MILANO – Il conflitto in Ucraina non arresta la progressione dei prezzi del caffè: così l’ Ico nel suo report per il mese di febbraio, che fornisce anche la prima stima dell’organizzazione londinese su produzione e consumi per l’annata caffearia corrente. Ma cominciamo dai prezzi: la media mensile dell’indicatore composto è in crescita per il 17° mese consecutivo: l’incremento rispetto a gennaio è stato del 3.2%, a un nuovo massimo storico di 210,89 centesimi.
Per trovare livelli più elevati dell’indicatore è necessario risalire negli annali statistici sino al secondo semestre del 2011.
Va detto però che, dalla data dello scoppio della guerra, i prezzi hanno assunto un andamento in discesa.
L’indicatore giornaliero ha segnato, il 28 febbraio, il minimo mensile di 202,34 centesimi. E la corsa al ribasso è proseguita nella prima metà di questo mese, a un minimo di 192,12 centesimi, il 14 marzo.
Tornando alla media mensile, l’incremento più marcato è quello dei brasiliani naturali (+4,8%) seguiti dai colombiani dolci (+3,9%) e dagli altri dolci (+3,2%). In lieve flessione (-0,2%) invece l’indicatore dei robusta. New York e Londra registrano rispettivamente un +3,9% e un -0,5%.
La volatilità intra-giornaliera è in calo di un punto percentuale al 7,3%.
Ci si continua a interrogare sulle possibili ricadute negative della guerra sulla filiera del caffè, che si sommerebbero agli effetti della crisi logistica e sanitaria. I prezzi delle commodity energetiche sono volati alle stelle.
A cominciare da quello del greggio, che ha toccato i 128 dollari/barile nella prima decade di questo mese. Inoltre, la Russia è il primo esportatore di fertilizzanti, di cui produce più di 50 milioni di tonnellate all’anno, il 13% del totale mondiale.
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