MILANO – Proprio di recente abbiamo condiviso l’ultimo successo de La Ignazio Messina & C. SpA, che ha ottenuto il riconoscimento internazionale ECF Best shipping line of the coffee year 2021/2022. Premio assegnato dalla European Coffee Federation, che è l’”unica voce”, rappresentativa a livello associativo, dell’industria europea del caffè.
Cominciamo quindi proprio da qui: l’ECF Best shipping line of the coffee year 2021/2022:ì. com’è stato possibile strapparlo dalle mani delle compagnie tedesche?
“In Italia siamo grandi e ma a livello globale siamo di media grandezza, non siamo global carrier come le prime cinque compagnie al mondo, e quindi ci ha fatto molto piacere esser riusciti ad ottenere questo riconoscimento.
Abbiamo offerto una qualità di servizio che gli altri armatori non hanno non saputo fornire. L’anno scorso è stato positivo per tutte le aziende di navigazione: le più grandi però si sono concentrate soprattutto sulle rotte est-ovest dove i noli marittimi erano molto più alti.
Noi, rimanendo sulle nostre tratte, abbiamo potuto eccellere tra il servizio delle navi, l’assistenza pre e post imbarco, la disponibilità e flessibilità dei contenitori nell’area.
Siamo una compagnia che crede ancora molto nelle relazioni umane e chiunque chiama i nostri manager anche dopo cena, ottiene delle risposte. Molte compagnie invece hanno spinto più sulla informatizzazione, tecnologia che noi certo usiamo, ma in maniera corretta con i clienti.
Per esempio sono stato 3 giorni a Napoli soltanto per le visite commerciali e i clienti importanti hanno confermato la loro preferenza su di noi proprio per la relazione di fiducia e di persona che abbiamo stabilito. Siamo un’azienda a conduzione familiare e ci mettiamo sempre la faccia, anche quando dobbiamo scusarci degli errori.”
In che modo avete gestito le difficoltà della logistica, che nell’ultimo anno hanno fortemente complicato anche i commerci del caffè?
“Ci siamo concentrati sui nostri traffici. Le compagnie di navigazione l’anno scorso hanno incrementato i noli molto velocemente. E noi, per tutti i clienti, li abbiamo aumentati annunciandolo però con un preavviso di 15 giorni per degli imbarchi ancora da fare. Altre aziende hanno aumentato il prezzo quando il contenitore era già a bordo.
Siamo riusciti a gestire le difficoltà nella catena logistica innanzitutto senza approfittarci dei clienti per un guadagno immediato che avrebbe però rovinato i rapporti a lungo termine, e dall’altro abbiamo fatto salti mortali per rendere disponibili i contenitori dove erano richiesti.
Anche laddove rimanevano fermi in alcuni porti, siamo stati capaci di garantire a quasi tutti il contenitore quando serviva. Nel nostro piccolo, è anche un po’ più facile avere il controllo della produzione e della gestione. Quando si è un global bisogna delegare molto.
Abbiamo delle navi specializzate che non sono delle pure full container, ma sono dotate di una rampa molto più capace, come i traghetti che si usano per le isole, in grado di imbarcare pezzi pesanti fino a 350 tonnellate: questo ci dà modo di approdare nell’area dell’East Africa, anche nei porti più difficili, dove riusciamo a entrare prima degli altri senza fare la coda. Tutto questo ci ha reso possibile di dare un servizio migliore.”
Quali sono le problematiche e le criticità specifiche del trasporto del caffè?
“Oggi con i contenitori non ci sono dei plus che la nostra azienda dà per il caffè, al di là della pulizia e della qualità del contenitore. Adesso è un prodotto che non richiede dei trasporti particolari. La possibilità di garantire un servizio diretto così come annunciato, senza ritardi e perdite nei porti trasbordo e con una buona logistica in Italia (noi ci occupiamo anche del trasporto terrestre con fornitori terzi) ci ha dato la possibilità di rispondere al cliente. Noi lo facciamo da sempre per il caffè, anche sul West africa e ora dall’East Africa. Il principale cliente è Lavazza in Italia. Questo caffè del West Africa prima andava molto in Spagna. I coloniali hanno delle particolarità e trattiamo tanto cacao che è soggetto alla bagnatura e agli sbalzi termici”
Come Ignazio Messina, da quando avete iniziato a trasportare il verde in Italia?
