piatti. In un piccolo comune della provincia posso anche aspettarmi un comportamento tanto fastidioso ma non a Torino”.

E invece accade in uno dei quartieri più antichi e semicentrale della città. Robert non ritratta una virgola: “Forse mia moglie si è espressa male e non si è spiegata bene, ma quello che ha detto è vero. Qui la gente è razzista e se assumessimo personale di colore gli affari rischierebbero di andare ancora peggio di quel che già non vanno”.

E’ colpa del quartiere dunque: “Sì, basta andare qualche via più in là, ad esempio in corso Belgio e la situazione è molto diversa. Il problema è Vanchiglia. Mi sono pentito di essere venuto qui. Quando scoprono che sono albanese guardano male anche me”. La pelle chiara gioca a suo favore così come quello delle sue dipendenti: “ Sono tutte straniere, c’è anche una ragazza brasiliana che è un po’ mulatta ma non troppo scura e quindi va bene”

Quartiere Vanchiglia

Qualcuno, seduto ai tavoli del suo locale, dà ragione a Robert: “Qui 60 anni fa c’erano i cartelli che dicevano che le case non si affittavano ai meridionali”, dice Beppe. Lui è nato a Torino, proprio in Vanchiglia: “Conosco bene questo quartiere di bogia nen. Non è paura del colore della pelle ma di tutto ciò che odora di povertà e degrado, per questo temono gli immigrati. Temono di diventare una periferia”.

Eppure solo dall’altro lato della strada, Luca fatica a credere che una storia simile sia vera. Lui è cinese e da 4 anni gestisce un bar proprio come Robert. “All’inizio c’era un po’ di diffidenza, sai per via della diceria che nei bar cinesi il caffè non è buono. Ma ora gli affari vanno bene, i clienti mi conoscono e sono affezionati. Io non avrei problemi ad assumere un dipendente di colore se è in gamba e ha voglia di fare”.

Carlotta Rocci

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