MILANO – Riportiamo alcune delle riflessioni e delle stime che sono emerse dall’incontro avvenuto dopo la conclusione dell’evento milanese Identità Milano che quest’anno ha portato in primo piano i rapporti umani in ambito enogastronomia.
Facciamo un po’ il punto della situazione grazie all’intervento pubblicato sul portale di Identità golose, di Carlo Passera.
Identità Milano: la riunione di redazione post-congresso
Primo punto all’ordine del giorno: come raccontarne gli esiti? Concetti di fondo: è stata l’edizione di Identità Milano più ricca di contenuti.
Ma anche la più raccontata dai media. Foriera di nuove collaborazioni.
Questo incontro del 2018, ha quindi favorito tanti spunti. Assieme a numerose ipotesi di lavoro Si è dimostrato un così vasto incubatore di nuove idee da star stretto in soli tre giorni.
Identità Milano deve crescere ancora
Il congresso non basta più a se stesso, sta stretto alla propria riuscita. E’ necessario perciò estenderlo a tutto l’anno. E la risposta è venuta dal congresso stesso, con l’annuncio di Identità Milano, nuovissimo “hub internazionale della gastronomia”.
Claudio Ceroni fa il punto
«Non ci saremmo mai immaginati che il tema del Fattore Umano avrebbe avuto questo enorme riscontro. In effetti è stato di interesse sia per i relatori – chef, pizzaioli, uomini di sala, pasticcieri… – che per la stampa e tra i professionisti della comunicazione.
A questo proposito, la copertura mediatica è stata senza precedenti e si è addentrata in profondità. In altri casi ci si limitava ad annunciare la nostra kermesse, a citarla sul taccuino degli appuntamenti seppur imperdibili;
quest’anno invece, prima ancora della tre giorni, il programma del congresso è stato sviscerato nei suoi aspetti, vi è stato un racconto diffuso di quanto noi stessi avevamo selezionato perché venisse illustrato sui palchi. Incredibile. E lusinghiero».
I numeri confermano queste parole
Oltre 120 relatori provenienti da Italia, Regno Unito, Spagna, Francia, Danimarca, Stati Uniti, India, Perù, Thailandia, Brasile; lo stesso numero, oltre 120, di aziende che hanno preso parte alla sezione espositiva;
poi ancora, più di 1.400 ospiti accreditati. Fra giornalisti, blogger, influencer e professionisti della comunicazione; oltre180 allievi dei principali master di comunicazione in corso nei diversi atenei e scuole di specializzazione.
Fra cui Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Iulm, Bocconi; Gambero Rosso Roma e Napoli, Alma. Tutti impegnati nella realizzazione di interviste ed esercitazioni.
Ed ancora: oltre 220 interviste prenotate dalla stampa accreditata; 4 nuovi media partner (La Cucina Italiana, Gambero Rosso, Reporter Gourmet, Aga Perù);
oltre 500 fra articoli e segnalazioni pubblicati nel periodo compreso tra il 20 febbraio e il 7 marzo; 8 servizi televisivi già andati in onda su Rai Uno, Rai Due, Rai Tre, Rai Radio Uno. Senza contare i pezzi in programmazione. Infine, oltre 16.000 i visitatori registrati nei tre giorni del congresso. Quelli che abbiamo sentito erano tutti soddisfatti.
Paolo Marchi coglie un’altra tendenza
«L’internazionalità è stata sempre un nostro fiore all’occhiello, vero. Ma prima di quest’anno la sensazione generale è che fossimo un momento imprescindibile per i grandi cuochi italiani.
Mentre sull’agenda dei loro colleghi stranieri fossimo “solo” tra le tappe principali. Ora no: dopo Expo, sempre più, e in maniera ormai marcata quest’anno, gli chef di tutto il mondo desiderano venire qui da noi, a Milano. Sono loro a richiedercelo».
I motivi?
«Tanti. Beneficiamo anche di fattori “esterni”: la città è attrattiva; la cucina italiana contemporanea suscita sempre maggiore interesse in tutto il globo.
Noi quindi diveniamo il tramite necessario per approcciarsi a un mondo in fermento, in evoluzione, in crescita. Poi tutti riconoscono la nostra capacità di sviluppare al meglio i contenuti che di volta in volta proponiamo.
E di essere lo snodo autorevole, la guida consolidata del settore nella Penisola. Esempio: Will Guidara era con noi perché voleva essere a Identità Milano, ma anche perché voleva essere in città.
Oltre che perché voleva andare da Carlo Cracco e che gli preparasse 3-4 piatti tutti a base di pasta». Ecco, un interesse su più livelli che trova la propria sintesi perfetta al MiCo di via Gattamelata.
Marchi si lascia andare ai ricordi
«A cavallo tra i due millenni, accadeva un po’ la stessa cosa a Lo Mejor de la Gastronomía di San Sebastian. Tutti volevano prenderne parte perché dispensava energia, stimolava idee, esaltava il confronto.
Oggi gli stranieri riconoscono la creatività italiana in cucina, non siamo più il Paese della pizza e del mandolino. E allora vengono a Identità Milano».
I nuovi temi attrattivi
«Noi da alcuni anni abbiamo lanciato nuovi temi, penso per esempio a quello della sala, o del gelato. Ma solo ora sono andati pienamente a regime, sono maturati. E bene».
Con un corollario inevitabile e gradito: cresce sempre più la visibilità e la notorietà di Identità Golose anche fuori dallo specifico settore professionale.
Proprio vero, come conclude Ceroni, ribadendo il focus definitivo: «Un successo così importante è la migliore testimonianza di una necessità.
Il miglior viatico all’avvio di quella nostra grande iniziativa all’esordio, che si chiama Identità Milano. Hub internazionale della gastronomia».