“Genova è il nostro porto capolinea di tutte le rotte. Anche se una volta curavamo molto più le esportazioni anche per le torrefazioni commerciali dell’Italia con gli altri Paesi. Nel 2021 abbiamo raggiunto i 100 anni e negli ultimi 20/30, in Italia abbiamo tutti i servizi marittimi che come capolinea scalano Genova per l’Africa del Nord, Occidentale, Orientale e del Sud, l’India, Pakistan, Golfo Arabo, i porti del Mar Rosso. Poi con quasi tutti i servizi tocchiamo anche il porto di Napoli e in alternativa quello di Salerno.
Oggi il mercato italiano pesa sulle nostre rotte circa per il 25%/30%. Tutto il resto è rappresentato da Francia, Spagna, Turchia e le relazioni che si sono create con i paesi del West Africa ad esempio, che hanno cambiato i centri d’acquisto, passando dall’Europa al Nord Africa, perché molte aziende hanno spostato la loro produzione lì e vendono direttamente da questi Paesi.
In ogni caso Genova resta il principale porto italiano, su cui concentriamo la maggior parte del nostro traffico. Tant’è vero che gestiamo direttamente anche un terminal portuale dove all’80% del traffico è dell’Ignazio Messina ma anche di clienti terzi e non solo con classici contenitori, ma con acciaio, alluminio, ecoballe, rame, tubi, sviluppando negli ultimi anni anche la cosiddetta merce varia.”
Quali sono le altre merceologie in cui siete specializzati?
“Abbiamo 7 navi di proprietà roro specializzate, le più grandi al mondo di questo genere. Sono navi roro porta contenitori, dove possiamo caricare i contenitori con vicino i rotabili, i coils d’acciaio, i pezzi eccezionali che viaggiano su rimorchi particolari, elicotteri, treni, turbine. In questo modo subiamo un po’ meno gli alti e bassi dei mercati, perché abbiamo tre segmenti da servire: la parte roro (rotabile), quella dei contenitori e quella di merce varie. Abbiamo degli equipment particolari per trasportare i pezzi eccezionali e così possiamo offrire dei servizi con una certa regolarità – ogni 10 giorni di servizio si parte come un trasporto di linea – rispetto ai servizi tramp per i quali la merce attende anche oltre un mese prima di imbarcare la propria merce.”
Parliamo di numeri: quante imbarcazioni e quanti dipendenti contate ne La Ignazio Messina?
“Come detto prima, contiamo sette navi particolari di proprietà, costruite nel 2012/15 e poi 5/6 a noleggio e abbiamo stretto accordi con altre compagnie di navigazione per gestire insieme alcuni servizi. Abbiamo quasi mille dipendenti tra la sede a Genova, il terminal portuale di Genova, i marittimi sulle nostre navi e le nostre agenzie marittime all’estero in Sud Africa, Kenya, Mozambico, Tunisia, Uganda, Senegal, gli uffici a Londra, in Spagna e una joint venture in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi con imprenditori locali.
Dall’Etiopia seguiamo la rotta via Gibuti e non ci sono particolari problemi. Spesso però le compagnie lo fanno in trasbordo senza offrire il servizio diretto per l’Italia e molte volte il carico rimane fermo in alcuni porti per il cambio delle navi. Dipende ovviamente anche dal tipo di caffè che si ordina.”
In che misura l’impennata dei costi ha inciso sulle attività della Ignazio Messina e sulla vostra redditività?
“Alcuni rincari hanno inciso molto. Un esempio: il passaggio dal canale di Suez. Un anno e qualche mese fa, spendevamo 300mila euro di passaggio canale per andare verso sud e poi altri 300mila per tornare nel Mediterraneo. Nel 2022 e poi nel 2023 siamo arrivati più di mezzo milione a passaggio.
Abbiamo subito dei rincari che superano il 50%. Difficile che l’autorità del canale riuscirà ad applicare degli sconti. Ma di solito se avvengono, si verificano sempre molto in ritardo. Anche il costo del combustibile che usiamo per i motori è aumentato, ma è più fluttuante. Per quanto riguarda la parte elettrica, come per le gru del terminal, spendiamo 2/5 volte in più rispetto alle spese di qualche anno fa. Abbiamo dovuto applicare noi stessi qualche aumento ai clienti ma soltanto nell’ordine del 4%/5%. È diventato un problema.
