MILANO – Ico: l’annata caffearia 2011/12 si conclude con una produzione record. Così la nuova stima contenuta nel report mensile Ico di settembre, di cui abbiamo anticipato i dati salienti nel numero di venerdì. Alla luce delle più recenti statistiche pervenute dai paesi produttori, l’organizzazione londinese ha considerevolmente rivisto al rialzo le sue stime per l’annata appena terminata. Il raccolto mondiale risulta ora pari a 134,273 milioni di sacchi, contro i 132,715 indicati ancora nel report di agosto. Il nuovo dato risulta superiore, anche se in misura minima, alla precedente produzione da record dell’annata 2010/11. E la performance è ancora più significativa considerando il ricorrere di un’annata negativa del ciclo biennale brasiliano e la caduta della produzione colombiana ai minimi ultratrentennali. Rispetto alle cifre contenute nel report di agosto va anche osservata una consistente correzione al ribasso del dato produttivo dell’Africa (circa un milione di sacchi) dovuta principalmente al ridimensionamento ulteriore della stima sul raccolto dell’Etiopia. A ciò fa riscontro un forte elevamento delle stime relative al Vietnam, con una produzione che risulta ora pari a 22,5 milioni di sacchi, decisamente più in linea con le cifre sulle quali lavorano da mesi analisti e commercio. Come evidenziato da un grafico contenuto nel report, il raccolto del massimo produttore asiatico superava di poco il milione di sacchi all’inizio degli anni novanta ed è cresciuto nell’arco degli ultimi 21 anni a un tasso annuo medio del 14,5%. Consistenti revisioni al rialzo vengono operate inoltre sulle statistiche di Honduras e Messico, con una produzione stimata ora rispettivamente in 5,5 e 4,75 milioni di sacchi.
Ico: il report riferisce della nuova stima Conab sul raccolto brasiliano 2012/13 (ormai pressoché concluso)
E rileva i progressi recenti compiuti della Colombia, pur riconoscendo che il ritorno ai livelli storici di inizio millennio richiederà ancora del tempo. Non si arrischia tuttavia a fornire una stima produttiva sull’annata appena iniziata non ritenendo i tempi ancora maturi. Sul fronte dell’export, i dati relativi ad agosto segnano un forte incremento (+1,4 milioni di sacchi) rispetto allo stesso mese del 2011, che porta il totale dei primi 11 mesi al dato record di 99,6 milioni di sacchi (+2,7% rispetto all’analogo periodo del 2010/11).
A tale evoluzione hanno contribuito i maggiori imbarchi di robusta (+13,1%) e altri dolci (+6,7%) cui fa riscontro un calo di colombiani dolci (-10,5%) e brasiliani naturali (-8,5%). Complessivamente, l’export delle tre tipologie di arabica è in flessione del 3%. Guardando ai dati disaggregati, va osservata la performance senza precedenti del Vietnam, che ha esportato quasi 22 milioni di sacchi nell’arco di 11 mesi, con un incremento sull’anno del 37,3%. Rilevantissimi incrementi si osservano anche per quanto riguarda Honduras (+37,8%), Indonesia (+19,4%), Costa d’Avorio (+73,1%) e Messico (+22,5%).
Ico: in forte calo invece le esportazioni dal Brasile
Che registrano un calo del 18,6% nei primi 5 mesi dell’anno di raccolto (aprile-agosto). I produttori brasiliani appaiono ben capitalizzati – osserva il report – e non hanno fretta di collocare sul mercato il nuovo raccolto. Possono contare inoltre su importanti misure di sostegno varate dal governo di Brasilia, con stanziamenti finanziari ingenti. Interessanti i dati relativi all’evoluzione delle scorte certificate, che evidenziano andamenti opposti nei 2 mercati borsistici.
Gli stock del Liffe risultano in flessione del 69,2% rispetto al picco di 7 milioni di sacchi raggiunto nel giugno del 2011
In parziale ripresa invece New York, che risale a 2,4 milioni di sacchi, livello massimo da giugno 2010. Tali sviluppi riflettono lo stato del mercato del fisico, con un rallentamento della domanda per quanto riguarda gli arabica, cui fa riscontro una maggiore richiesta di robusta, in conseguenza anche dei cambiamenti delle abitudini di consumo indotti, in molti mercati, dalla crisi. Nell’ambito della tornata autunnale delle riunioni londinesi, di cui abbiamo ampiamente riferito la settimana scorsa, si è svolto anche un seminario dedicato all’impatto delle certificazioni sulla supply chain del caffè, in termini economici, sociali e ambientali.
Le trattazioni hanno analizzato il tema della certificazione e dei suoi risvolti lungo l’intera filiera produttiva
In termini di rapporto costi/benefici per i produttori (soprattutto quelli più piccoli), miglioramento della produttività e della biodiversità, promozione delle condizioni di vita in ambito rurale, impatto positivo sulla stabilità dei prezzi. Sotto la lente degli esperti anche le differenze tra i diversi schemi di certificazione, i riflessi sul mondo del commercio, l’evoluzione della domanda di prodotti certificati e i relativi driver di crescita. Hanno preso parte al seminario in qualità di relatori: Daniele Giovannucci – Committee on Sustainability Assessment (COSA) Annemieke Wijn (Rainforest Alliance) Nathalie Ritchie (Kraft Foods UK) Karin Kreider (Iseal Alliance) Filtone C. Sandando (African Fine Coffees Association) Carlos Ariel García (Cresce, Colombia) Gabriel Ferreira Bartholo (Embrapa, Brasile) Misnawi Jati (Iccri, Indonesia)