Fortunatamente i due anni precedenti sono andati molto bene e quindi abbiamo delle scorte da parte, ma siamo preoccupati. Il nostro settore ora è tornato ai livelli pre-Covid, in una situazione in cui tutte le compagnie hanno sempre chiuso in rosso. Speriamo che la condizione cambi e dobbiamo inventare qualcosa di nuovo, riducendo costi e sprechi.
Un esempio: quando parliamo del tasso dei contenitori, uno dei maggiori costi consiste nel portare dei contenitori vuoti perché li si ha fatti sbarcare in Paesi dove c’è poco export, o in cui viene utilizzato. Su questo spendiamo decine di migliaia di euro a vuoto e quindi bisogna ottimizzarlo, facendo sconti ai fornitori e cercare di acquisire anche il traffico in modo da non avere sbilanciamenti importanti.”
Quali sono le maggiori sfide per dei trasportatori del vostro calibro nel far arrivare il carico al destinatario conservandolo integro e di qualità il più possibile, nei tempi prestabiliti?
“Nell’attività di un armatore di linea, rientra anche la compravendita di navi. Quando il mercato è basso si comprano o si noleggiano e viceversa. La capacità di cogliere le opportunità sul mercato aiuta molto rispetto alla gestione ordinaria. La sfida maggiore dal punto di vista operativo è riuscire a mantenere le relazioni commerciali umane, per tutti i clienti che ancora credono in questo e che ci danno la loro priorità e poi interpretare le esigenze di coloro che vogliono avere contatti più digitali.
Un altro grosso problema sono le nuove politiche ambientali dell’Ue che hanno dato target sfidanti per diminuire fino a 0 le emissioni entro il 2050. Il 90% delle merci in termini di peso, viene movimentato via mare e quindi sono degli obiettivi troppo alti.
L’Ue ha deciso di arrivare all’emissione a 0 non puntando al gas. Uno dei prodotti migliori sarebbe l’idrogeno ma è pericoloso trasportarlo come combustibile e deve stare ad un livello di tanto al di sotto dello zero. L’Ue non ha deciso ancora il combustibile verde per tutti. Se l’idrogeno si potesse produrre in grandi quantità e gestirlo in maniera sicura, andrebbe bene: ma come lo produciamo? Bisogna risalire la catena a monte.”
Quali sono le nuove frontiere nel settore dello shipping del caffè? Soluzioni più veloci, più sostenibili?
“La sfida per la Ignazio Messina è di riuscire a mantenere la propria identità e il proprio valore sul mercato, in un mondo sempre più globalizzato in cui siamo abituati a usare la tecnologia senza usare relazioni umane. Nel nostro settore il rapporto diretto è ancora importante e ci vuole tanta fantasia. Io lavoro dal 1991, sono ormai 32 anni. Siamo stati i primi in Italia a fare i treni intermodali nel 1988. Siamo stati pionieri nel cercare modalità di trasporto non convenzionali all’epoca e che oggi sono scontati. Abbiamo contato 4500 treni negli anni 2000 gestiti da noi all’anno. Avremo una fase in transizione sulla nave che è il nostro oggetto principale in attesa di capire se e quali costruire nuove per i prossimi decenni, considerando il problema del combustibile.
Sulle nuove frontiere: siamo abituati ad acquistare tutto sulle app, online, su Amazon e ricevere tutto subito. Noi non vorremmo che si cannibalizzasse così il trasporto. Siamo abituati a viaggiare con il low cost: ma l’aereo è un mezzo di trasporto molto caro.
Vorremmo riuscire come settore di fare degli investimenti in cui si inquini meno. Nel 2012 abbiamo messo a bordo tutte le tecnologie possibili per esser più sostenibili, anche quelle non rese obbligatorie. Rimanere efficienti ma anche umani. La nostra capacità è di riuscire a mantenere la dimensione di media azienda dove è possibile avere una risposta in tempo reale. Sfruttando la tecnologia per tutto ciò che è utile.”